Sotto la lente - La lunga strada verso Berlino

15.05.2015 02:09 di  Carmen Vanetti  Twitter:    vedi letture
Sotto la lente - La lunga strada verso Berlino
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Road to Berlin! La Juve ce l’ha fatta e ha staccato il biglietto per la finale di Champions League: a Berlino, sotto quel cielo pieno di ricordi agrodolci, di fronte i bianconeri avranno i blaugrana del Barça, che sembrano essere i veri cannibali di questa Champions, ma questa è un’altra storia, che racconteremo semmai a tempo debito.

Adesso, davanti a questa grandissima soddisfazione di una finale raggiunta, e per di più in un’annata che inizialmente poteva sembrare complicata per l’avvicendamento della guida tecnica, siamo preda di tanti flashback che documentano il cammino percorso, a partire da quel 9 luglio 2006 che vedeva il trionfo azzurro, un trionfo che in realtà era un gigante coi piedi d’argilla perché, contestualmente, il calcio italiano rinnegava chi quella vittoria aveva sostanziato con le sue risorse umane e poneva le basi del suo declino, un declino che non accenna a finire, viste le difficoltà in cui si dibatte a tutt’oggi il movimento.

E, paradossalmente, l’unica compagine ad essere risorta era quella che si era voluta pervicacemente e subdolamente affossare: la Juve è tornata a poter competere con le big europee; prima che il calcio italiano possa tornare in cima al mondo, sportivamente, sembra proprio che ne debba passare ancora tanta di acqua sotto i ponti; del resto il nostro calcio, al di là delae penuria tecnica, è afflitto da mille problemi che non sa, spesso non vuole, risolvere: il problema dei bilanci sfondati, quello degli stadi fatiscenti, quello della gestione delle frange malate del tifo, quello degli scandali mediatici da una parte e di quelli invece insabbiati dall’altra.

E’ vero che tre formazioni sono arrivate alle semifinali delle coppe europee (anche se solo i bianconeri hanno raggiunto la finale), ma Napoli e Fiorentina vi hanno quasi sempre schierato uno/due  giocatori italiani, mentre la Juve mette regolarmente in campo, almeno in difesa e a centrocampo, l’ossatura della Nazionale (e ha sempre l’occhio puntato sui giovani prospetti più talentuosi, come Sturaro e Rugani, Zaza e Berardi). Tutto ciò non depone certo a favore delle “magnifiche sorti e progressive” del gruppo azzurro e, in generale, dell’intero movimento calcistico italiano; questo nell’immobilismo di chi dovrebbe provare a trovare soluzioni, più che coercitive  propositive (come l’introduzione delle seconde squadre).

Tornando alle cose bianconere, la strada verso Berlino 2015, dopo il percorso oscuro e pieno di trappole del lustro post Calciopoli, si è andata facendo sempre più sicura e regolare, con i tre scudetti dell’era Conte e il quarto targato Allegri, il quale ultimo ha offerto a questo gruppo, che con Antonio Conte aveva riacquistato un’autostima minata da due settimi posti, un valore aggiunto dato da quella positività che lo ‘stremato’ tecnico salentino non riusciva più a trovare dentro di sé e non avrebbe più potuto trasmettere alla truppa. Ecco dunque che il cammino della squadra ha potuto uscire dal sentiero di casa nostra e, andando anche oltre quello che è il gap economico che ancora divide la Juve da superpotenze come le big europee, cominciare a percorrere la strada maestra verso il Gotha continentale.

E’ stato un percorso non facile, iniziato quattro anni fa e che ha avuto, nell’ultima stagione, l’accelerata decisiva: ogni tassello messo in questi quattro anni ha avuto la sua valenza decisiva e nulla va ripudiato o sottovalutato.
Ora però non possiamo né dobbiamo permetterci di pensare che tutto sia fatto, che “la Juve è arrivata”; non è questo un punto d’arrivo, è solo l’ennesimo punto di ri-partenza. “Una cosa fatta bene può essere fatta meglio’, disse l’Avvocato e la mission della dirigenza deve rimanere quella di puntare ad un ulteriore step di crescita: sportiva, economica, gestionale a 360°.
Senza dimenticare il punto di origine, quel 2006: un discorso da riscrivere, un’ingiustizia da sanare. Piaccia o non piaccia.