Gli eroi in bianconero: Michelangelo RAMPULLA

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
10.08.2022 10:13 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Michelangelo RAMPULLA
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© foto di Francesco Cherchi

Michelangelo Rampulla lega il suo destino all’anonimato di una panchina – scrive Angelo Caroli su “Hurrà Juventus” del novembre/dicembre 1998 –. E lo fa con atto volontario. “Un gesto romantico”, spiega lui con il tono di chi prende tutto terribilmente sul serio. E quando il destino lo fa riemergere dalle nebbie del dimenticatoio, ecco che i giornali si affrettano a chiedere aiuto alla memoria storica per rispolverare l`episodio del gol realizzato quando militava nella Cremonese. Con quel “colpo di testa”, è il caso di dirlo, Michelangelo diventa il primo portiere italiano a indossare il vestito del bomber.
Un capolavoro degno di Michelangelo, è fin troppo facile il gioco di parole. Ma Rampulla, che nel singolare genere di imprese è un rivoluzionario, già nell’89 e sempre in zona Cesarini, tenta di profanare la porta altrui, a Monza, ma il guardiano brianzolo con un volo di arcangelo gli gela l’urlo in gola. E perfino nell’85 il nostro eroe tra i pali accarezza le ambizioni del cannoniere a Cesena, ancora contro il Monza. Stavolta è Torresin a negargli il gol, parandogli il tiro dagli undici metri. Già perché Eugenio Fascetti, nel Varese, gli insegna a calciare Coppe se fosse un attaccante. Dopo quello sbaglio su rigore, Michelangelo non fa che coltivare il culto della vendetta, che arriva nel febbraio del ‘92.
Ma è evidente che il portiere nato 36 anni fa a Patti, paesino di 700 anime in provincia di Messina, in cuor suo alimenta fin da giovane il vizietto di fare il rivoluzionario. E quando la Cremonese sta perdendo ingiustamente con l’Atalanta di Ferron e Caniggia, Michelangelo getta un’occhiata frenetica verso la panchina dove siede Giagnoni, gli fa un segno e si vede rispondere con eloquente scuotimento del capo: “Vai e castiga, Miché”! Mancano briciole di secondi al termine del match, un velo sembra calare insieme con la sera sulle velleità dei cremonesi. Venti secondi e i giochi sono fatti, venti lunghissimi secondi «durante i quali anticipai con il cervello ciò che sarebbe successo. Io, proprio io, una variante impazzita che però, al massimo, avrebbe stornato l’attenzione dei difensori avversari sui miei compagni di squadra nell’affollatissima area di rigore. E pensai perfino a Pagliuca che qualche settimana prima aveva tentato di togliere la Samp dai guai in un match con il Toro. Prese il palo, e quell’ardire mi era rimasto nella testa. Ma torniamo a Cremonese-Atalanta. I secondi volavano e mi venne la folgorazione. Sentii dentro di me che sarebbe stato gol, e, anche questo un segno del destino, un impulso strano mi spinse sul secondo palo, mentre Chiorri batteva il corner.  Arrivai quatto quatto, nessuno badò a me, i bergamaschi forse si chiedevano “ma che cosa vuole questo qua” e mi lasciarono pascolare tranquillamente. Colpii bene e fu uno a uno. Addio pace...».
E già perché mentre il buio precipitava su Cremona, il nostro eroe finì presto ai tifosi che se lo mangiavano con un affetto immisurabile. E soltanto il giorno dopo, nella quiete verdeggiante di Gazzada, a 4 chilometri da Varese dove Rampulla aveva una casa di campagna, i giornalisti possono ascoltare il suo racconto, che sembra una favola per bambini.
Ma Rampulla non è tutto qui. Michelangelo si guadagna le greche fra i pali con il suo repertorio vario, vicino alla completezza, tanto che squadre come l’Inter prima e la Lazio dopo lo corteggiano senza tregua. Ma ahimè, non si sa bene per quale stranezza della vita, la sua residenza calcistica resta Cremona. E a ogni estate si ripete il refrain della disillusione. Michelangelo pare rassegnarsi dopo una carriera sviluppatasi a Varese, Cesena, Cremona e dopo l’ennesimo sogno di fare le valigie destinazione Lazio. Invece spunta la Juve che lo inserisce nelle sue nobili schiere. È la classica palla da cogliere al balzo, un boccone prelibato. Michelangelo è alle soglie dei 30 anni, capisce che è il passo che deve fare poiché la Signora è la donna delle fantasticherie giovanili, delle arrampicate all’irreale. E firma. Ma le promesse di trovare una collocazione in prima squadra si spezzano di fronte ai diritti del più giovane e più forte (lo ammette Rampulla stesso), Angelo Peruzzi.
E allora il popolo si domanda: caro Michelangelo, è possibile accettare il ruolo di panchinaro a vita invece che trovare luce sotto altri cieli della serie A? Lui non si scompone e ribatte: «A 30 anni non si può rifiutare un’offerta tanto prestigiosa, la Juve era ed è il top e ho accettato. Però la mia non è un’esistenza fatta solo di panchina. Ricordatevi che ho disputato 500 partite tra serie A e serie B. E che la richiesta di un club famoso, blasonato come la Juve, è anche un riconoscimento professionale alle mie qualità. Ed eccomi con la maglia bianconera e nel ruolo di rincalzo».
Di lusso, aggiungiamo noi.   

«Quando sono stato ingaggiato dalla Juventus, ho fatto felice mio padre, Lui è sempre stato molto più tifoso di me, più tifoso di qualsiasi altro. Ai tempi di Paolo Rossi, Boniek e Platini, si presentò un giorno al lavoro, con la macchina dipinta di bianconero: a strisce, ovviamente. Dal 1969 al 1979 sono stato abbonato a “Hurrà Juventus”; ricordi da tifoso ne ho tantissimi, quasi tutti legati a grandi successi. Dal vivo, ho ammirato la Juventus due volte a Palermo e poi sempre in televisione. Lo stile bianconero mi ha sempre colpito, sia da tifoso che da avversario; alla Juventus, nulla viene lasciato al caso, persino i dettagli più insignificanti rivestono un’importanza determinante. Doveva essere un’esperienza fugace, invece a Torino mi sono fermato per dieci campionati, coprendo le spalle anche a Van der Sar, Buffon e Carini. Ho giocato più di quanto immaginassi e ho vinto davvero tutto».
In effetti, Michelangelo, approfitta dei numerosi guai muscolari che affliggono Peruzzi e riesce a ritagliarsi un poco di gloria, poiché la Juventus di quegli anni vince tutto. Come nella Supercoppa Italiana del 1995-96, quando entra in campo causa l’espulsione di Peruzzi e contribuisce, con un paio di parate sicure, alla conquista del trofeo.
Con l’arrivo del portiere olandese e di Buffon, lo spazio si riduce notevolmente e a Rampulla non restano che le briciole di qualche presenza in Coppa Italia. Nell’estate del 2002, Michelangelo decide di appendere gli scarpini al chiodo ma resta alla Juventus in veste di collaboratore.
Un grande esempio di professionismo da parte di Rampulla che, con le sue enormi potenzialità, avrebbe potuto giocare titolare in qualsiasi squadra, ma che ha sempre preferito rimanere nella sua amata Juventus, anche se questo comportava l’essere costretto a guardare gli altri giocare dalla panchina.