Ricordi storici: il pareggio di Roma può far bene alla concentrazione?

04.03.2015 18:50 di  Giacomo Aricò   vedi letture
Ricordi storici: il pareggio di Roma può far bene alla concentrazione?
TuttoJuve.com
© foto di Federico De Luca

In attesa di una nuova partita importantissima che vedrà la Juventus affrontare la brillante Fiorentina di Montella domani sera allo Stadium, facciamo una riflessione sulla mentalità bianconera di cui molto si sta parlando a seguito del pareggio con la Roma.

Fin da subito tutti sono stati concordi nell’affermare che la partita dell’Olimpico è stata stradominata dalla squadra di Allegri fino al minuto 78 quando la Roma (in dieci) ha segnato un gol evitabile e ringhiato d’orgoglio e tardivamente sulla Vecchia Signora, spaventandola anche con un tiro sbilenco di Iturbe che poteva segnare il sorpasso e riaprire ufficialmente il campionato.

La rete di Keita (in compartecipazione con Buffon-Marchisio e la difesa mal piazzata sulla situazione da fermo) è nata da una nuova distrazione di Giorgio Chiellini che, dopo aver causato la rete pesantissima di Reus in Champions, ha di fatto regalato quella fatale punizione alla squadra giallorossa. Un errore che cambia l’aspetto della partita e del campionato che sembra suggerirci che per i bianconeri è la Juve stessa la prima avversaria da battere. La Roma, mediocre e spenta, si è tagliata fuori da sola (oltre dieci punti in meno rispetto un anno fa), tenuta viva solamente dai pareggi juventini, troppi, e alcuni imperdonabili, come quello di Cesena. Cali di concentrazione e delirio di onnipotenza. Ma che sia superbia o paura, fatto sta che i giochi sono matematicamente ancora aperti.

E per fortuna verrebbe da dire se ripensiamo a due situazioni degli ultimi 15 anni in cui un grande distacco a campionato in corso fece staccare troppo presto la spina alla compagine bianconera. Nel campionato 1999/2000, allenata da Carlo Ancelotti, la Juventus vinse ad aprile il derby con il Torino 3 a 2. Era ancora un torneo a 18 squadra, ma la situazione (18 marzo, e nona partita del girone di ritorno) era ancor più favorevole. Eppure quel distacco di 9 punti a sole 8 partite da giocare si dimostrò un vero e proprio boomerang. Ci furono subito due sconfitte con Milan e la diretta concorrente Lazio. E poi ancora scivoloni a Verona e nella piscina di Perugia. Il tricolore andò ai laziali. Quella Juve aveva solo il campionato, fuori sia dall’Europa che dalla Coppa Italia.

Secondo esempio, campionato 2005/2006 con allenatore Fabio Capello. Al giro di boa invernale sono Juventus e Inter a contendersi il titolo. Sesta partita di ritorno, campionato a 20 squadre. A Milano si sfidano nerazzurri e bianconeri. Finisce 2 a 1 per la Juve, con la pennellata di Alex Del Piero su punizione a pochi minuti dalla fine. Juventus a +12 e campionato finito. Era febbraio e quella partita permise alla Zebra di prepararsi al meglio alla Champions League. Ma, dopo il fortunoso passaggio degli Ottavi con il Werder Brema, Nedved e compagni si fermarono giustamente ai Quarti contro l’Arsenal. Fuori dalla Coppa Italia (eliminati dalla Roma), rimaneva solo un campionato “già vinto”. Eppure tutti ricorderanno le occasioni sprecate dalla Juve che pareggiò in continuazione, con squadre nettamente inferiori in trasferta (Messina, Cagliari e persino Treviso!) e fallì tutti i big match casalinghi (Parma, Fiorentina, Lazio, Milan, Roma). Così le si avvicinò il Milan e solamente all’ultima surreale giornata di campionato lo scudetto arrivò a Bari grazie alla vittoria sulla Reggina.

Insomma passano gli anni e gli allenatori, così come anche i giocatori cambiano. Eppure se ripensiamo a questi due esempi verrebbe quasi da benedire il pareggio di Roma. Come se fosse indispensabile per tenere attaccata una spina che rischia di staccarsi, soprattutto quando già si viene da tre titoli vinti. Sarebbe un errore imperdonabile e gravissimo. E qui non c’entrano paragoni con Conte. Qui esiste solo il DNA della Juventus. Non devono esistere calcoli matematici particolare ma solo il detto bonipertiano: “Vincere è l’Unica cosa che Conta”. Ogni partita, sempre.

Ora ne mancano 13 e solamente con la mentalità giusta e la concentrazione sempre alta potremo davvero tenere cucito il tricolore sulle nostre maglie. Il calcio ce lo insegna sempre, la memoria storica può aiutare a tenere alta la guardia. Conta solo il presente, il campo verde e la voglia di vincere.