Il pallone racconta: I LEONI DI "HIGHBURY" (seconda parte)

Misteri, scandali, polemiche, gioie e dolori. Tutti gli ingredienti che fanno del calcio il "gioco più bello del mondo
28.04.2010 09:49 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Il pallone racconta: I LEONI DI "HIGHBURY" (seconda parte)

Queste le formazioni.

INGHILTERRA: Moss; Male, Hapgood; Britton, Barker, Copping; Matthews, Browden, Drake, Bastin, Brook
ITALIA: Ceresoli; Monzeglio, Allemandi; Ferraris IV, Monti, Bertolini; Guaita, Serantoni, Meazza, Ferrari, Orsi.



“Highbury” è esattamente la trappola di nebbia, pioggia e fango che Pozzo temeva. Gli azzurri scendono in campo senza timori, sono i Campioni del mondo, hanno il cuore saldo. Ma hanno appena il tempo di guardare negli occhi questi famosi sprezzanti inglesi e già si trovano sotto di tre goals, realizzati dai fuoriclasse Brook (ala sinistra del Manchester City, detto “l’uomo del Nord”) e Ted Drake, centrattacco dell’Arsenal, inserito all’ultimo momento in squadra in sostituzione del titolare Tilson. Sono bastati dodici minuti di gioco !!! E, per di più, “Carlone” Ceresoli, dopo un minuto dal calcio d’avvio, ha dovuto stendersi, in un volo immortalato nella nebbia, per parare un calcio di rigore.
Peggio di così non poteva cominciare, anche perché gli inglesi, oltre a giocare ad un ritmo forsennato ed essere partiti all’assalto della nostra porta, hanno anche pestato per bene Luisito Monti, riducendoci in dieci uomini dopo soli due minuti di gioco. A Monti gli inglesi hanno letteralmente spappolato un alluce; quando il giocatore rientra negli spogliatoi, chiede al massaggiatore Angeli che gli metta un fazzoletto in bocca, per non urlare dal dolore.

Vittorio Pozzo racconta l’infortunio dell’italo argentino:
«Gli inglesi erano tanti fulmini. E noi non si capiva più niente. Come la tempesta, l’uragano. Si comprese più tardi, a cose fatte, quel che era avvenuto. Il nostro centromediano, Luisito Monti, era stato stroncato nei primissimi istanti dell’incontro. Io ero seduto nella gabbia metallica sita all’entrata del campo, per gli addetti tecnici. Con l’attenzione tesa come avevo all’andamento del gioco ed al comportamento dei singoli giocatori, non mi accorsi di nulla quando Monti fu toccato. Non se ne accorsero nemmeno i compagni di squadra, per cui la prima rete inglese fu dovuta alla cieca fiducia nell’intervento del nostro centromediano. Per comprendere ciò, bisogna ricordare che Luisito era fatto di una tempra speciale: taciturno, non diceva mai nulla, duro a morire, incassava i duri colpi del gioco, senza lamentarsi. Con un dito di un piede spezzato, non si mosse. Quando lo richiamai, venne prima alla posizione di mediano destro, poi a quella di ala destra. Di lì lo costrinsi a seguirmi in spogliatoio.
Qui giunto, mi mormorò di mettergli un fazzoletto in bocca (“Pongame un panuelo en la boca”), per non gridare, per non piangere. Il dottore italiano, che avevamo a disposizione, il povero dottor Zezi, non fu lasciato passare. Giunse fino a me invece un dottore scozzese, che esaminò il caso, e, quando alzò gli occhi, mi disse, guardandomi al disopra degli occhiali, una parola sola, come referto; “Broken” (rotto). Niente più da fare. Pensai a quello che rimaneva da compiere. Abbracciai Luisito e lo mandai con Angeli, il massaggiatore, all’ospedale. Mi premeva di non impressionare i giocatori, a metà tempo, con lo strazio del ferito. Quando rientrai in campo, trovai che la situazione non era cambiata: gli inglesi vincevano sempre per tre a zero, i nostri arrancavano ancora nella formazione di ripiego che io avevo comandato».


In campo, sotto l’infuriare degli inglesi, i nostri neanche si accorgono che manca il “gigante che cammina”. Quando tutto è più chiaro, i tre goals sono già nella rete di Ceresoli ed il rigore parato non sembra avere acquietato la travolgente pressione inglese. I britannici sono passati in vantaggio dopo che il centrattacco Drake ha maciullato l’alluce di Monti. Bertolini ha allungato indietro una palla proprio al centrosostegno azzurro che, bloccato dal dolore, non è riuscito a controllarla. E Drake ha infilato la prima rete inglese.
Col fardello dei tre goals, un uomo in meno ed il fantasma di una disfatta che si agita davanti ai nostri giocatori, Pozzo cerca di rimediare alla perdita di Monti. Attilio Ferraris retrocede a centromediano, la mezzala Serantoni si piazza in mediana, ma, soprattutto, gli azzurri raddoppiano la grinta e nessun giocatore è più disposto a prendere botte; Monzeglio esegue “cravatte” impeccabili per fermare Bastin, Allemandi e Ferraris IV compiono interventi al limite del regolamento. I campioni del mondo si trasformano in gladiatori; pur con un uomo in meno, la partita è una vibrante battaglia.
Nella ripresa salgono in cattedra gli azzurri e gli inglesi sono nettamente in difficoltà. “Peppino” Meazza prima infila al volo mister Moss, portiere britannico poi, su un traversone di Ferraris, che domina ormai il centrocampo, segna di testa. La situazione è sotto controllo, ci si aspetta la grande giocata di Orsi ma, come capita spesso, quando infuria la battaglia, “Mumo” si rifugia in un angolo del campo e non si mette molto in evidenza.
Gli spettatori inglesi sono sorpresi dalla grinta degli azzurri e passano minuti interminabili di “sofferenza”, quando Guaita e Ferrari, con due ottime azioni corali sfiorano il pareggio ed il sorpasso che sarebbe stato leggendario. Al fischio finale, i tifosi italiani presenti sugli spalti osannano gli eroi azzurri, usciti dal campo tra gli applausi di tutto il pubblico e con la soddisfazione di aver tenuto in scacco i gloriosi avversari, per tutto lo svolgimento del match. I leoni azzurri di “Highbury” escono dalla cronaca ed entrano nella leggenda.