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Logo Juve, il creatore Manfredi Ricca a #RadioVS: "La Juve ha ragionato da club internazionale. Vuole rappresentare un modo di essere, una filosofia"

di Forum Vecchiasignora.com

Venticinquesima puntata di #RadioVS, la radio ufficiale di VecchiaSignora.com. Tra i superospiti di questa puntata Manfredi Ricca di Interbrand, l’ideatore del nuovo logo della Juve.

Ricca inizia il suo intervento spiegando rapidamente la realtà Interbrand, la principale azienda internazionale nella creazione e diffusione di brand, con  40 anni di vita alle spalle. «Il nostro compito è lo sviluppo di brand per le aziende attraverso un capillare studio del mercato sulle possibilità di espansione di un marchio. La riconoscibilità del brand deve garantire autenticità, mantenendo la promessa che stipula con il fruitore».

Si passa poi alla genesi del nuovo logo Juve: «La Juve ci ha dato indicazioni estremamente chiare, irresistibili per chi fa questo lavoro: innescare un’espansione internazionale della propria storia attraverso una proiezione verso parti di pubblico che ancora non sono familiari, ma che rappresentano un’opportunità commerciale capace di innescare un importante circolo virtuoso. Questa ambizione c’ha fatto capire cosa il brand dovesse rappresentare, e da lì abbiamo iniziato a lavorare visivamente. La cosa particolare è che a differenza di altri progetti, in cui solitamente presentiamo un ventaglio di alternative, stavolta ci siamo concentrati solo su una, e la Juve ci ha creduto da subito».

Ricca entra poi nel dettaglio: «Il bianco e il nero rappresentano l’assenza di compromessi, puntare sempre all’eccellenza, come richiamato anche il motto della Juve. Il codice visivo doveva essere comprensibile ai quattro angoli della Terra, universale. E dobbiamo dire che è un segno che è stato recepito bene in tutto il mondo».

Sulle  polemiche relative allo stile del logo che ne ricorderebbe altri: «Sono state fatte tutte le ricerche dovute, il logo ha “l’eleggibilità” piena. Faccio presente che quando si va su simboli semplici è statisticamente impossibile che non ce ne siano altri di somiglianti. Il principio deve essere quello della riconoscibilità, con la garanzia che non ci si stia appropriando del simbolo di quello di qualcun altro, e questo è stato garantito. Ma nel mondo d’oggi, in cui chiunque da casa può creare musica o improvvisarsi designer, è praticamente impossibile che il logo non abbia delle similitudini con altri. Un caso su tutti è quello Apple-Beatles, per esempio. La cosa corretta è dire “questo logo mi ricorda quest’altro”, la cosa sbagliata è dire “è stato copiato”, sono due concetti diversi. Non c’è stato nessun intento di ispirarsi a qualcuno».

Sulle reazioni: «E’ naturale che ci siano apprezzamenti e divergenze. L’importante è che gli apprezzamenti ci siano a tutte le latitudini. Non c’è alcun intento di scontentare chi è “già” tifoso della Juventus. Il punto è questo: chi oggi è un “fruitore” della Juventus, da italiano, ha una percezione delle cose che deriva dalla passione, dall’amore, ma anche dall’abitudine. Cambiare abitudine è sempre difficile, ce lo dice la natura umana. Quindi è normale che per persone più vicine il cambiamento possa risultare sgradito. Per persone più lontane, che hanno una conoscenza di Juventus diversa, questo è un simbolo che racconta la Juve in un modo immediato, universale. Per chi vive in Italia o in Europa è ovvio che la Juventus sia la squadra di Torino, che abbia il simbolo del toro nello stemma, la corona sopra il toro, e tutto ciò che richiama l’araldica. Chi invece si avvicina ora al mondo del calcio con un’ottica fresca, cioè buona parte degli appassionati del futuro, la vede con un’ottica diversa, non dà per scontato che il calcio debba vivere di stemmi,  e in certi casi non sa nemmeno dove siano Torino o Milano. La Juve ha ragionato non da club italiano che va all’estero, ma da club internazionale, puntando alla riconoscibilità, stravolgendo le dinamiche attuali in materia di loghi per confrontarsi con il mondo. Noi avevamo sviluppato anche il logotipo precedente, in un periodo in cui c’erano esigenze e stili di comunicazione differenti. All’epoca capimmo che in tanti non erano capaci di “disegnare” a tavolino il logo tradizionale, perché gli elementi erano tanti. Questo logo ha il vantaggio della “facilità”, è iconico. Oggi si indossano indumenti che recano gli stemmi delle squadre di calcio quasi sempre quando ci si reca allo stadio, al di fuori dello stadio sembrano fuori contesto. I tifosi di domani non necessariamente saranno sempre allo stadio, perché vivranno la Juve da ogni parte del mondo. Noi dobbiamo pensare ad una Juventus che resti ancorata al campo di calcio, perché quello è il cuore, ma che sia anche in grado di offrire esperienze nuove, che rompano con la tradizione e affascinino anche coloro i quali non seguono il calcio. Pensiamo a quante persone amano l’Harley Davidson senza avere nemmeno la patente. Ecco, la Juventus sarà questo, si trasformerà in questo: un brand che ha nel calcio la sua vita, ma capace di trasmettere valori e un modo di essere che vanno anche al di fuori, ed è uno dei pochi club al mondo che può permettersi di fare ciò. In questo modo non si è solo un prodotto, ma si trasmette una filosofia, ed è ciò che deve proporsi di fare un brand».

Per ascoltare l'intero intervento di Manfredi Ricca dal minuto 114 clicca a questo link: https://www.spreaker.com/user/radiovs/live-radiovs-puntata-25


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