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Gli eroi in bianconero: Thierry HENRY

di Stefano Bedeschi

È uno dei più grandi rimpianti, passato come una meteora nella gloriosa storia juventina; liquidato, dopo solamente mezza stagione e 20 presenze, da un un allenatore che lo schierava esterno sinistro del centrocampo a cinque, praticamente da terzino. Fu un colpo di genio di Luciano Moggi che dal suo cappello a cilindro, come si addice ai grandi maghi, estrasse il nome del giovane bomber del Monaco; nessuno avrebbe pensato che un giocatore come lui potesse sopperire al grave infortunio di Alessandro Del Piero. Attaccante dotato di ottimi mezzi fisici, capace di svariare su tutta la zona d’attacco; tecnico, rapido e dotato di grande senso del goal, spesso rende inutile la presenza una seconda punta al suo fianco per la completezza del suo repertorio. Quando arrivò a Torino non aveva ancora ventidue anni ed in patria era considerato il talento emergente del calcio transalpino. Henry firmò un contratto fino al 2003, per un ingaggio che sfiorava i 2,5 miliardi a stagione.

«Sono onoratissimo di giocare in un club di grande prestigio come la Juventus», disse Titì nel corso della conferenza stampa di presentazione del 18 gennaio 1999. «Appena il Monaco mi ha prospettato l’idea di venire a Torino, non ho avuto dubbi nell’accettare. Indossare la maglia bianconera è un privilegio che spetta a pochissimi ed io mi considero fortunato a fare parte di questo gruppo. Purtroppo, avendo già giocato in Uefa col Monaco, non posso disputare la Champions League in questa stagione. Vuol dire che in Coppa farò il tifo per i miei nuovi compagni e la domenica cercherò di contribuire alla qualificazione nella Champions League dell’anno prossimo, facendo fare un grande finale di campionato alla Juventus».

Nato a Les Ulis, un sobborgo di Parigi, il 17 agosto 1977, Henry è di origini caraibiche; ha debuttato in serie A, nel Monaco, nell’estate del 1994 e, due anni dopo, si laurea campione del mondo Under 18 con la Nazionale transalpina vince il premio di miglior giovane del calcio francese. Nel 1996/97 avviene la definitiva esplosione; Titì gioca alla grande, vince il titolo nazionale con il Monaco e le sue ottime prestazioni convincono Aimè Jacquet a farlo entrare nel giro della Nazionale. Il debutto con i “Galletti” arriva nel 1998, in una stagione che non riserva ad Henry grosse soddisfazioni in campionato. Il giovane attaccante si riscatta in Europa, dove trascina il Monaco fino alle semifinali di Champions League; è il vice-capocannoniere della manifestazione con 7 goals e soltanto Del Piero, con 10 reti, fa meglio di lui.

Quel Del Piero che, insieme ai compagni della Juventus, fa sfumare i sogni di gloria della squadra del Principato. Tutti i tifosi bianconeri in quella circostanza hanno la possibilità di imparare a conoscere ed apprezzare il giovane bomber che, nella sfida di ritorno, segna un gran goal nella vittoria ininfluente del Monaco, per 3-2. In estate arriva, poi, il successo più bello e significativo; Thierry diventa campione del mondo con la Francia e, nella fase finale del torneo iridato, l’attaccante mette a segno 3 goal. Era in panchina la notte del 12 luglio, durante la quale tutto il mondo si inchinò ai piedi di Zidane. E Zizou fu subito pronto a giurare sulle sue qualità: «È un giocatore intelligente, scaltro e rapido, che farà molto comodo alla Juventus».

Non sarà così e dopo pochi mesi dal suo arrivo a Torino, viene ceduto all’Arsenal, voluto dal suo mentore Arsène Wenger, che lo aveva allenato già nel Monaco. Luciano Moggi spiega così il motivo della sua cessione: «Ricordo che Henry faticava ad inserirsi per problemi legati alla giovane età, alla durezza del campionato italiano, alle difficoltà di mettersi in mostra in una grande squadra (peraltro in crisi): forse era troppo per lui in quel momento. Le qualità tecniche non si potevano discutere, ma il giocatore aveva bisogno di spazio palla al piede ed il suo gioco non si adattava a quello della squadra che giocava sempre in pressing sull’avversario. Faticava a rendersi utile alla squadra e si esponeva a critiche, che neppure meritava: quell’anno disputò 16 partite delle quali 9 non portate a termine (ed io non ero certo l’allenatore). Visto e considerato che un po’ di esperienza l’aveva già maturata, pensai di darlo in prestito un anno in una squadra meno esigente nei suoi confronti, che potesse dargli l’opportunità di crescere ed adattarsi al nostro campionato con più tranquillità. Individuai l’Udinese come soluzione opportuna, raccogliendo la disponibilità entusiasta dei Pozzo. Henry se la prese a male ed, ancora oggi, non riesco a capire il perché. Questa storia si concluse con la partenza di Henry: fui costretto a cederlo e, nonostante la stagione non certo esaltante, riuscii a ottenere dall’Arsenal 32 miliardi di Lire. Comprato per 18 e rivenduto poco dopo a 32. Una plusvalenza non da poco che non ha nemmeno sminuito il valore della squadra: infatti nelle stagioni successive (quelle in cui Henry ha dato il meglio) la Juventus ha ripreso a vincere con regolarità. Più dell’Arsenal. Ed alla Juventus arrivò un certo Trézéguet».

La carriera di Titì con la maglia dei “Gunners” è strabiliante. Durante la sua quarta stagione Henry segna già la centesima rete della storia dell’Arsenal e non scende mai sotto le 22 reti stagionali. Segna in tutti i modi: in acrobazia, su rigore, punizione, d’astuzia o di potenza; le sue armi offensive sono così tante e così varie da disorientare qualsiasi difesa. Il gioco dell’Arsenal è sempre stato basato sulle sue caratteristiche; velocità e verticalizzazioni che si sposano alla perfezione con le caratteristiche dell’attaccante francese, rapidissimo sia palla al piede sia senza. Abile nei cambi di direzione, negli scatti improvvisi e nel tiro tagliente e preciso, Henry sa concludere alla perfezione azioni corali.

Insieme ai compagni dell’Arsenal, conquista due Premier League, due Community Shield e tre FA Cup; da aggiungere anche uno scudetto ed un Coppa nazionale con la maglia del Monaco. Con la maglia della Nazionale francese è sceso in campo 123 volte ed ha realizzato 51 reti, cannoniere di sempre, superando Michel Platini fermo a quota 41. Oltre al già citato titolo di Campione del Mondo, Titì conquista anche il Campionato d’Europa 2000, realizzando tre reti in sei presenze. Ha preso parte anche alla disastrosa avventura della Francia al Campionato del Mondo nippo/coreano del 2002 ed al Campionato Europeo del 2004, durante il quale realizza 2 reti in 4 partite. Nel 2006 ha partecipato anche al Campionato Mondiale tedesco, segnando 3 reti in 7 presenze. Ha vinto tantissimi trofei personali: 2 volte la Scarpa d’Oro, 4 volte capocannoniere della Premier League, 2 volte vincitore del Onze d’Or, 2 volte Player of the Year, 3 volte Footballer of the Year ed una volta World Striker. Nell’estate del 2007, il clamoroso trasferimento al Barcelona, con il quale vince la Champions League 2009.


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