Sentenza Plusvalenze, le motivazioni della Corte FIGC sulla Juventus: "Illecito grave, ripetuto e prolungato"

30.01.2023 14:31 di  Redazione Torino   vedi letture
Sentenza Plusvalenze, le motivazioni della Corte FIGC sulla Juventus: "Illecito grave, ripetuto e prolungato"
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Il sito della FIGC ha pubblicato le motivazioni in merito alla sentenza sulle plusvalenze. Di seguito, un lungo estratto del documento di 37 pagine. 

"Il 20 gennaio 2023, il ricorso per revocazione è stato chiamato in udienza a nuove Sezioni Unite della Corte federale d’Appello. Ancorché già citata in epigrafe, è utile dare brevemente conto dell’ampia discussione tenutasi in detta udienza, rappresentativa anche del contenuto difensionale degli scritti depositati dalle parti. Nel corso dell’udienza, è stato anzitutto concesso alla Procura federale di illustrare il ricorso sia per la fase rescindente che per la fase rescissoria. La Procura federale, dunque, dopo aver ripercorso le ragioni essenziali del ricorso e i fatti nuovi che a suo dire dovevano portare alla condanna di tutti deferiti (in particolare il c.d. “Libro Nero di Fabio Paratici” redatto in realtà da Federico Cherubini, nonché talune rilevanti intercettazioni di Andrea Agnelli e Maurizio Arrivabene, rispettivamente presidente e amministratore delegato della FC Juventus S.p.A. e infine l’indagine Consob), ha concluso chiedendo l’accoglimento del deferimento nei confronti dei destinatari del ricorso per revocazione, nonché l’applicazione delle seguenti sanzioni: (a) la conferma delle sanzioni già chieste in primo grado per tutti i deferiti diversi dalla FC Juventus S.p.A. e relativi dirigenti; e (b) l’aggravamento delle sanzioni chieste in primo grado per tutti gli amministratori e dirigenti della FC Juventus S.p.A. incrementate di 4 (quattro) mesi di inibizione per ciascuno di essi; nonché (c) la sanzione della FC Juventus S.p.A. a nove (9) punti di penalizzazione da scontarsi nel campionato di serie A in corso di svolgimento.

È stata dunque assegnata la facoltà di intervento alle parti deferite, inizialmente con riguardo alla sola fase rescindente. Ciascun deferito ha dunque illustrato le proprie eccezioni di inammissibilità del ricorso della Procura federale, di violazione del principio del ne bis in idem, di tardività del ricorso della Procura federale e comunque di inutilizzabilità delle intercettazioni.

Terminata la prima fase d’udienza, la discussione è proseguita con nuova rotazione di interventi delle sole parti deferite, questa volta in riferimento al giudizio rescissorio, avendo tra l’altro acconsentito la Corte federale all’intervento diretto in discussione dei consulenti tecnici chiamati in particolare dalla FC Juventus S.p.A. e dal Parma Calcio.

Nel merito, dunque, i deferiti hanno contestato gli assunti della Procura federale, negando la riconoscibilità di plusvalenze fittizie e affermando l’irrilevanza a tal fine del materiale prodotto dalla Procura federale anche solo sotto il profilo dell’assenza di dolo. I deferiti UC Sampdoria, FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Parma Calcio 1913, Pisa Sporting Club, Empoli FC, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936, oltre a condividere le tesi della FC Juventus S.p.A., hanno altresì segnalato che nei loro confronti manca il presupposto principe dell’accusa, ovvero la sistematicità di eventuali alterazioni e hanno evidenziato l’impossibilità di utilizzare nei loro confronti materiale probatorio rilevante semmai solo per altre parti in giudizio. Scambiate infine brevi repliche tra tutte le parti, inclusa la Procura federale, e non avendo le difese chiesto ulteriormente la parola o presentato istanze, la causa è stata trattenuta per la decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso della Procura federale, proposto ai sensi dell’art. 63, comma 1, lett. d), CGS, deve essere dichiarato ammissibile. Per l’effetto, deve essere revocata la pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 di questa Corte federale d'appello. È indiscutibile che il quadro fattuale determinato dalla documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Torino alla Procura federale, e da questa riversata a sostegno della revocazione, non era conosciuto dalla Corte federale al momento della decisione revocata e, ove conosciuto, avrebbe determinato per certo una diversa decisione. Esattamente secondo quanto previsto dall’art. 63, comma 1, lett. d), CGS.

E si tratta di un quadro fattuale sostenuto da una impressionante mole di documentazione probatoria. Per contro, non possono trovare accoglimento le contrarie eccezioni di inammissibilità (sotto plurimi profili) e tardività opposte dai deferiti. Quale prima ragione di inammissibilità, le difese dei deferiti, anche e soprattutto attraverso le deduzioni della FC Juventus S.p.A. (ma con argomentazioni variamente riprese anche dagli altri resistenti), hanno segnalato che all’istituto della “revocazione in malam partem ex art. 63 C.G.S.” debba essere assegnata natura eccezionale, “con la conseguenza che quanto meno se ne imponga un’interpretazione particolarmente rigorosa” (così in particolare la memoria della FC Juventus S.p.A. poi ripresa in corso di discussione orale). A dire della difesa dei deferiti, dunque, il carattere sostanzialmente penale della sanzione imposta dal CGS (soprattutto in caso di retrocessione o di penalizzazione nel punteggio) imporrebbe un ripensamento dell’istituto, anche nell’ottica di ritenere applicabile il principio del ne bis in idem.

L’eccezione non è fondata. Pur essendo condivisibile l’assunto di partenza a proposito della natura eccezionale del mezzo di impugnazione in argomento e di una interpretazione rigorosa soprattutto in termini di decisività dei fatti prima non conosciuti o sopravvenuti (rigore che questa Corte non intende in alcun modo tradire), la stessa difesa della FC Juventus S.p.A. è poi costretta ad ammettere che l’ordinamento sportivo prevede una tale revocazione, in ragione dei caratteri di diversità e autonomia che lo connotano. Caratteristiche - quelle appena enunciate - che non consentono neppure di introdurre eccezioni di inconciliabilità tra la revocazione prevista dell’art. 63 CGS e i principi costituzionali anche afferenti il giusto processo.

La stessa Corte Edu, nelle pronunzie più recenti, ha confermato l’estraneità in radice delle evocate tutele penalistiche rispetto alle sanzioni aventi natura disciplinare, indipendentemente dalla relativa intensità. Vero è che una penalizzazione disciplinare resta comunque distinta ratione materiae da quella penalistica (da ultimo Grande Camera della Corte Edu, Gestur Jónsson e Ragnar Halldór Hall c. Islanda, ric. nn. 68273/14 e 68271/14, 22.12.2020) ed un simile principio è per certo ancora più forte se riferito all’autonomia che deve essere riconosciuta e garantita - come si è detto - all’ordinamento sportivo nel quale ammende, squalifiche inibitorie o punti di penalizzazione sono misura tipica, ben nota agli affiliati (che ne sono avvertiti accettando di assoggettarsi alle relative regole) ed esclusivamente afflittive all’interno del detto ordinamento. Anche quando si è trattato di discutere dei massimi gradi di sanzione disciplinare (retrocessioni o revoche di titolo) la Corte di Cassazione ha ben chiarito si trattasse di “perimetro legale riguardante la «osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale» e i «comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive» (art. 2, comma 1, lett. b), [della L. n. 280/2003] rientranti nella riconosciuta autonomia dell’ordinamento calcistico” (Cassazione civile SS. UU. 13.12.2018, n.32358).

Decisione, quest’ultima, richiamata anche dal Collegio di Garanzia dello Sport a mente del quale è legittimamente devoluta “al legislatore sportivo sia l’osservanza delle diposizioni regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale che delle sue articolazioni, sia le condotte di rilievo disciplinare come l’irrogazione e l’applicazione delle relative sanzioni sportive” (Collegio di Garanzia SS.UU. 13.6.2022 n. 45/2022). Anche il concorrente profilo di asserita violazione del principio del ne bis in idem non merita seguito. Una volta ritenuto (come si deve) che la revocazione sia possibile anche in malam partem - e i deferiti non lo dubitano – la predetta obiezione si svuota di significato. Il principio del ne bis in idem si applica certamente al diritto sportivo, ma nel senso di impedire di ritornare sul “già deciso” attraverso un nuovo giudizio e quindi al di fuori di una serie procedimentale prevista espressamente (e composta da una pluralità di gradi processuali).

L’elemento comune di tale principio può essere tendenzialmente identificato nel divieto di ritornare sul già deciso, di ripetere un giudizio, in altri termini di compiere una seconda volta (un bis) un’attività svolta, o in via di svolgimento, in quanto forma di sovrapposizione ripetitiva e successiva con un nuovo giudizio processuale sulla medesima regiudicanda, al di fuori, si noti, di una serie procedimentale prevista espressamente (pluralità di gradi o di fasi in un sistema di impugnazione o di riesame o di separazione di giudizi). Pertanto il divieto del bis in idem non può, in modo assolutamente certo, essere riferito a tutte le previsioni di successive fasi processuali o gradi di procedimento espressamente previste (principio di legalità) nei diversi sistemi processuali (rimedi e specifici istituti di carattere impugnatorio, o di revisione, o di riesame o di separazione). (Alta corte di giustizia sportiva, 11 maggio 2012, n. 9).

Pertanto, quando, come nel caso che occupa, si è all’interno di una tale progressione di fasi processuali o gradi di procedimento successivi, espressamente disciplinati dall’applicabile ordinamento (principio di legalità), si è anche all’interno del medesimo processo e non vi è alcun possibile spazio all’applicazione del divieto del ne bis in idem (Corte federale d’appello, Sez. II, n. 76/CFA/2019-2020). Quanto precede, con la precisazione che anche una assoluzione ottenuta per due gradi di giudizio, se conseguente alla mancata conoscenza di fatti invece decisivi per una eventuale condanna, è soggetta al giudizio di revocazione.

In realtà, è assorbente notare che - come questa Corte ha opportunamente chiarito - “il legislatore federale ha operato un’estensione delle ipotesi di possibilità di ricorso alla revocazione, in funzione del perseguimento ed attuazione del principio di effettività e nella prospettiva di dare soddisfazione all’esigenza di rimuovere dall’ordinamento sportivo decisioni che, per uno dei tassativi casi indicati, appaiano, nella sostanza, distorsive del senso di giustizia. Ha, in altri termini, valorizzato l’istituto di cui trattasi quale rimedio concreto alle possibili ingiustizie che possono essere frutto di una decisione errata” (ex multis Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015-2016). Si è tenuto conto delle peculiarità del giudizio sportivo ed appartiene ad una scelta di effettività della giustizia sportiva anche FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO quella di ritenere rilevante la speditezza di giudizio e, allo stesso tempo, ininfluenti eventuali schemi formalistici.

Non è rilevante “la natura dell’elemento di novità [né] la sua qualificazione in termini rigorosamente formali. [L]’opzione autonomamente esercitata dal C.G.S. è stata quella di considerare necessarie e sufficienti ad avviare ammissibilmente il procedimento revocatorio sopravvenienze fattuali, suscettibili di indurre il giudice della revocazione a riconsiderare alla loro luce il precedente assetto decisorio” (Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 203/2009-2010; Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 31/2013-2014; e ancora Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015-2016). Neppure condivisibile è l’argomento in ragione del quale la revocazione dovrebbe comunque essere limitata all’errore di fatto in ragione di una qualche sovrapposizione al CGS del Codice CONI.

A tal proposito, questa Corte federale ha già precisato che “mentre il codice CONI, prevede che la revocazione di una decisione è possibile solo quando dipende da un errore di fatto risultante incontrovertibilmente da documenti acquisiti successivamente per causa non imputabile all'istante, secondo il codice Figc, invece, la revocazione è possibile nel caso a) di dolo di una delle parti in danno all'altra, b) di prove riconosciute false dopo la decisione, c) di mancata presentazione di documenti influenti a causa di forza maggiore o per fatto altrui, d) di omissione dell’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento oppure di sopravvenienza, trascorso il termine per l’appello, di fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia, e) di errore di fatto commesso dall’organo giudicante” (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015-2016). Il Codice di giustizia sportiva, dunque, regola più ipotesi e non solo quella dell’errore di fatto, dalla quale fattispecie anzi la lett. d) dell’art. 63 si distingue nettamente.

E non vi è alcun “contrasto normativo” che possa limitare le specifiche ipotesi previste dal CGS. Piuttosto, ma il principio è davvero pacifico, alle singole Federazioni sono concessi spazi di importante autonomia e per tale via “il legislatore federale ha, in modo coerente ed esente dalle censure prospettate, operato una estensione delle ipotesi di possibilità di ricorso alla revocazione” (ancora Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015-2016). Del resto, tale specifica ipotesi di revocazione - prevista dall’attuale Codice di giustizia sportiva della FIGC, approvato con deliberazione CONI n. 258 dell'11 giugno 2019 - risponde a principi consolidati in ambito federale, tanto è vero che essa era prevista - nei medesimi termini – nelle precedenti versioni del Codice di giustizia sportiva FIGC (v. art. 39, comma 1, lett. d), del CGS FIGC, adottato con decreto del Commissario ad acta del 30 luglio 2014 ed approvato con deliberazione del Presidente del CONI n. 112/52 del 31 luglio 2014; v art. 28 del CGS FIGC di cui al Comunicato Ufficiale FIGC 9 agosto 2001 n. 28). Quanto alla natura decisiva degli elementi dimostrativi portati all’attenzione del giudizio rescindente, essa è indubbia. Ove la Corte federale avesse conosciuto i fatti che risultano dimostrati dagli elementi oggi disponibili (fatti che non erano noti o persino sopravvenuti), essa avrebbe per certo assunto una decisione diversa.

All’opposto della lettura datane dai deferiti, la giurisprudenza di questa Corte è esattamente nel senso della ammissibilità della revocazione là ove i fatti dedotti come nuovi mostrino una attitudine effettivamente sostitutiva del fondamento della decisione da revocare, interamente assorbendola in sé per effetto della propria intrinseca efficacia probatoria (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015-2016). E questo effetto è esattamente quello cui si assiste nel caso in discussione. Non avendo poi rilievo i precedenti giurisprudenziali, pur richiamati da alcuni deferiti, che riguardino il diverso caso dell’errore di fatto (ipotesi diversa da quella della lett. d) dell’art. 63 CGS). La stessa FC Juventus S.p.A. nel grado di giudizio di cui alla decisione qui revocata ha dovuto ammettere che le decisioni di condanna rinvenibili in altri casi precedenti non sono mai state fondate sul recepimento delle stime compiute dalla Procura bensì solo dal ricorrere di molteplici elementi probatori e fattuali dimostrativi di una fittizia sopravvalutazione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori compravenduti.

Dunque, “l’affermazione di responsabilità [negli altri casi] veniva fondata soprattutto sulle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria penale da parte di soggetti che avevano preso parte in prima persona alle trattative, nonché da parte di alcuni degli stessi deferiti che, sempre in sede penale, avevano reso dichiarazioni di natura essenzialmente confessoria” (memoria FC Juventus S.p.A. 13.5.2022). E la conclusione che - in allora - la società deferita traeva era che il giudizio di artificiosità dei corrispettivi stabiliti per il trasferimento (all’epoca del Genoa e del Como) derivava da un quadro fattuale definito come “lontano anni luce da quello del presente procedimento” (memoria FC Juventus S.p.A. 13.5.2022). Ma oggi è esattamente un tale quadro fattuale ad essere radicalmente mutato. Il fatto nuovo che prima non era noto è proprio l’avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori. Il fatto nuovo - come è stato efficacemente sottolineato dalla Procura federale - è l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la decisione deve essere diversa da quella qui revocata. Un quadro fattuale - quello appena citato - dimostrato dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle intercettazioni), dai documenti e dai manoscritti di provenienza interna alla FC Juventus S.p.A. e che hanno tutti una “natura essenzialmente confessoria”.

FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO Semmai, con una aggravante distintiva rispetto a qualunque precedente: proprio con specifico riguardo alla FC Juventus S.p.A., colpisce la pervasività ad ogni livello della consapevolezza della artificiosità del modus operandi della società stessa. Dal direttore sportivo di allora (Paratici) all’allora dirigente suo immediato collaboratore (Cherubini). Dal presidente del consiglio di amministrazione (Agnelli) a tutto il consiglio stesso (citato come consapevole dal medesimo Agnelli). Sino ancora all’azionista di riferimento e all’amministratore delegato (Arrivabene) e ancora passando per tutti i principali dirigenti, inclusi quelli aventi competenza finanziaria e legale. In alcuni casi, con una consapevolezza a tutto tondo dell’artificiosità delle operazioni condotte.

In altri casi, con una consapevolezza più superficiale o magari persino di buona fede (ci si riferisce anche all’allenatore della squadra), ma comunque in grado di far dire che tutti fossero direttamente o indirettamente coscienti di una condizione ormai fuori controllo. Sul materiale probatorio disponibile si tornerà anche al momento del giudizio rescissorio. Per quanto d’interesse della fase rescindente qui trattata è senz’altro sufficiente il richiamo ai più rilevanti elementi dimostrativi, citati anche dalla Procura federale. Primo tra tutti è l’inquietante “Libro Nero di FP” (cioè Fabio Paratici). Un tale documento, si noti, non è mai stato disconosciuto dal redattore (Federico Cherubini) ed è stato difeso dalla FC Juventus S.p.A. che, unitamente al predetto dirigente, lo ha fatto proprio, solo proponendone una interpretazione diversa rispetto a quella offerta dalla Procura federale, sostenendo si trattasse di un normale “appunto” di lavoro.

Ora, l’elemento dimostrativo più rilevante, ad avviso della Corte federale, non è solo il contenuto testuale di detto “Libro Nero di FP”, di per sé sin troppo esplicito. Rileva piuttosto (quale conferma irredimibile del relativo esatto contenuto) il contesto nel quale esso è stato redatto. Emerge, invero, che detto “Libro” fosse stato preparato dal Cherubini come documento da utilizzare nella propria discussione con Paratici in fase di negoziazione del proprio rinnovo contrattuale (la circostanza è confermata dalle stesse dichiarazioni del Cherubini; si veda il file n. 656108 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica). Naturalmente, non è qui rilevante operare interpretazioni esorbitanti o azzardare qualificazioni circa il comportamento in sé del Cherubini o il rapporto con Fabio Paratici. Ma ben si comprende, ad una lettura distaccata di una simile circostanza, la capacità disvelatrice di detto Libro Nero.

È evidente che Cherubini era pronto a contraddire con Paratici per discutere il proprio contratto (accettandolo o rifiutandolo, non importa) ed era pronto a mettere sul tavolo della discussione quelle che lo stesso Cherubini riteneva essere importanti “differenze di vedute”: cioè il fatto che Fabio Paratici avesse costantemente operato attraverso un sistema di plusvalenze artificiali. Ed è chiaro che nello scrivere il “Libro Nero di FP”, Cherubini rappresentava fatti veri che oggi non possono più essere efficacemente rinnegati. È per questa ragione che il mancato disconoscimento del documento e la mancata presa di distanza da esso della FC Juventus S.p.A. - a prescindere da ogni ulteriore rilevanza - ha una portata devastante sul piano della lealtà sportiva. Da esso si trae la consapevolezza di un crescendo di difficolà economico-finanziaria della FC Juventus S.p.A. nel corso degli anni 2019, 2020 e 2021 (“come siamo arrivati qui?”) e della difficoltà di uscirne. E si individua anche il metodo rimediale che il Cherubini testimonia essere stato applicato da Fabio Paratici: “utilizzo eccessivo plusvalenze artificiali” (la cui conseguenza è un “beneficio immediato” ma anche un negativo “carico ammortamenti” per il futuro). Il contenuto del “Libro Nero di FP” costituisce un elemento oggettivo non equivocabile. Tanto più tenuto conto della circostanza (e vi si tornerà oltre più diffusamente) che scopo del processo sportivo non è, evidentemente, inferire la consumazione di eventuali fattispecie di illecito a carattere penalistico.

Oggetto di giudizio è solo la violazione delle norme sportive: nello specifico, dell’art. 4, comma 1 e dell’art. 31, comma 1. Rilevantissime sono poi le intercettazioni telefoniche o ambientali (e le acquisizioni documentali) citate dalla Procura federale a sostegno della revocazione. Quella del 6 settembre 2021 tra Andrea Agnelli, presidente della FC Juventus S.p.A., e il rappresentante dell’azionista di riferimento John Elkann (intercettazione presente nel file n. 660969 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica), nella quale gli interlocutori operano un diretto riferimento al fatto che la direzione sportiva (cioè Fabio Paratici) si era “allargata” con lo svolgimento “di tutta una serie di operazioni …” che il presidente Agnelli, nel botta e risposta della conversazione, individua subito definendole di “eccessivo ricorso allo strumento delle plusvalenze”.

Così come l’ulteriore intercettazione tra Andrea Agnelli e Maurizio Arrivabene del 3 settembre 2021 (riportata nel file n. 660969 e file 660945 trasmessi dalla Procura della Repubblica), nel corso della quale gli interlocutori condividono che la responsabilità delle difficoltà della FC Juventus S.p.A. non poteva essere attribuita solo al Covid-19 (“sì ma non era solo il Covid e questo lo sappiamo bene” ), posto che da un lato vi era la pandemia, ma dall’altro era stata “ingolfat[a] la macchina con ammortamenti e soprattutto la merda perché è tutta la merda che sta sotto che non si può dire”. E ancora, in più rispetto a quelle menzionate dalla Procura federale, si devono aggiungere le intercettazioni che coinvolgono contestualmente più dirigenti della FC Juventus S.p.A. con ruoli finanziari e legali (anch’esse riportate nel file n. 660969 trasmesso dalla Procura della Repubblica).

Intercettazioni che dimostrano persino opacità nella rappresentazione all’esterno del reale contenuto delle operazioni condotte, tanto da sperare che “[quelli che] stanno cercando” (presumibilmente gli ispettori Consob) non scoprano carteggi altrimenti pericolosi: ci si riferisce all’intercettazione del 6 settembre 2021 tra taluni dirigenti della FC Juventus S.p.A. (Stefano Bertola, Stefano Cerrato e Cesare Gabasio) nel corso della quale, a proposito di Pjanic, si chiarisce che “han fatto uno scambio” (e dunque una consapevole permuta) e si condivide il rischio che emergano carte che invece devono restare riservate: “tela dico tutta? è meglio che non ci fosse quel carteggio” ; “no quel carteggio meglio di no” .

E più in generale si devono aggiungere quelle intercettazioni che dimostrano la natura alterata dei valori utilizzati (e il peso degli ammortamenti conseguenti) e comunque la natura esattamente permutativa di molte operazioni. Sotto il primo profilo è emblematica l’intercettazione - in grado di rafforzare quanto già riferito a proposito del “Libro Nero di FP” - tra Federico Cherubini e Stefano Bertola (altro dirigente della FC Juventus S.p.A.) del 22 luglio 2021 (riportata nel file n. 660945 trasmesso alla Procura Federale dalla Procura della Repubblica di Torino) nel corso della quale il primo afferma “io perché sono andato in difficoltà negli ultimi anni? Mi sentivo che mi stavo vendendo l’anima, perché a un certo punto stavo facendo delle cose, ero complice di alcune cose, anche per una questione di ruolo dovevo dire a Fabio [Paratici] non sono d’accordo, ma poi se lui diceva si va si va”. E ancora rilevante (tra le altre) è l’intercettazione del 16 luglio 2021 (riportata nel file n. 660969 trasmesso dalla Procura della Repubblica) tra Marco Re (all’epoca dirigente della FC Juventus S.p.A.) e un soggetto terzo appartenente ad una importante banca, nel corso della quale il dirigente della FC Juventus S.p.A. ammette che “ma tu pensa uno come Arthur, che per farti la plusvalenza Pjanic hai pagato 75 milioni […] cioè era palese no? Che non fosse uno da quella cifra lì. Adesso lo paghi […] cioè te lo porti avanti per 4 anni [con gli ammortamenti]”. Del pari rilevante, nel contesto sopra detto, anche l’intercettazione del 21 settembre 2021 (riportata nel file n. 660969 trasmesso dalla Procura della Repubblica di Torino), nel corso della quale Fabio Paratici, commentando un intervento di Fabio Cherubini e quasi sfogandosi dell’essere considerato responsabile isolato, risponde “Sì, ma non è che...se volevi mettere 400 milioni 5-6 anni prima, te li facevo mettere!” E l’interlocutore (giornalista) allora: “Bravo! È quello che ho detto io, per quello ho detto: Scusami, abbi pazienza! gli ho detto Claudio, eh no! Perché io voglio dire non è che Paratici si svegliava la mattina e diceva: oggi voglio fare una bella plusvalenza! È che a un certo punto, facevate due conti, lo chiamavate e gli dicevate: devi fare 100, devi fare 150, devi fare 70! E lui poi ve le faceva! E ringrazia che le faceva, perché così avete mascherato i problemi per 3 anni, eh! Ho detto, dico perché poi quello ha fatto, non è che...”.

Ed ancora Fabio Paratici: “Eh! No, per 6 o 7, però va bene... magari 3, magari 3, magari 3”. Sotto il secondo profilo (di scambio permutativo) sono emblematiche le acquisizioni anche documentali relative alle operazioni con club esteri (OM Marsiglia, Barcellona, Manchester City, Lugano, Basilea), nelle quali si dimostra lo sforzo profuso ad allineare i flussi finanziari delle operazioni e si ottiene prova certa dell’avvenuto condizionamento reciproco dei trasferimenti di volta in volta contrattualizzati (uno in uscita e uno in acquisto allo stesso prezzo o quasi).

E ciò, dunque, in modo che non vi fosse dubbio che, intanto avveniva l’acquisto di un giocatore da una controparte, in quanto a quella stessa controparte veniva ceduto il proprio. Il tutto, secondo una “causa in concreto” (intesa come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare) di chiara permuta. Qui, peraltro, è anche necessario aprire una parentesi sulla rilevante differenza che deve essere riconosciuta tra una operazione a specchio o incrociata, apparentemente indipendente, e una operazione ad effetti permutativi. E deve essere chiarito che ciò che rileva ai fini del processo sportivo e della violazione quanto meno dell’art. 4, comma 1, CGS, non è se la singola operazione dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo 45, poi contestato alla FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi rilevare la plusvalenza. Ciò che rileva è la preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute. Ciò che rileva, in altri termini, è l’essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS38 (paragrafo 45), quale che ne fosse l’esito.

Per questo, e vi si tornerà, lo sforzo svolto dalle difese dei deferiti e dai relativi consulenti di ricostruire ex post la sostanza commerciale delle singole operazioni citate dalla Procura Federale, dalla Consob e dalla Procura della Repubblica di Torino non coglie il senso stesso della contestazione sportiva della quale qui si discute. In questa direzione, diventano rilevanti le operazioni di nascondimento operate da alcuni dirigenti della FC Juventus S.p.A. che si sono spinte sino ad intervenire correggendo “a penna” le fatture ricevute dalla controparte per non far emergere la natura FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO permutativa dell’operazione compiuta (evidenze contenute nel file n. 733488 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica di Torino). Eclatante il caso dello scambio dei calciatori Akè/Tongya tra la FC Juventus S.p.A. e l’Olympique De Marseille. L’operazione, apparentemente costruita con contratti indipendenti, è in realtà un vero e proprio scambio e viene così qualificato dalle mail interne: “scambiamo Tongya con Akè, entrambi trasferimenti definitivi identici” . E alla richiesta se “dobbiamo condizionarli l’uno all’altro?” la risposta è “li abbiamo condizionati l’uno all’altro” . Anche l’Olympique De Marseille precisa ripetutamente che si tratta di una operazione incrociata e integralmente compensata (documenti tutti contenuti nel file n. 7733488 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica di Torino). Ma il punto maggiormente significativo, rispetto alla vicenda dell’Olympique De Marseille, è quello riferibile alla fatturazione.

La fattura emessa dall’Olympique De Marseille con destinatario la FC Juventus S.p.A. e con causale “compensazione” dell’operazione di scambio viene materialmente corretta a penna e “barrata” in ogni dove e riscritta dalla FC Juventus S.p.A. e rispedita al mittente chiedendo di modificarla (documento anch’esso contenuto nel file n. 7733488 sopra citato). E ciò, per evitare che potesse essere compreso all’esterno che l’operazione era effettivamente di mero scambio (cioè permuta) e non certo composta da atti indipendenti. I dirigenti della FC Juventus S.p.A. dicono espressamente che si deve evitare di evidenziare la compensazione. Come a dire - ed è l’aspetto assorbente ai fini del processo sportivo - che la FC Juventus S.p.A. era perfettamente edotta del rischio di dover applicare lo IAS38, paragrafo 45, e il proprio approccio era nel senso di evitare che ciò avvenisse a prescindere da ogni effettiva applicabilità. Tanto che la natura dell’operazione non doveva emergere dai documenti ufficiali riguardanti la fatturazione. Ed è anche interessante notare come i dirigenti della FC Juventus S.p.A. debbano persino superare una iniziale resistenza dell’Olympique De Marseille nel recepire le correzioni inserite a penna dalla FC Juventus S.p.A., tanto da costringere l’Olympique De Marseille ad un richiamo a buona fede nel chiedere che sia mantenuta la dicitura “compensazione” nella fatturazione da essa inviata; e ciò, presumibilmente perché, proprio per l’Olympique De Marseille, lo IAS38, paragrafo 45, o principio assimilabile, non era comunque destinato ad applicarsi e dunque la natura permutativa, se divenuta trasparente, non era pregiudizievole.

Un simile quadro fattuale - cui si deve aggiungere la delibera Consob 22482/2022 del 19.10.2022 (sulla quale si tornerà oltre) e si possono altresì aggiungere i riferimenti ai numerosi appunti e manoscritti interni alla FC Juventus S.p.A., ulteriori rispetto al “Libro Nero di FP” (e dai quali sembra quasi emergere che “manovre correttive” fosse negli ultimi anni una sorta di definizione specifica di quanto si va dicendo), o ancora il c.d. database di tale società - è decisivo ai fini del giudizio rescindente. In proposito, appare erronea l’obiezione per cui il citato quadro fattuale (nuovo) debba dirsi già assorbito dalla ratio decidendi della decisione revocata. La decisione n. 0089/CFA/2021-2022 aveva affermato del tutto condivisibilmente che “l’assenza di parametri normativamente sanciti rende particolarmente delicata l’operazione di sceverare operazioni (plusvalenti) che, con ragionevole certezza giudiziale, possano essere considerate rilevanti sotto il profilo disciplinare”. Ciò, ovviamente, nel presupposto - mai messo in discussione dalla decisione - che la realizzazione di una plusvalenza fosse effetto legittimo di una operazione di vendita o scambio, non potendo l’interprete affidarsi al solo sospetto di una eventuale (appunto) fittizietà.

Per questo la decisione qui revocata precisava anche che eventuali contestazioni disciplinari dovessero basarsi sulla ragionevole certezza dell’illecito e non sulla probabile verificazione di esso. Inoltre, la decisione rilevava che l’assenza di un unico metodo codificato di valutazione non poteva “legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti l’utilità futura del diritto nonché [da] elementi di coerenza della transazione” posto che altrimenti argomentando si “renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e [si] introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema - e quindi neanche quello federale - può tollerare”. Un metodo vi deve essere. E deve essere razionale, verificabile e ovviamente non discrezionale. Un simile arresto, come detto, è condivisibile anche oggi. Ma ciò che oggi è mutato è proprio il quadro fattuale nel quale ci si muove, che è radicalmente diverso da quello esaminato dalla decisione revocata. Non si tratta di discutere della legittimità di un determinato valore in assoluto. Né di operare una valutazione del prezzo scambiato. Si tratta invece di valutare comportamenti (scorretti) e gli effetti di tali comportamenti sistematici e ripetuti sul bilancio. La Corte federale n. 0089/CFA/2021-2022, però, proprio su un tale profilo, aveva avvertito che non qualsiasi plusvalenza è legittima. Aveva poi segnalato il fatto che la carenza di parametri non consentiva di tradurre il sospetto in violazione, per questo chiedendo l’introduzione di disposizioni che operassero da sentinella anticipata rispetto a fenomeni che invece di essere fisiologici si trasformino in patologici, in modo anche da avvisare la società agente di avere oltrepassato i limiti della razionalità e della dimostrabilità".

Ed un simile intervento normativo resta urgentissimo ancora oggi. Ma avere affermato un tale principio non legalizzava qualunque comportamento. Sotto tale profilo, la decisione revocata non ha nulla a che vedere con una preordinata intenzione di non utilizzare alcun metodo se non quello di una ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni condotte. In conclusione, il nuovo quadro fattuale prodotto dalla Procura federale integra i presupposti ed è decisivo ai fini di cui all’art. 63, comma 1, lett. d) e impone la declaratoria della revocazione della decisione della Corte federale d’appello n. 0089/CFA/2021-2022. Tenuto peraltro conto del dettato della norma e dell’assenza di capi distinguibili della decisione n. 0089/CFA/2021-2022, si ritiene conseguenziale una revoca integrale della decisione stessa, indipendentemente dalla possibilità che per alcuni dei deferiti debba poi procedersi ad un nuovo esito di proscioglimento. A tale proposito, è utile richiamare l’orientamento della stessa Corte di Cassazione, a mente della quale “la revocazione travolge completamente i capi della sentenza [revocata], sicché il giudice della fase rescissoria, chiamato nuovamente a decidere, deve procedere ad un nuovo esame prescindendo dalle rationes decidendi della sentenza revocata. Infatti, il giudizio ex art. 402 c.p.c. è nuovo e non la mera correzione di quello precedente, per cui la nuova decisione sul merito è del tutto autonoma e non può certo essere la risultante di singoli elementi correttivi nell'iter logico-giuridico espresso dalla decisione revocata (Cass. nn. 2181/01 e 8326/04)” (Cassazione civile sez. VI, 20/06/2016, n.12721, dettata in materia di errore revocatorio ma applicabile all’art. 63, comma 1, lett. d) CGS). Peraltro, è pacifico che il giudice possa emettere una nuova decisione che in parte si sovrapponga a quella revocata, ancorché come nuova decisione e non come conferma della precedente statuizione ormai elisa dal mondo giuridico. Infondata è anche l’eccezione svolta dalla difesa della FC Juventus S.p.A. a proposito della inammissibilità per tardività del ricorso in revocazione della Procura federale. Anzitutto, la FC Juventus S.p.A. ha segnalato come anomala la circostanza che la comunicazione di trasmissione della documentazione della Procura della Repubblica di Torino fosse avvenuta solo in data 24.11.2022. Una simile trasmissione è però documentata e risulta da apposito timbro seguito dalla sottoscrizione di tre magistrati della Procura della Repubblica di Torino. I dubbi della FC Juventus S.p.A., in argomento, appaiono oggettivamente fuor di luogo. La documentazione ritenuta rilevante dalla Procura federale è stata ricevuta in data 24.11.2022 e il ricorso per revocazione proposto in data 22.12.2022 è certamente tempestivo, essendo stato notificato il ventottesimo giorno sui trenta disponibili (art. 63, comma 1, CGS). Anche il secondo profilo dell’eccezione non è condivisibile. Sostiene la difesa della FC Juventus S.p.A. che la Procura federale aveva avuto notizia degli eventi poi dedotti a base della revocazione ben prima della data del 22.11.2022. Pertanto, la revocazione doveva dirsi già esaurita al momento della relativa proposizione. Ora, in disparte la giurisprudenza di questa Corte a proposito della irrilevanza di notizie di stampa ai fini della decorrenza del termine di revocazione (ex plurimis Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 203/2009-2010; Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 31/2013-2014), resta assorbente la circostanza che nel caso qui in discussione è il nuovo quadro fattuale ad essere cruciale per la percezione di una nuova decisione da assumere e, prima ancora, per la maturazione della percezione della esigenza processualistica di presentare fondatamente un ricorso per revocazione.

In altri termini, non si discute in questo caso di un singolo documento specifico la cui esistenza fosse divenuta nota. Si discute, invece, di un complesso di plurimi documenti e intercettazioni (le circa 14mila pagine trasmesse dalla Procura della Repubblica e citate dalla Procura federale) la cui effettiva ricezione era inevitabile presupposto del trascorrere di un qualunque termine decadenziale. Il tutto, dovendosi sottolineare (ed è fatto incontestato) che l’indagine penale, i cui esiti documentali sono poi stati trasferiti alla Procura federale, si è chiusa dopo la decisione qui oggetto di revocazione. Il ricorso per revocazione, pertanto, è certamente tempestivo. Da rigettare è anche l’obiezione formulata a proposito della non utilizzabilità delle intercettazioni. L’eccezione è stata variamente proposta dai deferiti nell’ottica di ritenere che l’art. 270 c.p.p. impedisca di fondare su di esse la contestazione disciplinare qui esercitata. È stato poi sollevato un dubbio di parzialità del relativo riversamento in trascrizioni, dolendosi quindi i deferiti di una non corretta acquisizione e rappresentazione delle registrazioni audio. La giurisprudenza di questa Corte è però granitica in senso opposto. Le intercettazioni telefoniche costituiscono, del tutto legittimamente, materiale probatorio acquisibile al procedimento, dovendo le intercettazioni medesime essere considerate nella loro fenomenica consistenza e nella loro capacità rappresentativa di circostanze storiche rilevanti, senza neppure possibilità di sindacare la loro origine e il modo della loro acquisizione (ex plurimis Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 32/2011-2012; e nello stesso senso: Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 43/2011-2012; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015-2016; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 10/2016-2017; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 12/2016-2017; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 96/2016-2017; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 102/2016- 2017). Del resto, un identico orientamento è perfettamente coerente con plurime decisioni della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, SS.UU., sent. del 15.01.2019 n. 741; Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 29.09.2022, n. 28398 e Corte di Cassazione 15 dicembre 2022, n. 36861). Esula poi dai poteri del giudice sportivo ogni valutazione sulla legittimità dell’operato dell’autorità giudiziaria in ordine all’acquisizione stessa delle intercettazioni.

E ciò è vero, vuoi in riferimento al potere speso, vuoi in riferimento al dibattito odierno sulla opportunità di aumentare o ridurre l’ambito assoggettabile ad un tale mezzo di prova. Ai fini del processo sportivo, rileva esclusivamente la provenienza istituzionale del materiale ricevuto. E da tale provenienza discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti (Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 48/2011-2012; Corte federale d’appello n. 122/2018-2019; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 55/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 95/2019-2020). Le obiezioni proposte nei confronti della documentazione proposta all’esame di questa Corte federale, dunque, non hanno pregio. Le intercettazioni sono per certo utilizzabili (peraltro non costituendo neppure l’unico elemento decisivo ai fini della formazione del nuovo quadro fattuale di riferimento, giacché da affiancare alle acquisizioni documentali), mentre il divieto di un utilizzo a fini penali per reati diversi da quelli che hanno dato luogo alle intercettazioni stesse (argomento ex art. 270 c.p.p.) non trova alcuna applicazione al procedimento disciplinare (Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 48/2011-2012; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 10/2016-2017; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 122/2018-2019; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 55/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 95/2019-2020).

Semmai è doveroso sottolineare che, nel caso specifico, le intercettazioni esaminate da questa Corte federale consentono di raggiungere una organica rappresentazione dei fatti sottoposti a giudizio (in argomento Corte federale d’appello, SS.UU., n. 122/2018-2019; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 55/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 95/2019-2020). Meglio ancora, non vi è modo di non considerare la rilevanza delle “dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate” (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 1/2020-2021).

Ritenuto dunque meritevole di accoglimento il giudizio rescindente, e dichiarata la revocazione della decisione n. 0089/CFA/2021- 2022, può essere esaminato il merito rescissorio dell’impugnazione svolta dalla Procura federale. Priorità logico-giuridica va anzitutto data all’esame dei reclami incidentali concernenti la mancata acquisizione della nota 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021 della Procura federale, richiamata dalla relazione Co.Vi.So.C. del 19 ottobre 2021 (atto costituente, secondo la Procura federale, la prima notizia qualificata dalla quale attivare l’indagine). L’obiezione per cui la nota 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021 della Procura federale potesse costituire un primo atto di indagine non può, però, avere seguito né in ogni caso può dirsi rilevante (e ciò indipendentemente dal possibile assorbimento dei ricorsi incidentali proposti da UC Sampdoria, FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Parma Calcio 1913, Pisa Sporting Club, Empoli FC, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936).

In via preliminare e generale, occorre considerare che, in tale particolare forma di revocazione, la sopravvenienza di “fatti nuovi” agisce anche nel senso di rendere non più rilevante la questione dell’asserita tardività dell’azione della Procura federale in quanto la sopravvenienza della documentazione della Procura della Repubblica è idonea a introdurre nel procedimento degli elementi che - ex necesse - non possono che immutare il quadro procedimentale, al fine di rimuovere dall’ordinamento sportivo decisioni che, appaiano, nella sostanza, distorsive del senso di giustizia (Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 203/2009-2010).

D’altro canto, premesso che la trasmissione di indicazioni interpretative non può costituire nel processo sportivo una forma effettiva di atto di indagine, potendo al più appartenere al novero degli atti pre-procedimentali che questa Corte federale (proprio per l’informalità del processo sportivo) ha costantemente consentito e anzi sollecitato, onde evitare di giungere a immediate iscrizioni senza una previa verifica della traducibilità di una “possibile notizia” in una “effettiva notizia” di illecito (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 18/2020-2021), premesso questo, appare decisivo riferirsi al dato testuale della nota Co.Vi.So.C. a mente della quale tale ente, che si ricorda ha specifici poteri autonomi di controllo assegnati espressamente dall’ordinamento federale (art. 80 Noif), precisa nelle prime righe introduttive di essersi mossa “nello svolgimento delle proprie prerogative di controllo e vigilanza delle società professionistiche”.

Ora, in disparte il fatto che la Co.Vi.So.C. è organo che, ai sensi dell’art. 20, comma 2, dello Statuto CONI, assume specifica funzione pubblicistica posto che identica “natura [pubblicistica] va riconosciuta alle attività [anche di controllo] svolte al fine di garantire il regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici" (Cassazione penale 29.5.2013, n. 28164), e in disparte la circostanza che per tale via i relativi atti - ovviamente per le parti non aventi carattere valutativo ma di attestazione delle attività svolte - devono dirsi assistiti da fede privilegiata, resta assorbente il fatto che la citata affermazione della Co.Vi.So.C. non appare in sé contestata dai reclamanti incidentali. Co.Vi.So.C. ha agito di propria iniziativa “[prendendo] atto di taluni fenomeni potenzialmente idonei ad incidere sui fondamentali dei bilanci delle società sportive professionistiche (e quindi mediatamente sull’equilibrio economico e finanziario delle stesse) che si ritiene opportuno segnalare a codesta Procura Federale per gli approfondimenti che si intenderanno se del caso esperire”.

Ciò che quindi i reclamanti non affrontano è che la nota Co.Vi.So.C. costituisce atto tipico di proposta di avvio di indagine ai sensi dell’art. 80, comma 3, Noif, ed è solo da tale istante che - rispetto alle operazioni indicate dal detto ente di controllo nella propria comunicazione poi riversate nel deferimento - deve calcolarsi un qualunque termine di iscrizione della notizia dell’illecito (individuata dalla Co.Vi.So.C.). Peraltro, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte “la previsione di una decadenza dall’azione della Procura in caso di ritardata iscrizione [della notizia dell’illecito] è estranea alle finalità della normativa codicistica [contenuta nel CGS]” (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 29/CFA/2021-2022). Né vi è spazio per procedere ad una retrodatazione dei termini al fine di produrre la citata decadenza. Ipotesi questa che non trova riscontro nel codice sportivo, fermo comunque che, in caso di superamento del termine dell’indagine, l’art. 119, comma 6, CGS prevede, quale espressa conseguenza la sola inutilizzabilità degli atti e non piuttosto l’improcedibilità dell’azione.

Del resto - e tale considerazione assume ulteriore carattere dirimente - una simile decadenza è esclusa anche dalla giurisprudenza ordinaria formatasi sull’art. 335 c.p.p., a mente della quale “ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona, pur se abnormi, sono privi di conseguenze [sulla validità del processo] fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. che abbia ritardato l’iscrizione” (così Cassazione SS. UU., n. 40538 del 24.09.2009 con successiva conforme Cassazione Sez. 6, n. 4844 del 14.11.2018; e nello stesso senso da ultimo Cassazione civile SS. UU. 12.04.2021, n.9548). Il punto qui decisivo è allora che lo stesso art. 119, comma 6, CGS, citato dai reclamanti incidentali quale norma da applicare al caso concreto, afferma che “possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato”.

Esattamente come nel caso che qui occupa, divenendo pertanto ininfluente - e carente di interesse – il reclamo incidentale proposto. Ove pure si accedesse ad una qualche passata limitazione della “vecchia” documentazione d’indagine, il nuovo quadro fattuale derivante dalla documentazione e dalle evidenze trasmesse dalla Procura della Repubblica resterebbe comunque utilizzabile. Ed è sulla documentazione proveniente dalla Procura della Repubblica di Torino (al pari di quella di derivazione Consob) che questa Corte federale è chiamata a pronunciarsi. Tanto meno può porsi, sul punto, un qualunque dubbio di nullità o violazione dei principi del giusto processo (ex art. 44 CGS) e delle prerogative di difesa, posto che la fonte del quadro fattuale del quale si discute è per certo interamente rappresentata dalla Procura della Repubblica di Torino (cui si collega il procedimento Consob) e posto che dei relativi atti e documenti, utilizzabili in ogni tempo (art. 119, comma 6, CGS), le parti hanno avuto esatta e compiuta notizia nei termini consentiti dal ricorso di revocazione.

Premesso allora che l’atto di deferimento (e il successivo ricorso per revocazione) non risultano in alcuna parte perplessi nel contenuto, contenendo una chiara e completa contestazione delle condotte ascritte, poco calzante è il richiamo alla decisione del Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 76 del 6.7.2017 (richiamo in particolare contenuto nella difesa della FC Juventus S.p.A.). In tale decisione, invero, si affermava il condivisibile, ma del tutto diverso, principio per cui “non risulta condivisibile l’iter logico ed argomentativo seguito dalla Corte di Appello Federale che, dopo aver ribadito il suo convincimento circa l’individuazione del soggetto risultato unico autore dell’illecito sportivo, ha ritenuto di poter egualmente sanzionare il [deferito], in relazione alla realizzazione dell’illecito, sulla base della sua partecipazione al fatto non più realizzata con la contestata condotta attiva (in concorso con altri) ma realizzata con una condotta omissiva e quindi sulla base di una diversa qualificazione dei fatti e della contestazione disciplinare [ovvero non aver denunciato]”.

Per tale via, dunque, si contestava la mancata chiarezza del deferimento rispetto alla norma contestata e alle conseguenze che ne aveva tratto il giudice sportivo. Ma nel caso che qui occupa una tale assenza di chiarezza non sussiste. Tanto meno rispetto al quadro probatorio riveniente dagli atti della Procura della Repubblica di Torino e dalla stessa Consob. Ciascuna parte, dunque, ha potuto conoscere la provenienza degli atti dei quali discutere e ha potuto esprimere le proprie piene prerogative difensionali, non sussistendo invece alcuna menomazione del procedimento e tanto meno violazione del diritto di difesa che è stato pienamente assicurato. Ed è appena il caso di notare che “ nell’ordinamento sportivo il fine principale da perseguire, al di là dell’aspetto giustiziale pur fondamentale, è quello di affermare sempre e con forza i principi di lealtà, imparzialità e trasparenza, tipici del movimento sportivo, come pensato sin dalla sua fondazione da Pierre De Coubertin e, quindi, è compito degli Organi di giustizia considerare meno stringenti le regole formali rispetto ad aspetti sostanziali, che siano utili all’accertamento dei menzionati valori.” (Collegio di garanzia dello sport, sez. I, n. 56/2018). I ricorsi incidentali, dunque, anche a prescindere come già si è detto dal relativo assorbimento per le parti comunque prosciolte nel merito, vanno rigettati. Venendo ora al merito del giudizio rescissorio, appare inevitabile tenere distinte le posizioni riguardanti la FC Juventus S.p.A. rispetto alle altre squadre. La ragione della necessaria distinzione di merito riposa, ed è considerazione sin troppo ovvia, nella circostanza che la FC Juventus S.p.A. e i relativi amministratori e dirigenti sono stati oggetto di diffuse e ripetute evidenze dimostrative prodotte dalla Procura federale. Evidenze che connotano un canone di comportamento sistematico e non isolato. Proprio con riguardo alla FC Juventus S.p.A., il quadro probatorio che si è già citato ai fini del giudizio rescindente ha carattere inequivocabile rispetto agli scopi del processo sportivo. Del “Libro Nero di FP” redatto da Federico Cherubini a proposito di Fabio Paratici, testimoniante l’eccessivo utilizzo di plusvalenze artificiali, si è già detto. Dell’origine di un tale documento e della mancata contestazione di genuinità di esso, anche. Si è parimenti già riferito della non condivisibilità dei tentativi di diversa interpretazione operati dalla difesa della FC Juventus S.p.A. che si scontrano con il contenuto testuale del predetto documento, nonché con il contesto nel quale il “Libro Nero” è stato scritto e nel quale esso doveva essere utilizzato. È evidente che Federico Cherubini immaginava di affrontare Fabio Paratici per “contestargli” l’uso eccessivo di plusvalenze artificiali e i relativi effetti anche negativi sul bilancio della società dovuti al peso degli ammortamenti. Al beneficio immediato di evitare l’emersione di perdite di bilancio controbilanciate dalle apparenti plusvalenze conseguiva, infatti, il costo ripartito su più anni di quel plusvalore in una sorta di inevitabile e crescente avvitamento: si veda la mail interna scambiata in data 17 febbraio 2021 tra diversi dirigenti della FC Juventus S.p.A. “ci sono le plusvalenze che migliorano le net loss dei prossimi anni, ma questo genera un nuovo tornado di D&A; non siamo più a break-even nel 24/25. Deve essere chiaro che con le nuove assumptions su plusvalenze e D&A non si ferma il tornado anzi abbiam bisogno del tornado” (mail riportata nel file 733431 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica). Ed è parimenti evidente che la suddetta circostanza (l’uso eccessivo di plusvalenze artificiali e relative conseguenze) era, tra i due dirigenti oggi deferiti, fatto assolutamente pacifico. Si sono inoltre già citate - in fase rescindente - le intercettazioni aventi un carattere per così dire generale o se si preferisce sintomatiche e ricognitive della ripetuta intenzionalità della società FC Juventus S.p.A. nel non avere utilizzato (nelle stagioni 2019/2020 e in parte 2021) alcun metodo di valutazione dei prezzi degli scambi. E si è anche già richiamata la circostanza della profonda diffusione, all’interno della società, della consapevolezza dell’uso eccessivo del metodo plusvalenze per affrontare il bilancio. Significativa è anche l’intercettazione con la quale Cherubini (in data 22.7.2021), di fronte ai primi accessi della polizia giudiziaria per le indagini sulle plusvalenze afferma “fortuna che … alla luce delle recenti visite ci siamo fermati” (si veda la relazione di indagine della Procura federale, pag. 182). Si sono poi già commentati taluni casi specifici, che tanto più se letti in combinazione con l’indagine Consob e con il “Libro Nero di FP” (e ancora con l’intero quadro probatorio), consentono di comprendere appieno - sempre dal lato del processo sportivo - la reale situazione verificatasi (si veda il caso del carteggio sulla cessione di Pjanic che è meglio che non ci sia o il caso della fattura modificata all’Olympique de Marseille). Il tutto, ovviamente, dovendosi anche considerare l’esito certamente rilevante della delibera 22482/2002 della Consob (assunta in data 19.10.2022 ai sensi dell’art. 154ter comma 7 t.u.f.). Al fine di non gravare la decisione di eccessive ripetizioni si rinvia, dunque, alle citazioni già sopra riportate senza trascriverle nuovamente. In un simile quadro, diventano a maggior ragione rappresentative del modus operandi non corretto della FC Juventus S.p.A. (lo stesso emergente dal quadro probatorio che sopra si è detto) soprattutto le operazioni compiute con i club esteri. Ci si riferisce: all’operazione Moreno-Andrade tra la tra la Juventus FC e il Manchester City (anno 2019/2020); all’operazione Pereira-Marques tra la Juventus FC e il Barcellona (anno 2019/2020); all’operazione Sene-Hajdari tra la Juventus FC e il Basilea (anno 2019/2020); all’operazione Bandeira-Nzouango tra la Juventus FC e l’Amiens Sporting Club (anno 2019/2020); all’operazione Tongya-Akè tra la Juventus FC e l’Olympique De Marseille (anno 2020/2021); all’operazione Monzialo-Lungoyi tra la FC Juventus FC e la FC Lugano (anno 2020/2021).