PROUD OF JU
La paura di essere ormai tagliati fuori, l’emozione di ritrovarsi ancora in corsa da protagonisti, la gioia della partita ribaltata e la catarsi finale tradotta in pura gioia dei tre punti. Non c’è niente da aggiungere, perchè vincere al settimo anno in rimonta e in inferiorità numerica con uno scarto di reti roboante è la cosa più bella che il calcio possa offrire, perché capace di cristallizzare tutte le emozioni che un match o un campionato possono dare, ma che ha il suo perfetto lieto fine.
Che rimonta! Finta… perché il racconto di una rimonta, come quella del Dacia Arena, sembra così simile all’intreccio di una storia che chi si accosta al mondo del calcio per farne film, serie TV o fumetti non ne può prescindere dal viaggiare con la fantasia. Eppure, qui, si sta con i piedi ben piantati per terra, perchè in situazioni di estrema difficoltà la necessità aguzza l'ingegno, e la Juve per ritrovarsi ha avuto bisogno di perdersi, ha voluto trovare quella scintilla capace di farle scattare e accendere il "fuoco" che aveva dentro.
Questa vittoria contiene in sè varie chiavi di lettura, ma quella più importante non può che risiedere nel carattere di una formazione che ha voluto mantenere le proprie attese con pazienza e umiltà proprio quando tutto stava volgendo per il peggio. Lo ha fatto non rispondendo mai ai nervosismi di un arbitraggio irregolare come quello avvenuto in terra friulana, in nessun modo, nemmeno alle critiche che sono piovute soprattutto da inizio stagione per il poco gioco "spettacolare" espresso di cui Madama è spesso accusata, e fuggendo ogni tipo di protagonismo: la Juve si è messa al centro come insieme, come collettivo e squadra, nonostante il lavoro di cucitura dopo lo strappo improvviso contro la Lazio. Non c'è stato bisogno di imporsi, non sta cercando di mettersi in competizione con le sue precedenti edizioni bianconere: sono doti umane, ancor prima che professionali, molto rare che riguardano un gruppo, e il calcio da cui dipende la Vecchia Signora, oggi, è un calcio difficile. Con astuzia e consapevolezza lei sa che dovrà adattarsi a questa nuova dimensione. Il "suo" calcio oggi sembra poggiare le fondamenta nell'aggressività dei portatori palla, nelle imbucate dalle retrovie, nella tecnica volante, nel sacrificio e nell'uno-due a occhi chiusi, e nell'estro offensivo dei suoi finalizzatori di rete piuttosto che prediligere le sfide a porta inviolata. Non è un caso infatti se la campagna acquisti è stata improntata prevalentemente sulla fase offensiva.
Solo in questo modo dunque, ovvero abbinando alla mentalità vincente la capacità di farsi forza a vicenda nei momenti di difficoltà si costruiscono stagioni, scudetti e trionfi e in particolar modo si recupera il concetto più importante intorno al quale ruota il movimento calcistico: l'essere squadra. Ed è proprio questo il discorso che abbraccia tutta la mentalità vincente: prima di tutto le risorse umane. La persona prima del giocatore. La capacità umana prima del talento. La squadra prima del singolo. La vittoria della Juventus prima di tutto.