ESCLUSIVA TJ - Adriano Bacconi: "Pronti a formare i campioni di domani. Ecco come cambieremo il trend negativo dei vivai"

19.06.2012 21:00 di  Gaetano Mocciaro   vedi letture
ESCLUSIVA TJ - Adriano Bacconi: "Pronti a formare i campioni di domani. Ecco come cambieremo il trend negativo dei vivai"
© foto di Tutto Juve

Adriano Bacconi ci parla della Pisa Soccer School che partirà domani con l'obiettivo di formare i campioni del futuro, seguendo il modello vincente tedesco e ridare lustro alla scuola calcistica italiana. In esclusiva per TuttoJuve.com.

Adriano Bacconi, domani parte la Pisa Soccer School con la benedizione di un personaggio d’eccezione: Roberto Baggio

“Da presidente del settore tecnico Roberto Baggio è molto attento a progetti di questo tipo e io collaboro strettamente con lui su un progetto di fare formazione in Italia. Abbiamo avuto modo di girare parecchio, ad esempio abbiamo visitato molti centri sportivi di società dilettantistiche del Piemonte per vedere se questa regione può essere in grado di porre le basi per dei centri di formazione di un certo livello”.

Intanto si parte da Pisa

“Pisa è il prototipo che stiamo sperimentarlo per poi applicarlo nelle altre regioni. Il corso di formazione inizia domani e hanno aderito una ventina di società di Pisa dove c’è una nuova metodologia di allenamento che si basa sull’aspetto cognitivo, sulla percezione e la consapevolezza del proprio corpo. Un vissuto percettivo dove inserire i mezzi tecnici. Insomma, non bisogna  partire con la tecnica fine a sé stessa. Noi insegneremo ai bambini a relazionarsi, a muoversi, a posizionare il proprio corpo sullo spazio e avere consapevolezza di quale gesto tecnico scegliere. In pratica c’è prima un percorso mentale che è percezione di cosa si sta facendo, poi l’elaborazione di queste informazioni, infine l’esecuzione e il gesto motorio di quella scelta. Questo percorso dev’essere fatto nel minor tempo possibile e col minor numero di errori possibili”.

Come è nata la tua idea?

“Ci stavo lavorando da due anni, vedendo e analizzando i centri di formazione in tutto il mondo. La Germania è l’esempio da seguire. Loro hanno iniziato nel 2000 e ora hanno la Nazionale più giovane e forte. C’è un’identità comune, un percorso di crescita coerente e ci sono ragazzi che hanno iniziato a lavorare a 12 anni”.

È riproponibile questo concetto in italia?

“Da noi non si investe e bisogna cambiare il ciclo economico. D’altronde se le società sportive non le obblighi a investire non cambi il trend. In Germania ad esempio hanno investito i soldi per migliorare i centri di formazione dilettantistici. Dopo un periodo di lavoro nei centri di formazione i ragazzi migliori andavano nei club professionistici che dovevano stare a delle condizioni: il centro di formazione  prepara il ragazzo, fa attività di scouting, il club professionistico deve garantire la crescita in determinati contesti ai ragazzi, pena l’esclusione dalla Bundesliga. Oggi se i club tedeschi non hanno accademy di un certo topo non possono partecipare ai campionati maggiori. Loro hanno invertito il ciclo economico, le Società sono in attivo perché fanno giocare i loro giocatori senza comprare altrove. E poi hanno facilitato l’integrazione tramite le accademie. Per quello che ci riguarda, secondo uno studio fatto dalla Fifa, l’Italia fra i 27 maggiori campionati europei è all’ultimo posto nel grado di valorizzare i giovani. E la cosa grave che il trend tende a essere sempre più negativo”.

Qual è il nostro problema principale?

“Poca qualità, obiettivi sbagliati a livello giovanile. Si cercano i giocatori più grossi e poi quando arrivano a 18 anni che devono arrivare sull’agonismo fanno campionati inutili come Berretti o Primavera. Bisognerebbe che da bambini si abbia come obiettivo prima un risultato, poi sviluppare un concesso agonistico. Qui è il contrario, si scannano a 10 anni per il torneo di quartiere mettendo quelli grossi o più smaliziati accantonando quelli bravi”.

C’è qualcos’altro che prenderesti da altri Paesi?

“La Germania per il modello organizzativo è la migliore, mentre la Spagna è l’esempio da seguire per il modello metodologico. Poi noi, in realtà, ci abbiamo messo del nostro. Abbiamo elaborato grazie al professor Massimo De Paoli, e a ciò che ha sviluppato nei suoi 30 anni di lavoro una metodologia basata sul linguaggio, che permette attraverso le parole chiave l’apprendimento veloce in campo. Mi spiego:  se usi parole chiave in maniera coerente i bambini le associano al concetto. È una cosa innovativa che abbiamo messo a disposizione”.

La Federazione cosa dice?

“Abete ci ha detto che ci sono dei centri da mettere a disposizione per ampliare il progetto. Speriamo che la Federazione dia il via libera alla parte esecutiva del progetto”.