LEONI PER...AGNELLI – Da dove nasce la scommessa Sarri, gli errori dell'area tecnica che hanno trasformato la scommessa in azzardo e ora Agnelli rimescola le carte. Non c'è più tempo...

08.08.2020 20:00 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
LEONI PER...AGNELLI – Da dove nasce la scommessa Sarri, gli errori dell'area tecnica che hanno trasformato la scommessa in azzardo e ora Agnelli rimescola le carte. Non c'è più tempo...

Si chiamano scommesse perché la percentuale che vadano male è altissima. Sarri è stata la grande scommessa della scorsa estate della Juventus, in una stagione che, al netto della pandemia, è durata più del previsto per tutti. Quando piazzi una scommessa a sbagliare sono sempre (almeno) in due e a vincere è uno. Vince il destino, che è un po' come il banco ad un tavolo del Blackjack, a perdere o (raramente) a vincere sono gli scommettitori e l'oggetto della scommessa.

Paratici e Nedved (non Agnelli), avevano scelto Sarri per il post Allegri. L'area tecnica della Juventus sono stati gli scommettitori, supervisionati dal presidente che ha rispettato la delega dei ruoli. La scommessa era “semplice”: sostituire Allegri a fine ciclo, dopo 5 anni di successi con 11 trofei all'attivo e 2 finali Champions che non costituiranno un trofeo ma di questi tempi rappresentano comunque un mezzo titolo, con un allenatore diverso, magari più moderno, che potesse rendere la squadra più spregiudicata e quindi più spettacolare nel racconto delle sue vittorie. L'oggetto della scommessa è lui, Maurizio Sarri, classe 1959, vent'anni in giro per i campi di calcio dilettantistici (non s'offenda nessuno) prima di affacciarsi al grande calcio; tre stagioni all'Empoli, una delle quali fece innamorare il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che lo scelse per non assecondare le richieste economiche di investimento crescenti di Benitez, uno scudetto sfiorato contro la Juventus. Poi il grande salto al Chelsea a 60 anni, un' Europa League vinta (primo trofeo) e poi il benservito pagato dalla Juventus per il passo della consacrazione. E qui, appunto, essere oggetto della scommessa. Trasformare 8 anni di successi in qualcosa di meraviglioso. L'occasione della vita a cui non puoi dire di no, perché se dicono che in fondo quella squadra la può allenare chiunque, allora, in fondo, perché non accettare, qualcosa ne verrà fuori.

E qui cominciano gli errori di valutazione degli scommettitori. La cosiddetta scommessa nella scommessa e cioè: l'azzardo.

L'area tecnica, Paratici e Nedved, hanno creduto di poter snobbare l'allarme lanciato da Allegri (“bisogna cambiare almeno 7-8 elementi in rosa”) perché tanto ormai l'ex tecnico livornese gli era diventato antipatico, ormai era ex allenatore e, in fondo, magari poteva bastare sistemare due parametri zero a centrocampo, affidare tutto all'entusiasmo del cambiamento aumentando così il rischio della scelta Sarri, credendolo una sorta di mago Merlino capace di fare incantesimi.

La scommessa diventa azzardo.

E mentre Agnelli guarda perplesso ma con fiducia, l'oggetto della scommessa, Maurizio Sarri si accolla un rischio e fa una scelta: tuta o giacca e cravatta? E cioè: cambiare la Juve o lasciarsi cambiare? Alla fine opta per una via di mezzo, pantaloni blu scuri, scarpe da ginnastica, maglia anonima sempre più infeltrita dall'usura scaramantica e mozzicone in bocca spento. E in campo come nell'abbigliamento, e cioè una via di mezzo. Né sarrismo né allegrismo, ma un ibrido senza personalità e anima. Le idee le ha portate, ma non si sposavano con la rosa a disposizione. E allora via alla ricerca dei surrogati dell'idea, ma Pjanic non è Jorginho e Higuain non è quello dei 36 gol di Napoli. Però ci sono Ronaldo e Dybala che per uno come Sarri diventano più un ostacolo che due armi potentissime. Come avrebbe mai potuto fare a convincere il miglior giocatore del mondo e la Joya a fare movimenti a memoria per mettere in scena la sua idea spettacolare di gioco? Come fai a dire a Bonucci di non affidarsi più ai lanci lunghi ma di difendere alto a centrocampo affidandosi a De Ligt che nel frattempo doveva abituarsi ad un campionato totalmente diverso da quello di provenienza? Come si faceva a chiedere un sacrificio così grande a tutti senza scontentare nessuno e non andare a chiedere giocatori più scarsi ma più funzionali alle sue idee? Un azzardo...

Il resto è cronaca dei fatti. La continua attesa di un qualcosa che non ha dato neanche mai la sensazione di poterci essere, con uno spogliatoio pieno di giocatori usurati nella testa e nella mente (come aveva ammonito Allegri) e un allenatore incapaci di conquistarli, gestirli, parlarci, motivarli. Sarri si è sempre sentito non adeguato a quell'ambiente, come uno che si presenta in bermuda ad una festa in abito scuro. Non aiutato dalla squadra, non assistito nelle scelte di giocatori dall'area tecnica che lo aveva scelto.

La scommessa rischia di diventare un incubo, perché se il campionato fosse durato soltanto altre due giornate, lo avrebbe vinto probabilmente l'odiato Conte, che avrebbe potuto vantarsi di essere stato quello ad aprire e chiudire il ciclo vincente della Juventus. Il tempo è stato amico, ma dopo l'uscita contro il Lione, quel tempo era gia scaduto.

Agnelli smette di guardare e agisce. Prende il mazzo di carte e lo rimescola. Basta azzardi, basta scommesse. Rien ne va plus.

Vincenzo Marangio – Radio Bianconera

Twitter - @enzomarangio