Gli eroi in bianconero: Ugo CONTI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
30.09.2017 10:40 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Ugo CONTI
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Un giorno Scopigno, quand’era allenatore del Cagliari, si espresse in termini poco civili nei confronti di un segnalinee. Tre anni dopo Mondino Fabbri, sempre alla guida del Cagliari, protestò per un goal annullato a Riva e lo fece con un colorito dialetto romagnolo. Lo udì il guardalinee e le sue parole finirono sul referto arbitrale. Le squalifiche a lungometraggio di Scopigno e Fabbri fecero di Ugo Conti il più “in prima” fra gli allenatori “in seconda”.
Il giorno in cui il Cagliari venne a Torino a celebrare il rito di vittoria della Juventus, sulla panchina rossoblu sedeva l’uomo massiccio, dal volto di pugile, alle cui spalle c’è una lunga gloriosa e tormentata carriera di sportivo militante. Un volto che i tifosi bianconeri degli anni Quaranta, ricordavano di aver già visto e applaudito. Perché Ugo Conti fu uno dei loro nel campionato di guerra 1945-46, concluso al terzo posto. Un’ala mancina aggressiva di quelle che invertono il tradizionale rapporto di forza bruta fra difensore e attaccante, un atleta che era sempre meglio non punzecchiare, rapido nel cercare la porta ma anche ad alzare i pugni. Negli anni di gioventù ebbe, per questo motivo una lunga squalifica, che sembrò pregiudicargli la carriera.
Ugo Conti arrivò alla Juventus dal Genoa di Neri, Bertoni, Trevisan e Ispiro, ala dal fiuto del goal, più volte convocato per la Nazionale ma mai utilizzato, presente in classifica cannonieri al quarto posto con quindici reti, insieme a Gabetto e Reguzzoni, dietro a Boffi, Guarnieri e Puricelli.
Entrò a sostituire il jolly Magni e il piccolo Ventimiglia; fu a sua volta sostituito da Korostelev, arrivato in Italia insieme a Vycpálek. Giocò quindici partite, segnò tre goal, due dei quali al Livorno che doveva poi lanciarlo come allenatore. Esordi nell’ottobre 1945 contro il Modena in una Juventus che allora aveva Sentimenti IV in porta, Foni, Varglien e Rava terzini, una mediana formata da Depetrini, Parola e Locatelli e il quintetto d’attacco composto da Sentimenti III, Borel, Piola, Coscia e lui, Ugo Conti.
«Mi faceva seguire l’avvocato Agnelli ai tempi in cui a Genova facevo grappoli di goal. Mi pagò una grossa cifra, non ricordo quanto, ma una grossa cifra. Anch’io ebbi l’ingaggio molto alto. Mi trovai subito bene, nonostante la differenza di clima rispetto a Genova. Vivevo con mia moglie alla Taverna Dantesca, vicino alla stazione, dov’è ancora.

Mangiavo da Biagini che era il ristorante dei giocatori della Juventus. Il giocatore più grande era Parola, di statura mondiale, ma cosa dire di Piola e dei fratelli Sentimenti? E gli altri? Tutti grandissimi giocatori».
Un ricordo: «Il derby che vincemmo contro il Grande Torino con un goal di Piola su rigore. Loro erano i favoriti, ma noi andammo bene quel giorno e li dominammo. Mi marcava Ballarin che è stato la bestia nera della mia carriera anche ai tempi in cui giocava nella Triestina».
Poi, la parentesi juventina si chiuse: «Con un colloquio fra l’avvocato Agnelli e il presidente della Lucchese, Fontana, a Forte dei Marmi. Fui dato in prestito gratuito alla Lucchese insieme a Viola e Magni. Era una squadra forte, quella rossonera, con Bertuccelli che poi passò alla Juventus, con Cuscela, Michelini. Segnai ventinove goal. Quando giocammo qui a Torino pareggiammo per 1-1. Segnò prima Sentimenti III ed io replicai. A Lucca feci anche di più: la Juventus segnò due reti nel primo tempo con Boniperti ed io le due del pareggio. In due partite feci contro i bianconeri lo stesso numero di goal che per loro avevo fatto in un intero campionato».
La sua era una Juventus fortissima: «Credo che un difensore come Carlo Parola oggi non lo abbia più nessuna squadra italiana. E così un centravanti come Piola. Noi avevamo una mediana che ora non vedo a nessuno: Depetrini, Parola e Locatelli. Basta pensare che somma di valori tecnici e agonistici ne veniva fuori».