IL TERZO TEMPO - Ottavo scudetto tra l'indifferenza e la leggenda. Agnelli insegna a vincere e a perdere. Per la Champions serve una Juve diversa

Trentasettesimo scudetto conquistato tra gli sbadigli e una concorrenza inesistente. La lezione di stile di Agnelli all'italietta da bar. Un centrocampo europeo per tentare l'assalto alla coppa.
25.04.2019 13:00 di  Luigi Risucci   vedi letture
IL TERZO TEMPO - Ottavo scudetto tra l'indifferenza e la leggenda. Agnelli insegna a vincere e a perdere. Per la Champions serve una Juve diversa
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Nella settimana che porta al derby d’Italia meno interessante degli ultimi anni, in casa Juventus è ora di riflessioni sulla stagione in corso e su quella che sarà. Un anno fa, il trentaseiesimo è stato lo scudetto più combattuto, forse il più bello dopo il primo conquistato nell’era Conte: merito di Sarri e del suo Napoli macchina (quasi) perfetta, steso psicologicamente proprio dalla vittoria di San Siro contro i nerazzurri, arrivata con la zuccata di Higuain all’apice di una rimonta al cardiopalma. I partenopei non hanno fatto altrettanto quest’anno, nonostante l’approdo di Ancelotti, incapace di arginare il fisiologico calo di un gruppo spremuto ed i cui elementi migliori hanno superato i trent’anni (su tutti, il capitano Hamsik che ha lasciato il suo club a gennaio). Il distacco di venti punti racconta un campionato senza storia, mai in discussione, grazie ad una rosa indubbiamente superiore alle altre, gestita in maniera magistrale da Allegri nonostante le moltissime defezioni. Il tecnico, paradossalmente ogni anno più in discussione del precedente, ha sottolineato l’importanza della partita di Bologna, fondamentale per scavare il solco con le inseguitrici ed evitare un finale di campionato thrilling, data la difficoltà delle ultime cinque uscite. Le rivali (o presunte tali) dei bianconeri hanno reso più agevole il compito della Vecchia Signora ma il fallimento di queste è passato sin troppo in sordina. Lo scudetto numero trentasette e l’ottava supercoppa italiana rappresentano un bottino di tutto rispetto, sebbene molti diano ormai per “scontati” certi traguardi. Magari, tra qualche decennio, ci si renderà conto realmente della magnificenza di questi anni, in cui gli avversari non possono raccogliere nemmeno le briciole lasciate dai bianconeri, portandosi sul groppone dei distacchi abissali (in otto anni oltre 100 punti sul Napoli, il meno lontano dai “dittatori” del calcio italiano degli ultimi otto anni). È vero, l’arrivo di Cristiano Ronaldo era un chiaro segnale di assalto alla Champion’s League, che per l’ennesima volta è rimasta un miraggio. L’eliminazione contro l’Ajax è stata probabilmente l’unica meritata nell’ultimo lustro, in cui i bianconeri sono apparsi nettamente inferiori agli avversari, quasi surclassati nei 180’ dai ragazzi terribili di ten Haag. Dunque, cosa è mancato? La condizione fisica innanzitutto. Per la prima volta la squadra di Allegri è arrivata nel momento clou della stagione spremuta, stanca e con le idee annebbiate. A questo fattore si sono uniti gli infortuni che durante la stagione hanno decimato l’organico dei bianconeri: il doppio lungo stop di Emre Can, i consueti problemi per Khedira, il grave infortunio di Cuadrado, Douglas Costa praticamente sempre out, i polpacci di Chiellini ed i muscoli di Barzagli oltre ai ritardi nel recupero di Spinazzola. Nella seconda parte di stagione è mancata la brillantezza in Matuidi e Mandzukic, reduci dalla finale mondiale e dal conseguente ritardo nella preparazione. Il paradosso di giocare la partita dell’anno, nella seconda frazione, con il solo (seppur bravissimo) Kean a reggere l’attacco. Troppe defezioni che hanno spinto la squadra a premere sull’acceleratore con gli uomini contati in campionato, sono costate l’eliminazione dalla Coppa Italia e la disfatta senza storia in Europa.

Passando agli aspetti strettamente tecnici, i lancieri hanno azzerato il gap tattico puntando sul calcio totale che ha illuminato il mondo negli anni ‘70, in una frizzante riedizione di quanto raccontato dagli orange al mondo in quell’epoca. Le azioni dei lancieri hanno strappato applausi a tutti, lasciando inerme la difesa dei bianconeri, costretta a rincorrere in maniera confusa ed improvvisata gli avversari, quasi copiando il disastro del Real Madrid negli ottavi di finale. Applaudire gli avversari e riconoscerne la superiorità sul campo è esercizio complicato per tutti, non per la Juventus. Giù il cappello per la signorilità e lo stile del presidente Agnelli che in questi anni ha dato lezioni a tutti su come vincere e come perdere con stile. Le squadre di Serie A guardino e imparino, anche se temo sarà per loro l’ennesima occasione sprecata. Qualcosa è mancato anche sul piano della qualità, a partire dal centrocampo. Matuidi, Khedira, Bentancur e lo stesso Emre Can sono dei combattenti della mediana ma peccano in fase di costruzione, lasciando l’iniziativa del passaggio “illuminante” al solo Pjanic. In questo senso, l’arrivo di Ramsey innalzerà il tasso qualitativo della mediana, perché il gallese porta con sé un notevole bagaglio tecnico sia nell’ultimo passaggio che nella finalizzazione. I 64 gol realizzati in maglia Gunners parlano per lui. Anche l’arretramento di Bernardeschi sulla linea dei centrocampisti aggiungerebbe piedi buoni ed idee fresche ad una linea mediana troppo muscolare e a basso contenuto di fosforo. Tante idee, tanti esperimenti, che troveranno spazio nelle ultime giornate di campionato, in cui Allegri potrà imbastire nuovi progetti per la prossima stagione. La sua permanenza in panchina, anche in caso di mancato rinnovo, è stata confermata dalla dirigenza nell’immediato post Ajax. Che siano dichiarazioni di facciata o reali intenti non è dato sapersi. Sta di fatto che, per migliorare ancora, serviranno nuovi stimoli ed un rafforzamento importante sul mercato. Paratici e Nedved sono già al lavoro per continuare una striscia di successi accolta dagli sbadigli ma che profuma di leggenda.

© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport