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L'IMBOSCATA - Una sola strada per battere Gravina e Ceferin: la Juve vada al Tar e a Strasburgo per bloccare il campionato e congelare lista club per le coppe. Rovella, Transfermarkt e quello che Chinè non potrà mai spiegare

di Andrea Bosco

di Andrea Bosco 

Il problema non è se la Juventus sarà penalizzata in questo (o nel prossimo campionato) con una marea di punti superiore ai 10 comminati  da Giuseppe Chinè. Il problema (se la Juventus non è colpevole, se ha agito correttamente come ha sempre dichiarato) è se vuole vincere o piuttosto voglia solo dare l'impressione di cercare di “vincere“. Se la Juventus vuole davvero difendersi, e davvero vuole “vincere“ allora  deve andare al Tar. Deve bloccare il campionato. Deve fare quanto non fece (mal consigliata da  Luca Cordero di Montezemolo)  nel 2006:  andare al Tar.

Se la Juventus non ha percezione che è impossibile vincere senza abbattere Gabriele Gravina e la  sua  federazione, allora meglio  sarebbe accettasse le pene, compresa la serie B. E meglio sarebbe dirlo ai tifosi:  la Juventus che voi amate non esiste e non esisterà più. Se  Elkann e i suoi consiglieri  non hanno percezione di questo, significa che vivono sulla Luna.

Meglio sarebbe, allora, uscire dalla Borsa, meglio sarebbe vendere ad altri il club, meglio sarebbe dichiarare il “fallimento” di un progetto che non può essere rammendato. Pezo el tacòn del buso, dicono nella mia Laguna. Non c'è pezza possibile. Elkann che è un brillante uomo d'impresa dovrebbe saperlo:  quando sei in difficoltà è indispensabile alzare il livello dello scontro: altro che “patteggiamento“. E se vuoi azzoppare Ceferin (che sta ipotizzando di escluderti per due, forse tre stagioni dall'Europa, non solo dalla Champion's, dall'Europa tutta), sempre che non lo facciano il Tribunale di Madrid e l'Alta Corte Europea di Giustizia, alla devi rivolgerti al Tribunale dei Diritti Umani di Strasburgo, là dove la Juventus non si è mai rivolta, benché nel 2006 una relazione del celebre avvocato  J.M. Dupont  avesse indicato all'allora presidente Cobolli Gigli, quel “foro“ come l'unico in grado di farla  uscire  dalla melma di un processo  farsesco celebrato in poco più di una settimana e per ammissione di uno dei giudici di quel collegio (Sandulli, chi era costui?)  “sull'onda del sentire popolare “ . 

Non ci sono altre strade. Anzi: questo è il momento. Solo pochi  nell'opinione pubblica e tra i media stanno sposando la liceità (si fa per dire)  dell' azione di Chinè. Addirittura  il “nemico“ Mourinho ha inveito contro la Federazione, parlando pubblicamente di “campionato falsato“.  Lotito ha lodato la Juve. Di riforma  urgente della giustizia sportiva  hanno  parlato il ministro dello sport Abodi  e quello del Coni, Malagò. Dopo le parole i fatti, please: sarebbe ora.

Certo che se il maggiore quotidiano del Paese ti spiega  che  la giustizia  sportiva vigente è il massimo dell'equità, allora, “Houston, abbiamo un problema“. Quindi: se non ora, quando?  Peccato che ancora una volta l'indignazione  stia montando  solo  “dopo“ che la Juventus è stata “macellata“.

Le plusvalenze sono il sesso degli angeli. E  Giuseppe Chinè non potrà mai spiegare per quale motivo un Rovella acquistato per  tot milioni, oggi ne valga il triplo. Il dottor Chinè oltre che indottrinarsi su Transfermarkt dovrebbe farsi una vera cultura calcistica. 

Giuseppe Chinè, calabrese di Bovalino, essendo stato capo di gabinetto del governo Draghi deve essere una persona assai competente nel suo mestiere. E forse per questo Gravina lo ha scelto per l'incarico di procuratore  federale, dopo aver  congedato Giuseppe Pecararo.  Mi piacerebbe che spiegasse per quale motivo Giuseppe Chinè “da aggiunto“ a Latina  all'epoca del furto di passaporti e patenti in bianco alla Motorizzazione della cittadina laziale, non abbia amai mostrato, sul tema, un “sussulto“. Secondo il compianto ex procuratore federale Porceddu, tra quei passaporti figuravano anche quelli di alcuni calciatori:  compreso  quello di Alvaro Recoba.    

 Mi ha telefonato l'avvocato Massimo Durante  che lodevolmente sta mettendo a punto una piattaforma (tipo la Rousseau)  che si chiamerà “Identità bianconera“ , per discutere  (non del giocatore brocco o dell'allenatore da cambiare) ma dei mali e dei problemi che affliggono in calcio nostrano. Ho promesso di dare una mano. Spero saremo  in tanti.  

Voglio essere chiaro: se la Juventus risulterà colpevole io che sono prossimo ai 78 anni  e  che (per caso) ho cominciato a tifarla da quando ne avevo 7, dopo un orrendo Spal – Juventus visto con mio padre a Ferrara: rete di Karl Hansen,  la pretenderò “punita“ in tutte le sedi. E non importa se la mia sensazione sia che i numerosi errori prodotti da Andrea Agnelli (e dalla sua dirigenza), assieme agli scudetti e ai cento trofei, abbiano fatto da detonatore al  disastro che è sotto agli occhi di tutti.

Errori e invidia. Quando vinci troppo come più di uno ha detto “fai male al sistema“.  E questo è un paese democratico ma non  liberale.  Questo è paese che non perdona: il profitto al pari del successo. Chi troppo vince va fermato. Ma non c'è solo la  talebana giustizia sportiva.  La Juventus ha fatto il Tafazzi. C'è stata anche l'arroganza. I sogni mostruosamente proibiti di espansione e di vittoria. L'idea che un campione (Ronaldo) per quanto eccelso potesse bastare a  vincere in Europa. Gli errori di mercato e gli errori (bilancio in rosso) di gestione. L'incapacità di costruire una stabile “difesa“ mediatica  contro i reiterati attacchi  del sistema. Se non hai una vera strategia, se  ritieni inattaccabile la torre di cristallo nella quale vivi,  quotidianamente respiri nell'iperuranio: in  una “non“  realtà. E allora congedi i Marotta. E allora ti fai più nemici che amici. E allora non coltivi la politica. Che in un paese come l'Italia conta anche per l'assunzione di una donna delle pulizie.

Il club Juventus dopo la morte di Gianni e Umberto Agnelli ha vissuto  di ricordi, con l'idea di plasmare il presente e il futuro  con sistemi “nuovi“. Andrea Agnelli ebbe le intuizioni Marotta e Conte. Ma poi l'ego smisurato  alla fine prevalse e l'uomo dei 9 scudetti consecutivi, non sarà (purtroppo per lui) rammentato per questo non replicabile  palmares ma per aver distrutto la società della quale oltre che ex  presidente è  anche tifoso fin da  bambino. 

“Si vis pacem, para bellum“ recita un proverbio latino: se vuoi  la pace preparati alla guerra . La Juventus non l'ha fatto. E' andata contro chi le spara missili con le spade di legno. E tanto per rammentare: pendono ancora due ricorsi (non  rammento più in quali fori) relativi a Calciopoli e  alla richiesta  di togliere dalla bacheca dell'Inter lo “scudetto di cartone“. Tempo perso .

Forse è tardi per recuperare. Ma  se ancora esistono margini di recupero questi  si chiamano Tar (la cosa più temuta dal sistema, non a caso  quella parola è vietata tra i commentatori della carta stampata , quelli televisivi e quelli radiofonici) e Corte di Strasburgo.  Il Tar può bloccare il campionato. Può impedire  la ratifica della classifica. Può impedire  la consegna della medesima all'Uefa per l'iscrizione ai vari tornei. Tradotto: se vai al Tar puoi  distruggere il Palazzo. Se non ci va  troverai sempre un Petrucci ex presidente del Coni, attuale presidente della Federazione Basket che la  riforma della giustizia sportiva non la vuole. Lui ama gli inutili “tavoli della pace“. Quelli che fanno fare bella figura a lui e non servono ad una mazza. 

Pare che i tifosi abbiano in mente una eclatante forma di protesta contro la Federazione. Di qualsiasi cosa si tratti il mio auspicio è che sia fatta in forma pacifica. Questa Federazione  neppure vale il disprezzo. Figuriamoci la (eventuale) violenza.

Altri commentatori vi racconteranno del futuro di Allegri, di quello di Vlahovic, Rabiot e Di Maria. Qualcuno vi spiegherà che la Juventus vincendo le prossime due gare   potrebbe ancora arrivare in Champion's. Qualcuno (Evelina, ma cosa ti è saltato in mente?)  vi racconterà che la  “vendetta“ di Ceferin (con quella faccia da Kgb, quell'espressione da Stasi che ha lui, satrapo  del Potere)  sarà implacabile. E qualcuno parlerà anche di Juventus – Milan che una volta era un match di cartello. Oggi solo l'appendice dell'infamia accaduta lunedì scorso: l'annuncio della penalizzazione alla Juve di 10 punti mentre la squadra usciva dallo spogliatoio prima di Empoli-Juve.  Vai Chinè, che vai forte. Chinè, l'uomo che è riuscito, a smentire se stesso: 9 punti di penalizzazione  nel primo processo. Poi 15 senza fare un plisset per l'afflittività: (pensa che persino il correttore automatico segnala in rosso  trattarsi di cazzata)  di Torquemada Torsello. Ora 10. Che gente questi federali! Del resto ci fu un presidente (federale, federale)  che  (avvolto in Aristotele e Platone ) “decise di non decidere“. Questi sono. E non cambieranno.