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L'IMBOSCATA - Marotta fa spegnere subito le polemiche, ma senza aiuti reiterati Inter sarebbe seconda. Le procure, Chinè e lo "scandalo" Dragusin. Cosa sta cucinando lo chef Gravina. Giovani + senatori, tanta roba questa Juve

di Andrea Bosco

Le polemiche, se non riguardano la Juventus, evaporano in fretta. Sabato è andato  in scena al Meazza l'ennesimo “fattaccio“ di questa stagione che riguarda l'Inter. Prima in classifica con merito, nessuno lo discute. Ma senza  alcuni reiterati “aiuti“, sarebbe seconda. Il  mercoledì mattina la polemica si  era  già  “sgonfiata“. L'abilissimo Beppe Marotta (leggere  l'illuminante articolo del direttore del “Corriere dello Sport“, Ivan Zazzaroni)  dopo essersi  “lavorato“ l'ambiente,  ha ottenuto un rapido “oblio“. Nessuno rammenterà (per decenni),  la “stecca” di Bastoni sul volto di un avversario.  Si chiama Bastoni, non Iuliano.

A Torino sono diventati “amici“ del Gravina.  Il presidente federale che sta pensando ad una riforma dei campionati. Come?  Lasciamo stare la riduzione del numero delle partecipanti: i  peones si oppongono. Avendo “diritto di veto“ sono in grado di bloccare qualsiasi riforma. Gravina dovrebbe ipotizzare di  cambiare le regole a “maggioranza“, visto che l'unanimità, mai la otterrà . E invece a cosa sta pensando Gravina? Ad  una boiata...  Signori: ecco il campionato  pulp  come neppure Tarantino avrebbe potuto immaginare.  Play off incrociati  tra  serie A , serie B, serie C, serie D. Acida macedonia: chef  Gravina Gabriele.  

Aggrovigliate,  in un paese “normale“, dovrebbero  essere  le  posizioni  della Procura di Torino e di quella  Federale. Si chiama Dragusin: uno degli “scandali“ relativi alle plusvalenze per i quali la Juventus è stata barbaramente penalizzata. Oggi Dragusin volerà in Inghilterra con un cartellino sulle spalle dalla  quotazione mostruosa: 30 milioni.  Arricchirà il Genoa che ne detiene la proprietà e in parte anche la Juventus, stante gli accordi precedentemente stipulati. Quindi? Quindi di calcio, chi si occupa di legge, proprio non capisce. E visto che non capisce dovrebbe evitare di sindacare. O di reputare che i siti specializzati siano (come è stato fatto) il Vangelo. Inutile chiedere conto della cosa al Procuratore Federale, Chinè: vi riderebbe in faccia . 

Paolo Casarin,  il migliore mai espresso in Italia e uno dei migliori nel mondo,  ha spiegato che  la Var (è femmina, ragazzi,  e come  recita l'immortale opera di Giuseppe Verdi “mobil , qual piuma al vento: muta d'accento e di pensiero“) è stata “adottata per disperazione“.  Considerato che il povero arbitro in  campo era assistito solo dall'esperienza, dall'intuito e dalla vista. Mentre tutti gli altri, in panchina e in tribuna,  avevano a  disposizione  tecnologia che sovente “sputtanava“ il direttore di gara. Essendo “giovane“ la  Var deve crescere. Per ora essendo “bambina“, piscia, scagazza e ti vomita in faccia: come fanno – seguendo la natura – i piccini. 

L'articolo di Casarin (Corriere della Sera, 11 gennaio 2024  pag 42) è esemplare  per lucidità.  Quella che all'Aia (e non solo all'Aia)  non hanno. Non ce  l'ha Rocchi , non ce l'ha Collina, non ce l'ha Rosetti.  Perché? Perché  il protocollo fa schifo: ognuno lo applica secondo le proprie inclinazioni. E perché aver messo dietro alla Var altri arbitri e non (esclusivamente) tecnici informatici ha  costruito un meccanismo infernale: arbitri contro altri arbitri. Se un arbitro a Lissone, richiama al monitor un arbitro di campo, quell'arbitro prende a fine gara un punteggio  basso. Tradotto: perde quattrini . Se  è stato richiamato, significa che ha sbagliato.  Ergo, le due categorie,  (bravi o pipponi siano gli arbitri), sono in competizione.

In  teoria, il varista, usa  una supercar rispetto alla station wagon che adopera l'arbitro.  Ma  spesso l'arbitro di campo è un internazionale, e quello alla Var un praticante. Il praticante difficilmente se la sente di  richiamare“ l'internazionale anche in caso “di chiaro ed evidente errore“ , tanto per restare alle tavole della Legge. Quindi se alla  Var,  mettiamo, c'è Nasca e  in campo (sempre mettiamo)  contemporaneamente  c'è Massa  e una delle due squadre (a caso)  porta la maglia nero-azzurra il cortocircuito è assicurato.  Ma  dipende dall'intensità dei colori. Un allenatore ha segnalato il fatto che da oltre un anno la sua squadra non viene gratificata  da un calcio di rigore. Non mi stupisco. Negli anni Sessanta una squadra,  per tre anni  (tre stagioni di fila) non fu penalizzata con un calci di rigore. 

Tutti (tranne gli interisti) hanno bocciato in questi giorni l'operato di Fabbri (e dei  varisti)  al Meazza in Inter – Verona.  Tutti: ex allenatori, ex calciatori, ex dirigenti, opinionisti della radio, della  carta stampata, della televisione.  Ma il calcio non ha intenzione di cambiare. Non farà mai come  il basket, il tennis, il football americano. Non concederà mai “la chiamata“ da parte di allenatori o giocatori in campo. Gli arbitri perderebbero (sia pure in parte)  la propria discrezionalità e il proprio potere.  

La  tecnologia non deve diventare  petulante  tirannia. Con chiamate grottesche per fuorigioco millimetrici e  conseguenti gol annullati. Solo chi è ottenebrato può spiegare  che la “Var è democrazia“. Anche i sanculotti, si reputavano “democratici“: non lo erano. Erano tagliagole . 

Sono quattro le reti della Juventus contro il Frosinone che hanno assicurato la semifinale in Coppa Italia contro la Lazio. Va bene, oppure sono “solo“ quattro reti? Milik ne fa tre, uno il turco Yildiz che non sembrava in serata, ma che poi la “pera“ la mette al volo, impreziosendo il suo taccuino di viaggio. Tanta roba la Juventus e  bravi i giovani, solidi i senatori. La Juventus chiede solo il “suo“.  Chiede non sia dato , oltre il lecito, ad altri. Poi chi è più bravo vincerà. A patto che nessuno giochi “in dodici“.  


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