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Ricordate quel giorno? MILAN-JUVENTUS

di Stefano Bedeschi

10 gennaio 1960 – Stadio San Siro di Milano
MILAN-JUVENTUS 0-2
Milan: Ghezzi; Fontana e Trebbi; Liedholm, Maldini e De Angelis; Bean, Schiaffino, Altafini, Grillo e Danova. Allenatore: Bonizzoni
Juventus: Mattrel; Castano e Sarti; Leonini, Cervato e Colombo; Nicolé, Boniperti, Charles, Sivori e Stacchini. Allenatore: Cesarini
Arbitro: Adani di Roma.
Marcatori: Stacchini al 50’, Cervato al 79’.
Otto punti sulla Fiorentina, un attacco più che micidiale capace di realizzare novantadue reti, la consacrazione definitiva di alcuni fuoriclasse presenti in squadra. Nella stagione 1959-60 la Juve rimette le cose a posto dopo che, dall’Argentina, è tornato un vecchio amico: Renato Cesarini, proprio lui, l’attaccante anni Trenta da tempo divenuto allenatore. Cè conosce il calcio e gli uomini come pochi: Omar Sivori torna quello di un tempo, tutto dribbling, goal (ben trentuno in totale) e calzettoni abbassati, Charles segna a ripetizione (per lui ventisei reti). È la coppia più bella del mondo, non c’è dubbio: nessuna difesa sa resistere alla potenza del gallese e alla classe del sudamericano. In porta si danno il cambio due giovani: Bruno Mattrel e Giovanni Vavassori, il primo lanciato da Broćić e il secondo preferito da Cesarini. Saranno accomunati da un identico, sfortunato destino.

“HURRÀ JUVENTUS”
Non è ancora stata esaurita la prima parte del campionato e già la Juventus si propone come candidata numero uno per la conquista dello scudetto. Durante l’estate la squadra bianconera ha assestato la difesa con gli acquisti del terzino sinistro Benito Sarti dalla Sampdoria e del centromediano Sergio Cervato dalla Fiorentina. Cervato, che ha già trent’anni, è stato pagato quaranta milioni di lire. Una cifra apparsa esagerata per un difensore non più giovane, ma il prode Sergio dimostra gara dopo gara che quelli sono stati soldi spesi bene. Inoltre, in prima linea, Charles e Sivori hanno ritrovato la loro miglior vena realizzativa. Il Milan difende come può il titolo conquistato la stagione precedente. I veterani Liedholm e Schiaffino cominciano a perdere qualche colpo.

VITTORIO POZZO, DA “STAMPA SERA”
Un risultato che fa una grinza sola: quella di non riflettere nel tono e nelle proporzioni volute la superiorità esercitata dai bianconeri nel corso dell’intera partita. Per noi, un 4-0, invece di un 2-0, avrebbe meglio fotografato la situazione. Una netta differenza di stile, di classe e di efficienza divide, in questo momento, la Juventus dal Milan. Esaminati sulla prova di ieri, i rossoneri sono l'ombra della decisa, vigorosa e volitiva compagine della stagione scorsa. Lo sono come grado di forma dei singoli elementi che compongono l’unità, lo sono come rendimento complessivo di squadra. La sua difesa è stata ieri posta in estrema difficoltà, se non proprio travolta, in tutta una quantità di occasioni. Essa deve alla bravura di Ghezzi se non è stata battuta tante volte nel primo tempo della partita, quanto lo è stata poi nella seconda. E il suo attacco, dopo di non avere messo assieme una sola azione degna di rilievo, diciamo una sola, nei primi quarantacinque minuti, non è emerso che verso il termine della gara, in rabbiosa reazione a quanto stava avvenendo, in due avanzate degne di successo: una di esse fu nettamente mancata da un irriconoscibile Altafini, mentre nell'altra il tiro, partito dal piede di Bean, trovò in Mattrel la risposta di una grande parata a terra. Altro nulla. Un giuoco che, se si eccettua un breve periodo del secondo tempo, pareva più preoccupato di distruggere che di costruire ai sensi delle teorie moderne imperanti. Chi, come noi, non vedeva più all'opera da qualche tempo l'undici campione d'Italia, riteneva che il riposo dovuto all'ultima partita internazionale avesse giovato alla squadra permettendo agli uomini di rientrare in possesso di quelli che erano stati, fino a poco tempo fa, i loro mezzi migliori. Per la partita venne anche ricuperato, come attaccante, Schiaffino. E il giuoco della prima linea risultò invece scucito e slegato, come e più di prima. Tanto da autorizzare alla conclusione, che a un Milan operante in simil modo in una partita di grande importanza, e per di più sul proprio campo, non possa tornare normalmente possibile di riconquistare il titolo di campione. Tanto da costringere a ben tristi deduzioni sul vero valore del calcio nostro, se esso Milan dovesse, anche solo in questo periodo, occupare il primo posto della classifica. Spiace di doverci esprimere in simili termini a proposito di una compagine che ha un gran nome e che viene comunemente annoverata fra le nostre migliori ma certe verità vanno dette nude e crude come l'occasione comporta.
La Juventus può viceversa elencare questa sua prova di San Siro, come una delle sue migliori della stagione. Più come efficienza dell'assieme che come comportamento brillante dei singoli uomini suoi, in genere. Da qualche settimana a questa parte, l'undici bianconero pareva in maggiore o minore ribasso, appunto in quanto a consistenza collettiva. Ieri, di colpo, in circostanze d'ambiente difficili, e contro un avversario ritenuto agguerrito, l'undici stesso ha compiuto tutto un gran balzo verso l'alto. E forse l'intesa e l'accordo della squadra hanno eclissato un po' il valore dei singoli, perché ognuno ha posto le sue capacità e possibilità al servizio del funzionamento e del rendimento dell’unità, veramente intesa come tale. Di prodezze individuali, se si eccettua qualche sprazzo di Stacchini e, occasionalmente, di qualcun altro, se ne sono viste poche: s'è visto invece un blocco d'uomini lavorare in difesa e all'attacco, compatto, unito, concorde come raramente finora. Si è assistito a del vero lavoro di squadra. E il risultato dello sforzo simultaneo ha coronato la fatica di tutti. Ci si lasci ripetere quello che abbiamo già detto tante volte: che il giuoco è bello quando si vede vincere una squadra che gioca bene. È il successo che corona l'opera.
L'incontro si è svolto in circostanze alquanto inattese. Avvicinandosi a Milano nella mattinata, ognuno aveva la convinzione che la gara non avrebbe potuto avere luogo. Ciò, per una nevicata fitta, abbondante e consistente, che aveva infierito e stava infierendo sull’intera Pianura Padana. Dieci, venti, trenta centimetri di neve a seconda delle località, un po' dappertutto. A Milano invece, tregua degli elementi; al centro della città assolutamente nulla, e alla periferia una specie di spruzzatina di un paio di centimetri al massimo. Verso l'ora dell'inizio, perfin un raggio di sole venne a fare capolino. Il terreno di giuoco venne ripulito, data l'ora avanzata, nelle sole aree di rigore e nel circolo del centro. Il rimanente venne lasciato come era. E il freddo pungente della giornata, subito trasformò il campo in una dura pista. Il primo dei due tempi si chiuse in bianco: 0-0. Grazie essenzialmente a tre parate del portiere Ghezzi, l'una più bella dell'altra. Il guardiano della rete doveva, durante tutta la durata della partita, fornire la dimostrazione incontrovertibile di essere l'uomo più in forma dell'undici milanista. La fortuna aiuta gli audaci, e perfino uno dei montanti venne ad aiutare Ghezzi al momento di un pericoloso centro partito, quasi a bruciapelo, dal piede di Charles. All'altro estremo del campo invece, Mattrel, come già detto, non veniva chiamato a una sola parata che potesse venire definita come pericolosa. La prima linea rossonera pareva volesse ogni volta partire da lontano, per cogliere l'avversario di contropiede, ma non ne azzeccava proprio una: il suo elemento più preciso, ma anche il meno efficace, era Schiaffino.
Al termine del tempo, un’opinione sola poteva ritenersi diffusa nella massa degli osservatori: quella che la Juventus fosse di gran lunga la migliore delle due squadre, e che essa non avesse potuto, o saputo, dare una forma concreta e una sostanza solida alla superiorità territoriale e tecnica dimostrata. Se i bianconeri avessero chiuso col vantaggio di un paio di reti quella, prima parte dell'incontro, nessuno forse avrebbe trovato a ridire. Quello che non era avvenuto nel primo tempo, doveva però avvenire nel secondo nuovo forte periodo di supremazia torinese. A un certo punto, parte dal piede di Castano, che si è fatto avanti, un lungo tiro alto in direzione della destra della porta difesa da Ghezzi. Il portiere scatta, si distende nel volo, e coll'aiuto del palo respinge verso la sinistra juventina. Qui arriva in corsa Stacchini, che sta facendo quello che vuole del terzino Fontana. Stacchini, l'alpino, non tergiversa gran che questa volta: spara forte a mezza altezza, colpisce il montante sulla sinistra del portiere, e, di rimbalzo, la palla schizza in rete. Fu allora che si vide e si udì di quale massa fosse composto l'esercito dei sostenitori bianconeri. Contenuta l’evanescente reazione dei rossoneri, dalle file dei quali nessuno riusciva a emergere con una prodezza degna di menzione, la Juventus tornava presto all'attacco. E insisteva, fino a quando, poco prima della mezz'ora, Charles veniva atterrato proprio sul limite dell'area di rigore milanista. Arrivava lo specialista Cervato. Il suo tiro, un gioiello di precisione, sfiorava a sinistra l'elemento estremo dello sbarramento rossonero, e a filo del palo retrostante penetrava in rete, senza che Ghezzi potesse nemmeno accennare a intervenire. 2-0. Avanti Liedholm, avanti Maldini per il Milan, nella speranza di diminuire lo svantaggio Altafini sbaglia un'occasione, e Mattrel para un forte tiro basso che proviene dalla sinistra. E la Juventus vince per 2-0 e si assicura i due punti che tanto peso eserciteranno sulla classifica.
 


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