Ricordate quel giorno? JUVENTUS-SAMDORIA
11 febbraio 1951 – Stadio Comunale di Torino
JUVENTUS-SAMPDORIA 7-2
JUVENTUS: Viola; Bertuccelli e Manente; Mari, Parola e Bizzotto; Muccinelli, Karl Aage Hansen, Boniperti, John Hansen e Præst. Allenatore: Carver
SAMPDORIA: Reverchon; Gratton e Arrighini; Gaerd, Ballico e Bertani; Lucentini, Bassetto, Gei, Coscia e Sabbatella. Allenatore: Foni
ARBITRO: Corallo di Lecce
MARCATORI: John Hansen 7’, Coscia 15’, Karl Aage Hansen 25’ e 31’, Sabbatella 35’, John Hansen 61’, Muccinelli 69’, Karl Aage Hansen 71’, Præst 85’
È un campionato amaro per la Juventus, che non riesce a bissare il titolo dell’anno precedente. Lo scudetto è vinto dal Milan che precede di un solo punto i “cugini” neroazzurri. Per la compagine di Carver, c’è solo un modesto terzo posto a ben sei lunghezze dai rossoneri, nonostante siano arrivati due giocatori importanti a rinforzare la rosa bianconera. Il primo è il danese Karl Aage Hansen (solamente omonimo di John), possente centrocampista che sarà il capocannoniere juventino con ventitré reti. Il secondo è uno stopper insuperabile, soprattutto nel gioco aereo, grazie al suo fisico granitico. Il suo nome è Rino Ferrario, per tutti Mobilia. Alla fine di questa stagione, Carver verrà esonerato, anche a causa di un’intervista rilascia a un quotidiano sportivo, nella quale spara a zero contro la società bianconera, colpevole (a suo dire) di non puntare sui giovani italiani, preferendo il mercato straniero. Fatto sta che il britannico sarà sostituito da due uomini di provata fede juventina: Giampiero Combi e Luigi Bertolini.
VITTORIO POZZO, DA “STAMPA SERA”
A dire del modo in cui sono stati segnati i sette punti juventini e i due sampdoriani, e a raccontare come sono state mancate occasioni da rete in quantità forse uguale a quella di cui si trasse profitto, occorrerebbe l’intero spazio di cui si può disporre in questa edizione del giornale. Aveva piovuto e pioveva, e il campo viscido e slittante, più che fangoso, presentava condizioni d’azione sfavorevolissime a chi doveva difendersi e ideali per chi doveva attaccare. Di queste circostanze d’ambiente fu fatto uso discreto da parte dei liguri, due reti inflitte alla difesa più salda d’Italia, e sul terreno della medesima, sono pur sempre un bottino non disprezzabile, e fu fatto uso e non abuso da parte dei torinesi, per quanto la considerazione paia non andar soverchiamente d’accordo col quantitativo dei palloni che hanno battuto il valdostano Reverchon. Sono stati sette, questi palloni, ma potevano benissimo salire al numero di quattordici, e nessuno avrebbe potuto trovare nulla a ridire. Che cinque furono le occasioni in cui, a portiere nettamente battuto, il palo respinse i tiri degli avanti juventini, e una volta Boniperti, che doveva essere l’unico della linea a non raccoglier messe, scavalcò il portiere, tirò da due metri di distanza, si volse per ricevere le congratulazioni, e, soltanto al non riceverle si accorse di aver spedito la palla dal lato errato del montante, fuori bersaglio invece che dentro. V’era da salire a cifra incredibile, come punteggio: è stata mancata l’occasione per stabilire un primato imbattibile per partite di Divisione A.
Con tutto ciò, la Sampdoria non si portò in modo disastroso. Si difese con energia, attaccò sovente e con insistenza, e fu più volte sul punto di migliorare la sua situazione. Il torto era del tempo e del campo: era la giornata che era da palloni in rete. La Sampdoria, che non è quest’anno un’unità dal valore notevole, ha questo di simpatico nel suo comportamento in campo: che non si chiude ostinatamente in difesa, che non si dedica esclusivamente ad opera demolitrice. Tira avanti per la sua strada, giuoca e lascia giuocare. E, spinta dal vento in poppa delle circostanze favorevoli, la Juventus, una volta tanto si trovò davanti qualcuno che non pensava puramente ad arginare e a fare blocco, fece man bassa. In netta contraddizione col punteggio, il giuoco ha quindi sempre avuto carattere aperto: gli attacchi partivano da lontano e potevano piombare in area in modo da approfittare delle condizioni del terreno. Le azioni dotate di interesse si sono così moltiplicate, e nessuno dei punti segnati ha avuto natura banale o casuale. Il primo fu opera di John Hansen, che su calcio di punizione, vide la palla sfiorare un avversario, perder forza e cadere alle spalle del portiere, proprio come era successo al granata Buttarelli, quindici giorni fa, contro la Fiorentina. Scherzi della palla pesante L’ultimo fu appannaggio di Præst, che, una volta tanto, volle dimostrare di saper lottare, e, spinto e risospinto, resistette alla carica, e terminò una lunga corsa con un tiro basso, contro la potenza del quale il portiere non poté opporre difesa. E frammezzo, sventole che fecero tremare i montanti e la traversa, e tiri prepotenti che batterono il portiere, come uno di quelli partiti dal piede di Karl Hansen o tocchi maliziosi come quello riuscito a Muccinelli nel secondo tempo.
Le reti della Sampdoria, che anch’esse avrebbero potuto, data la giornata e l’ambiente, essere maggiori in numero, ricevettero il tocco finale, il primo da Coscia, e il secondo da ignoti, da una cooperativa di giuocatori, Sabbatella essendone il maggior responsabile sampdoriano. Il primo originò da un calcio di punizione sulla destra: Coscia, ritornato fra gli avanti, ricevette il traversone alto dello svedese Gaerd, e di testa spedì la palla sulla sinistra del portiere, fuori della portata di quest’ultimo. Il secondo fu dovuto a una mischia in cui la palla fu toccata e deviata da parecchi fra liguri e piemontesi, e in cui Viola fece una gran parata alta e stava per farne una seconda, quando Bertuccelli, davanti a lui, oltre la linea della porta, deviò un tiro di Sabbatella. La Juventus aveva in campo diversi giuocatori adatti alle circostanze: uomini da pioggia, da acqua, uomini giusti al posto giusto. Non si fecero pregare: è il caso di dire che guazzarono nelle circostanze. Si parla sul serio, quando si dice che fa Sampdoria ha giuocato meglio in questa partita dal risultato disastroso, che in certi incontri recenti chiusisi per essa con esito favorevole. L’azione della sua prima linea non è stata continuativa, ma ha avuto sprazzi notevoli. Bassetto accenna a riprendere fiducia in sé e a ritornare in forma. Partite del tipo di questa sono tecnicamente e spettacolarmente interessanti; offrono possibilità di lavoro maschio e intelligente. Peccato che esse non invitino troppo gli spettatori: ci vorrebbero le tribune coperte tutt’attorno al campo. Sono belle da vedere. E producono reti: quello che il pubblico vuole.
Acquista il libro "Di punta e di tacco" scritto da Stefano Bedeschi
Acquista il libro "Il pallone racconta" scritto da Stefano Bedeschi