Una vittoria contro il Grifone per riprendere a volare. E alla "Viareggio Cup"...
Una Zebra irriconoscibile contro un Grifone dalle ali danneggiate. Una Juventus diversa rispetto all’immagine che ha dato di sé nel corso della sua storia contro un Genoa che, come numero di indisponibili ed infortunati, dimostra di voler tenere testa ai bianconeri prima ancora che l’incontro abbia inizio (fuori Moretti, Kharja, Jankovic, Palladino, Palacio, Tomovic e Juric).
Lontana (o esclusa) dagli obiettivi posti a inizio stagione, alla Juventus non rimane che tornare a vincere per trovare una sua nuova dimensione. Inutile stilare tabelle: bloccata nel traffico del centro-alta classifica, solo con tre punti accumulati ogni fine settimana può sperare di tirarsi fuori dalle sabbie mobili nelle quali è immersa. Ai continui proclami di una ripresa annunciata, voluta ma non ancora compiuta dopo il cambio alla guida della panchina, ad oggi ci sono stati due pareggi soltanto. Utili per smuoversi da quel "33 punti" diventato ormai un marchio di fabbrica; inutili per migliorare l’agonia che la pervade da mesi.
Il Milan vince contro l’Udinese, la Roma strapazza il Palermo: a loro il balletto delle due "finte contendenti" dello scudetto all’Inter. Resta il fatto, però, che di questo passo il secondo ed il terzo posto risulteranno essere posti già assegnati. Dal Napoli in giù, basta poco per rivoltare la griglia della domenica sera: solo con i pareggi, però, non si va lontano.
Juventus e Genoa: da qualche anno società amiche dietro le scrivanie, con giocatori in prestito o in comproprietà, ed un allenatore, Gasperini, più volte accostato a quella panchina bianconera che fu già sua in passato (nelle giovanili) e che non è escluso possa nuovamente rivederlo come protagonista. Prandelli permettendo, a quanto sembra dai rumors del mercato pallonaro.
Il mercato, quello di un futuro ancora da tracciare alla luce del sole, ma che sotto sotto sembra muovere i primi passi. Quello che potrà sbloccarsi solo quando si capirà quale posizione la Juventus raggiungerà nel corso di questa dannata stagione (con i relativi futuri introiti), e quando si delineerà in via definitiva l’assetto societario che dovrà portare avanti la ricostruzione di una Vecchia Signora che avrà bisogno di più di una ritoccata per tornare ad essere bella. E vincente.
All’andata, nel posticipo del giovedì del turno infrasettimanale (antipasto di quel calcio-spezzatino cui giocoforza ci dovremo abituare) si ammirò una delle Juventus migliori del campionato. Una delle poche: non c’era Diego; la luce l’accese Camoranesi; Iaquinta e Amauri sfiancarono i grifoni già a partire dal loro possesso palla difensivo. Il rombo a centrocampo trasformato in un 4-3-3; un movimento continuo dei giocatori che - da quel momento in poi - si è visto pochissimo nel prosieguo della stagione. L’idea di forza, di possanza fisica, di compattezza: non si era ancora ammirato nulla di simile nelle quattro giornate precedenti (le prime); non si è più visto (tranne la partita contro la Sampdoria) tutto questo da quel momento in poi. Una Juventus che assomigliava ad una di quelle del passato. Una di quelle di Lippi…
Il passato come memoria storica, un presente incerto, un futuro da costruire. Utilizzando, se possibile, le forze fresche provenienti dalla Primavera bianconera. Quella squadra che ha raggiunto, nuovamente, la finale della "Viareggio Cup": domani rivincita con l’Empoli, già affrontata (e battuta) nel 2004. Dal 2003 al 2009: 7 edizioni, di cui 4 vinte ed una persa in finale. Ad oggi, l’unico elemento pronto per la prima squadra (nell’attesa di De Ceglie e Giovinco) è Marchisio. Si parla spesso di giovani da lanciare, in Italia, sui quali costruire le squadre per trovare in casa quello che si è costretti, in loro mancanza, ad acquistare fuori. Poi, però, si preferisce "l’usato sicuro". Che tanto "sicuro" non è. Manca l’anello di congiunzione tra le giovanili e la prima squadra; manca la capacità di individuare le società giuste cui affidare, temporaneamente, i giovani da far crescere. Sia nella serie cadetta che in quella maggiore. Si cerca spesso la comproprietà, invece di un prestito secco: l’esplosione di un giovane, in questo senso, a volte finisce per diventare un problema. Perché la metà da riacquistare diventa troppo onerosa ed in alcuni casi, proprio per la paura di puntare su un mondo da esplorare (un ragazzo) e di sbagliare, si preferisce lasciarlo andare. Sono pochi, infine, i ragazzi in grado di fare il grande salto nel calcio che conta. Ma il solo Marchisio, ad oggi, non può essere l’unico prodotto garantito di tante vittorie. Qualcosa manca, qualcosa va aggiustato anche in quel settore. Se ne riparlerà dopo lunedì. Nella speranza di mettere un altro trofeo in bacheca. E che il futuro possa essere costruito (anche) in casa.