.

SI FESTEGGIA? NO, SI PENSA ALLA PROSSIMA PARTITA

di Thomas Bertacchini

"Da giocatore mi facevo scivolare le vittorie addosso, per ritrovare le motivazioni. Adesso, invece, la Juve deve dimenticare le sconfitte, guardare al presente e progettare il domani".
Antonio Conte già in estate, nel periodo del ritiro precampionato della sua squadra a Bardonecchia, aveva le idee chiare: l’unico modo per ritrovare il famoso "spirito Juve" era quello di cominciare, da subito, a riprendere confidenza con i precetti tipici della scuola di Madama.

Dopo l’abbuffata di goals dell’esordio stagionale contro il Parma, la trasferta di Siena rappresentava il classico ostacolo sul quale in passato la Vecchia Signora inciampava spesso e malvolentieri. Lo aveva confermato anche Del Piero qualche giorno prima dell’incontro: "L’anno scorso proprio le cosiddette piccole ci hanno fatto un mazzo così…".

Con l’ingresso in campo del numero dieci bianconero, avvenuto al trentunesimo minuto della ripresa al posto di Matri (il match winner della giornata), è salito a cinque il numero degli attuali calciatori juventini presenti sul rettangolo di gioco che fecero parte della trionfale spedizione della nazionale azzurra in Germania in occasione dei mondiali di calcio del 2006: oltre a lui c’erano pure Buffon, Barzagli, Pirlo e Grosso. Da loro, alcuni tra gli uomini con maggiore esperienza nella rosa, il nuovo tecnico si aspetta un aiuto importante nella gestione del gruppo, in previsione dei momenti nei quali arriveranno le prime difficoltà.

Recentemente intervistato da Nicola Calzaretta (nel numero del mese di agosto 2011 di "GS", evoluzione dello storico settimanale "Guerin Sportivo") Francesco Morini, colonna difensiva di Madama negli anni '70, ha raccontato i principali passaggi storici che portarono alla nascita del ciclo vincente della Juventus di Giampiero Boniperti e Giovanni Trapattoni.

Il tecnico di Cusano Milanino rappresentava la giovane scommessa fatta da un uomo di esperienza e dalle grandi intuizioni quale fu lo stesso Boniperti: "Trapattoni è stato bravissimo a sapersi inserire con noi. Quelli più scafati come me, Zoff e Furino gli hanno dato una grande mano. Per un allenatore è fondamentale trovare buoni giocatori".

All’epoca dei fatti (1976) la Juventus aveva vinto sedici scudetti, conquistato la prima stella e portato a casa cinque coppe Italia. Era già, in sintesi, la fidanzata d’Italia, e non aveva la necessità di alzarsi al mattino e domandarsi tutti i giorni se avrebbe lottato per il tricolore o in quale posizione si trovava nella griglia delle favorite per il successo finale.

Aveva ripreso a collezionare trofei nel 1972 dopo un decennio costellato da fallimenti (solo due titoli - un tricolore ed una coppa - all’attivo), nonostante tutto era comunque alla ricerca di quella continuità che le potesse consentire di rimanere ai vertici il più a lungo possibile. "Una cosa fatta bene può essere fatta meglio", amava ripetere l’Avvocato Agnelli.

Spinta dalla carica dell’allenatore la nuova Juventus sembra non perdere di vista la sua attuale realtà: "I complimenti sono sicuramente graditi, ma complessivamente immeritati… La nostra strada è ancora lunga. Qui siamo alle fondamenta, nessuno dei miei ragazzi deve toglierselo dalla testa". Con queste parole il tecnico juventino ha ammonito la squadra prima della gara della scorsa domenica, invitandola a non abbassare la guardia.

Dopo, accertato che anche Sannino (il tecnico dei toscani) era riuscito nell’obiettivo di evitare che i suoi uomini facessero le "comparse" al cospetto della festa organizzata per il ritorno di Conte a Siena, ha potuto esprimere la propria soddisfazione per la risposta ottenuta: "Abbiamo giocato da grande squadra con l’atteggiamento della provinciale. In campi come questo se arrivi senza la mentalità giusta ti mangiano".

All’orizzonte della Vecchia Signora adesso ci saranno, in successione, gli impegni con il Bologna (in casa, nel suo nuovo stadio), Catania (in trasferta) e poi - finalmente - l’incontro a Torino con il Milan, tappa utile per capire la reale consistenza della truppa bianconera. Per pensare ai rossoneri, però, ci sarà tempo: un passo alla volta, così come scritto nei precetti della scuola di Madama.

A conferma di ciò, nel ricordare i momenti successivi al primo storico successo della Juventus in Europa (la coppa UEFA conquistata contro l’Athelic Bilbao nel 1977), ancora Morini confessò: "Festeggiato? Facemmo in tempo a bere un pò di spumante, poi Boniperti ci richiamò all'ordine perché la domenica dopo c’era l’ultima di campionato con la Sampdoria, il Toro era ad un punto".

La vittoria più importante è sempre quella che deve ancora arrivare: "Ero in Canada, tiravo gli ultimi calci con il Toronto Blizzard. Un giorno mi chiama l’Avvocato: 'Morini, la smetta di fare il coglione in giro per l’America. Torni da noi a fare il Direttore sportivo'. Mi avevano offerto di dirigere una scuola calcio, mi davano 150mila dollari all’anno. Sono tornato a Torino per 3 milioni lordi al mese. Ma alla Juve potevo dire di no?".
No, non poteva farlo: la sua storia in bianconero non era ancora terminata.
Infatti non lo fece.


Altre notizie
PUBBLICITÀ