PLUSVALENZE, IL PRECEDENTE DICE QUESTO, PERCHE' PER LA JUVE NON VALE?
C'è un precedente che dovrebbe far riflettere sul caso delle plusvalenze e che riguarda quello tra Cesena e Chievo, una situazione molto diversa, con un quadro accusatorio che era ben più pesante di quello della Juventus, infatti per Chievo Verona e Cesena le plusvalenze erano fondamentali per l'iscrizione al campionato. Si scambiarono giocatori praticamente inesistenti.
Le due società di Chievo Verona e Cesena erano state deferite per aver sottoscritto le variazioni di tesseramento di alcuni calciatori indicando un corrispettivo superiore al reale e per aver contabilizzato nei bilanci plusvalenze fittizie e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo stabilito dalle norme che regolano i bilanci delle società di capitali, condotte finalizzate a far apparire un patrimonio netto superiore a quello esistente alla fine di ciascun esercizio e ciascun semestre così da ottenere la Licenza Nazionale e l'iscrizione al campionato delle stagioni 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018.
Le due squadre non avevano fatto operazioni come la Juventus che prevedevano un totalte del 3% su tutto il fatturato, ma tali da permettere la licenza di iscrizione al Campionato.
La sentenza per il Chievo era poi la seguente: il Tribunale Nazionale Federale della Figc ha punito il Chievo Verona con tre punti di penalizzazione da scontare in questo campionato, per la vicenda delle plusvalenze fittizie. La sentenza prevede anche un'ammenda di duecentomila euro al club clivense e tre mesi di squalifica per il presidente della società veneta Luca Campedelli.
Tra l'altro le due formazioni sono poi fallite, indipendentemente dalla sentenza, che già evidenzia come quanto fatto alla Juventus sia una palese ingiustizia ed una pena che non è minimamente congrua rispetto a quanto eventualmente svolto.
Basterebbe questa sentenza per stabilire un precedente che non ammette repliche.