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Per la Juventus l'ultima partita del 2009 e uno sguardo al futuro

di Thomas Bertacchini

Ancora l’Ajax sulla nostra strada europea. Non si parli di rivincite o di partita prestigiosa: non è la finale, ma sono i sedicesimi; non è la Champions League, ma si tratta della sorella minore Europa League; è una Juventus diversa, così come - fortuna vuole - anche i lancieri di Amsterdam non sono più quelli di una volta. Sono terminati i paracaduti da usare: se si esce da qui (eliminazione diretta con incontri di andata e ritorno) non si retrocede in nessun’altra competizione. Si esce soltanto.
Partito Huntelaar (ora al Milan dopo una parentesi al Real Madrid), la stella (nonché uomo più pericoloso) è tal Alberto Suarez (22), giovane uruguaiano alla corte del mister Martin Jol. Se ne riparlerà al momento opportuno: da qui al 18 febbraio (gara di andata), per i colori bianconeri molte cose potrebbero cambiare. Dal ritorno di qualche operato/infortunato (Buffon e Iaquinta su tutti), al rientro di qualche lungodegente (nella speranza che non se ne aggiungano altri, 36 è già un buon numero), a variazioni nell’assetto societario date come imminenti. Di giocatori nuovi, per ora, non se ne parla. Se non in uscita.
L’allenatore merita un discorso a parte: confermato con decisione così come accadde con Ranieri (i risultati si conoscono) in un momento delicatissimo, dovrà produrre risultati al più presto (nel 2009 rimane solo la partita col Catania, amichevoli a parte). Poi, quello che accadrà sopra la sua testa (proprietà, dirigenza) finirà per coinvolgerlo in prima persona solo in un secondo momento. Se ad al ritorno molto chiaccherato di Roberto Bettega (con quali vesti, se confermato dai fatti, lo si scoprirà a breve) se ne aggiungessero nel medio/lungo termine altri (Andrea Agnelli?), sarebbero troppi per non pensare ad un ribaltone societario vero e proprio. Che finirebbe, giocoforza, per rimettere in gioco alcune scelte estive. Un’ombra alle sue spalle, smentite a parte, si inizia ad intravedere.
Ferrara dice di non voler guardare la classifica (male); Sinisa Mihajlovic, allenatore dei siciliani, che pure la dovrebbe vedere (ultimi in solitudine a 9 punti) si preoccupa di un possibile atteggiamento benevolo dell’arbitro nei confronti della Vecchia Signora (malissimo). Storie vecchie, dal 2006 ad oggi molto (tutto) è cambiato: è protetto chi è temuto, è antipatico chi vince, fa paura chi è "cattivo" in campo. La Juventus, attualmente, è estranea a tutto ciò. Stìa tranquillo, Mihajlovic: quando giocava lui, la musica era diversa. Forse confonde i colori bianconeri con quelli nerazzurri.
"Un allenatore può perdere tante cose, tante partite ma non deve perdere mai la dignità. Per una persona intelligente mezza parola è sufficiente. Io ve ne ho date nove. Fate voi...". Parole e musica di Josè Mourinho. Destinatario, Carlo Ancelotti. Era 14 marzo scorso, e l’attuale tecnico del Chelsea (prossima avversaria dell’Inter in Champions League) si trovava ancora a Milano, sponda rossonera. Adesso che è andato a sedere sulla panchina che fu del portoghese, alla guida di una fuoriserie, aspetterà a braccia aperte il collega nerazzurro. Che, chiamato per sovvertire la tradizione che vede l’Inter uscire in netto anticipo rispetto alle fasi conclusive della massima competizione europea, per ora non ha prodotto i risultati sperati. L’ottavo di finale perso con il Manchester United nella scorsa stagione è andato a sommarsi agli altri ottavi contro Liverpool e Valencia (quest’ultimo col bonus di una rissa in eurovisione) nel 2008 e nel 2007, e con l’uscita ai quarti del 2006 (Villarreal) e del 2005 (Milan). Solo per fermarci agli ultimi anni, altrimenti bisognerebbe tornare indietro sino al 1965.
Il Milan ritroverà il Manchester United (stavolta non ci sarà Kakà, come nel 2007), la Fiorentina il Bayern Monaco (per i tedeschi ci sarà Ribery, ma non ci sarà una Juventus dimessa).
Alla Roma, per tornare in Europa League, toccherà il Panathinaikos. Avversari non di altissimo rango: ma la competizione è quella, e si tratta comunque dei sedicesimi di finale. Vincerla darebbe un po’ di prestigio, anche se ci si è arrivati scendendo dal treno più bello. Non arrivare sino in fondo, per la Juventus, rappresenterebbe l’ennesimo insuccesso di un progetto, che, ad ora, sembra soltanto uno schizzo mal riuscito. A meno che non ci si voglia far credere che gli inni delle due competizioni europee siano uguali.
 


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