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NICOLUSSI CAVIGLIA: "Scudetto? Avevamo la consapevolezza di poter far bene già ad inizio stagione. L'esordio con l'Inter? Non me lo aspettavo, ma non avevo paura"

di Giuseppe Giannone

Intervistato da "La Repubblica", Hans Nicolussi Caviglia, centrocampista classe 2000 della Juventus, si sofferma su diversi temi: "Il doppio cognome? Qualche anno fa abbiamo deciso in famiglia di aggiungere quello di mamma a quello di papà, ci sembrava bello e giusto. Per cui ci tengo che mi chiamino con entrambi, anche perché usarne soltanto uno è sbagliato.

Il nome Hans? Piaceva a papà, che è di origini cimbre e appassionato di cultura germanica. Mamma è invece ligure e fa l’attrice, mentre mia sorella Mila vive in Olanda dove fa la ballerina di danza classica. Papà è guardiaparco e sono cresciuto in un borgo minuscolo della Valsavarenche, Dégioz, tra i 1600 e i 1800 metri.

La passione per la lettura? I miei mi hanno insegnato il valore della cultura, prima che me ne appassionassi per conto mio. Letteratura e cinema arricchiscono il tempo che non passi in campo e magari una poesia può darti un appiglio nei momenti difficili. Sto leggendo La montagna incantata di Thomas Mann, non ci metterò poco a finirlo. Poi mi piacerebbe affrontare Dostoevskij a partire dai Fratelli Karamazov, finora ho letto solo qualche opera minore. Al cinema la mia passione è Kubrik, un altro che ha trattato anni fa temi ancora attualissimi: il mio preferito è Barry Lindon.

Guccini? Lo ascoltavo da piccolino in macchina con papà quando andavamo a sciare e me ne sono innamorato. Purtroppo non l’ho mai visto dal vivo, ma solo su Youtube: Cyrano, Quello che non, Farewell, Incontro, La locomotiva sono le mie preferite. Anche di lui mi piace che le cose che diceva a suo tempo sono valide oggi e lo saranno tra cent’anni.

L'amicizia con Kean? Ho fatto ascoltare Don Chisciotte di Guccini a Kean, ma non l’ho convinto. Con altri ancora non ci ho provato, ma penso di riuscirci. In Cambiaso, per esempio, ho trovato una persona con cui sto bene in campo e fuori, è serio e anche lui ha dei valori uguali ai miei. Con Moise ci conosciamo da quando avevamo 8 anni, siamo legatissimi. Ci completiamo, quello che mi manca lui ce l’ha, scherzando potrei dire che lui è il mio lato c***ro, giocherellone. Abbiamo un’amicizia profonda e sappiamo perfettamente cosa l’altro sta per fare e ci correggiamo a vicenda. Io riesco a fermarlo un attimo prima che si alteri. Ci scambiamo consigli, ma lui sa da solo quando sbaglia.

L'esordio con l'Inter? i giocare non me l’aspettavo, perché in settimana non ero mai stato provato: Allegri me l’ha detto il giorno della partita, forse ha voluto proteggermi psicologicamente. Paura? No, perché? Era l’opportunità che aspettavo.

Juve da scudetto? Per la nostra coesione e il nostro dna. C’è un senso di appartenenza molto forte, in tanto siamo cresciuti qui ed è importante trasmetterlo ai nuovi. Le consapevolezze c’erano anche all’inizio.

I miei punti di riferimento in carriera? Come allenatore Ciccio Grabbi, è stato un secondo papà per me e Kean, un maestro di calcio e di vita. Come giocatore, a Perugia ero con Vicario e già si vedeva che aveva un livello di disciplina e una cura dei particolari che sapevo che l’avrebbe portato ad altissimi livelli. Poi naturalmente c’è Chiellini, un mentore, un esempio".


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