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LIVE TJ - Barzagli conversa con Buffa: "Allegri mi ha inventato, già alla Pistoiese... E la Juve mi ha cambiato"

di Marco Spadavecchia

Si parla di lavoro, sport e talento allo Stadium. Con Andrea Barzagli e Federico Buffa, grazie a una conversazione in occasione del workshop organizzato da Randstad - agenzia specializzata nella ricerca del personale - riservato a una platea di manager di importanti imprese italiane, per ripercorrere l'emozionante racconto di vita e di sport di un campione che dai campi di provincia del San Michele Cattolica Virtus è arrivato al successo nelle competizioni più importanti con il club campione d'Italia.

Barzagli: "Il mio inizio nel mondo del calcio è stato l'inizio di un ragazzo sognatore, non ho mai pensato di diventare un calciatore. Mi sono avvicinato la prima volta con giocatori esperti quando ero solo un ragazzino che andava ad allenarsi con il motorino. Ed è la parte più bella della mia vita sportiva. Meglio di ora che non mi manca niente".

Buffa: "Oggi si parla anche di flessibilità. All'inizio giocavi in mezzo, poi ti sei messo in difesa. È stato Pillon a spostarti dietro".

Barzagli: "Sì, ma Allegri non è esattamente d'accordo con questa teoria. Il mister è stato mio compagno di squadra sei mesi alla Pistoiese... e oggi si prende il merito di quel cambio di ruolo".

Buffa: "Era già 'acciughina'?

Barzagli: "Era 'acciughina' per davvero (sorride, ndr)... Allegri dice di aver detto lui, a Pillon, di spostarmi dietro. Mi ricorda sempre di essere stato lui a consigliarlo".

Buffa: "Come si diventa grandi?"

Barzagli: "Credo che uno dei valori più importanti sia l'umiltà. Penso di essere diventato quello che sono grazie al lavoro e non al resto. Sono un giocatore medio, sono diventato grande alla Juventus. Essere umile non vuol dire non credere in se stessi, vuol dire essere consapevoli dei propri mezzi. Quando arrivai alla Juve osservai i giocatori più rappresentativi. Sia Pirlo sia Buffon non saltavano mai un allenamento. Il mondo Juve è questo. E alla Juve ci si allena di più".

Buffa: "Hanno ragione i ragazzi, a ispirarsi a te anche per il modo in cui prepari i match?"

Barzagli: "Cerco di studiare al meglio gli avversari. Destro, sinistro, come si muovono e come calciano. Guardo le percentuali. Il problema e se fanno 50 e 50... I livelli sono altissimi e non è sempre facile avere la meglio sull'uno contro uno. Ho imparato ad avere un po' di astuzia... in qualunque modo. In partita sono due secondi e bisogna essere bravi".

Buffa: "Lo devi anche a Pillon?"

Barzagli: "Sì, ma non solo. In Serie A mi fece esordire Delneri a Brescia. Ero il quarto centrale, sfruttai il momento. Più si arriva in alto e più si fa fatica ad ascoltare. Ma credo di avere sempre avuto la dote di saper seguire gli insegnamenti, di confrontarmi. Con Delneri ebbi un grande confronto il mio secondo anno a Palermo. Poi lo ritrovai anche alla Juve".

Buffa: "Dopo Palermo e il Mondiale ci fu l'esperienza al Wolfsburg, in Germania..."

Barzagli: "Lì diventai padre. Il mio Mondiale? Ebbi l'opportunità di giocare contro l'Ucraina. Pensavo poi di meritare una grande squadra, dopo, ma non ero pronto. Scelsi di andare in Germania, forse era anche troppo per il giocatore che ero. Lippi mi telefonò e mi confessò di non gradire la mia scelta".

Buffa: "Una vita che cambiò presto. Tuo figlio nacque in Germania?"

Barzagli: "No, l'ho fatto nascere a Firenze (sorride, ndr). Magath mi disse: 'Lo sai perché non fai progressi? Perché ti alleni male e non credi in quello che fai'. Io mi ero sempre allenato all'80 per cento, e lì non ne prendevo una. Da quell'esperienza ho capito che avrei dovuto allenarmi sempre al 100 per cento".

Buffa: "Alla Juventus è cambiato tutto?"

Barzagli: "Sì, non ne vado fiero ma a volte anche mia moglie mi trova assente. Prima ero un giocatore medio e ragionavo in maniera mediocre. Non so cosa sia successo alla Juve... una volta vinto il primo scudetto ho subito pensato al secondo, poi al terzo. Prima quando affrontavo le grandi le davo per perse in partenza. La Juventus è stata decisiva in questo mio cambiamento di mentalità. Il calcio per me? Il calcio mi ha dato tutto. E' il lavoro e lo scopo della mia vita. Lo è sempre stato, oggi però lo è di più che da ragazzo. Tutto il tempo perso con mia moglie e i miei figli spero di recuperarlo, un giorno. E se oggi sono dove sono lo devo anche a loro".

L'incontro termina alle 20 in punto.

 


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