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KALULU: “Una società la devi sentire dentro, devi sentire la fiducia. Quando ho parlato la prima volta con Thiago Motta…”

di Benedetta Demichelis

Pierre Kalulu ha parlato ai microfoni di Dazn. Ecco le sue parole riprese da TuttoJuve.com: "Sono sicuro che potevo fare molte molte cose nella vita. Sapevo che potevo fare tante cose, ma mi sono reso conto che l'unica passione che ho davvero e che mi ha fa sempre svegliare con il sorriso è solo con il calcio. I miei genitori mi dicevano sempre che nella vita non sei obbligato a fare niente. Mi hanno sempre detto: se vuoi lasciare il calcio puoi farlo, se vuoi andare a scuola vai a scuola. Nessuno ti spinge a fare le cose per forza. Fai quello che ti piace di più, ma questa cosa devi farla al massimo. Mi piace imparare, perché sono curioso di natura e una volta che vuoi imparare per me è più facile.

Mio papà mi diceva sempre di dare il massimo e ogni cosa che fai, non devi farla per nessuno, ma solo per te, anche se è una cosa obbligatoria è sempre per te stesso. Devi dare il massimo a livello di atteggiamento sia nel calcio che fuori dal calcio se devi leggere un libro lo devi leggere al massimo. La mia mamma mi dice sempre che sono il migliore. La mamma mi ha detto che devo conoscere sempre il mio valore, ma l'umiltà è la cosa più importante. La verità è che abbiamo dei momenti difficili dal punto di vista personale e in questi momenti apprezzi di più i momenti senza difficoltà. Ho vissuto queste emozioni e sappiamo che noi atleti, di alto livello, non vogliamo far vedere quando siamo deboli, vogliamo nascondere questo punto di vista sempre. La mia mamma mi ha detto che anche in questo da piccolo sono sempre stato riservato. Solo con i miei familiari, con le persone a me vicine sono più aperto e più piacevole, forse, ma è vero che quando non ho fiducia in una persona, sono un po' più distante e non voglio fare vedere queste cose. Nella mia carriera non ho mai fatto scelte facili, ti devi sentire dentro una squadra e una società che ti vuole veramente per dare il massimo e anche perché siamo umani e lavoriamo sempre con il cuore.

Thiago Motta? Io l' ho chiamato gli ho detto: "Ciao, mister, e lui mi ha detto mi ha detto: “Sei pronto a giocare ogni 3 giorni?” Ho risposto: “Sì, dove mi vedi giocare?” E lui: “A destra, al centro e anche a sinistra”. Tutto mi sembrava molto chiaro E ho pensato che per me è il top. E poi mi ha detto: “Le scelte della partita si fanno in allenamento!”. Con i tifosi c’è un sentimento forte, è come se fosse una relazione d’amore. C’è molto calore, tutto è bellissimo, senti le vibrazioni. Pelle d'oca. Quando c'è il riscaldamento ed entri proprio allo stadio sono gli unici momenti in cui ancora puoi apprezzare l'ambiente e sentire veramente tutto. Senti, quando i tifosi cantano. Ma sia che siamo allo stadium, sia che siamo fuori sento che i nostri tifosi sono molto caldi. Questo è il momento più piacevole per me personalmente. Voglio essere quello che ero da bambino, è difficile ma ci provo.

Perché essere un tifoso vuol dire dare tanto amore, dare tanta passione e qualche volta è normale che siano arrabbiati perché non sempre la tua squadra vince. Però bisogna sempre ricordarsi del bambino che dentro di te e che voleva solo fare questo lavoro e sul campo siamo lì per lavorare, ma la sconfitta c'è ed è difficile vincere tutte le partite. La sconfitta ti aiuta a capire che devi lavorare di più. Noi atleti professionisti abbiamo momenti difficili e non vogliamo far vedere quarti momenti agli altri. Ho vissuto queste emozioni, ma alla fine questi momenti ti fanno apprezzare di più le cose belle. Ma a volte vogliamo nascondere i momenti difficili. Prima pensavo che il campo fosse uguale ovunque, ma non è così. Io sono cresciuto in una grande famiglia, in una casa mia non c'era mai silenzio, quando ero giovane e i primi mesi in cui tornavo a casa ed ero solo a cena, non parlavo con nessuno. Passavo tante ore senza parlare ed era difficile a livello mentale. I videogiochi mi hanno aiutato, perché mettevo le cuffie e il microfono e potevo parlare con i miei fratelli e i miei amici. A volte mettevo le cuffie anche senza giocare, ma solo per parlare. Guardare i miei fratelli giocare è un'ansia incredibile. Non riesci a guardare la partita come un tifoso, non so come fa mia mamma. Il mio sogno è vincere tutto, giocare con i miei fratelli e fuori dal campo vivere a lungo. Quando smettiamo di giocare siamo giovani e non so ancora cosa farò, ma sono sicuro che mi divertirò".


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