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JUVE-ATALANTA. E LA STORIA SI RIPETE...

di Thomas Bertacchini

"Vogliamo dare una scossa alla squadra e mettere i giocatori davanti alle loro responsabilità. Contro l'Atalanta per noi era un "match ball" in chiave secondo posto".
Con queste parole Jean Claude Blanc spiegò alla stampa e ai tifosi bianconeri la scelta di Ciro Ferrara quale traghettatore della Juventus per le ultime partite dello scorso campionato. Servivano sei punti, vale a dire due vittorie, per arrivare secondi. Ferrara promise di chiederne sette ai giocatori. Era il 18 maggio 2009. Il giorno prima, all’Olimpico di Torino, si giocò Juventus-Atalanta, in uno stadio vuoto a causa della squalifica per i cori contro Balotelli.
Il risultato finale fu 2-2 (Iaquinta e Cristiano Zanetti per i bianconeri, Cigarini e Pellegrino per i bergamaschi).
Da Luis Carniglia a Claudio Ranieri: dal 1969 al 2009, quarant’anni di attesa per trovare un altro esonero in corso d’annata in casa Juventus, con l’aggravante di averlo fatto a due sole giornate dalla conclusione del torneo. Una società che aveva perso il controllo della situazione, lasciando l’allenatore solo di fronte alle critiche pesantissime e ad uno spogliatoio dove - da tempo - diversi giocatori importanti avevano perso il feeling con lui.
Un anno (calcistico) o dieci mesi (effettivi): si prenda l’unità di misura preferita, ma la sostanza è che la storia si è ripetuta. Un altro Juventus-Atalanta come cornice di un (nuovo) fallimento.
La storia è fatta di corsi e ricorsi: vale per i vincitori, ma anche per i vinti.
Vale per i vincenti, ma anche per i perdenti.

"Abbiamo deciso di affidare la guida della Juventus a Ciro Ferrara dopo gli ultimi risultati, in particolare dopo il pareggio contro l'Atalanta. Una scelta ponderata, condivisa da società, cda e proprietà. In queste ultime due giornate ci giochiamo questa e un pezzo della prossima stagione, siamo consapevoli che non sarà facile per Ciro, ma la sua missione è conquistare la qualificazione diretta in Champions".
Solo in campionato, compreso l’incontro giocato con l’Atalanta, la Juventus veniva da 6 pareggi e una sconfitta nelle ultime sette gare giocate. C’era il pericolo di essere scavalcati da Fiorentina e/o Genoa (quello di Milito e Thiago Motta), e di dover arrivare in Champions League passando per i preliminari. Quelli che oggi, se raggiunti, rappresenterebbero un sogno diventato realtà.

Blanc: "Sappiamo che mandare via un allenatore non rientra nello stile Juve, l'ultimo esonero a stagione in corso risale al 1969. Ma da 3 anni siamo in una situazione diversa dal passato. Non è nemmeno stile Juve giocare i preliminari di Champions e finire le stagioni in questo modo".
Quest’anno, invece, si è riusciti a fare decisamente peggio…
L’accesso diretto alla massima competizione europea veniva considerato come la garanzia di poter disporre del denaro liquido necessario a rinforzare ulteriormente la squadra. Quel denaro, poi, investito - soprattutto - negli acquisti di Diego e Felipe Melo.

Giovedì 25 marzo 2010. Blanc: "Siamo ancora in ballo (per i preliminari di Champions League), ma una società gestita in modo professionale e oculato potrebbe, in teoria, gestire anche una eventuale esclusione".
John Elkann, il giorno dopo: "Manca grinta a tutti i livelli, bisogna reagire (allusione al quarto posto) per costruire una Juventus più forte".
Delle due, l’una: o i soldi si investono comunque (a prescindere dalla posizione al termine dell’attuale campionato), oppure la Juventus è vicina ad un vero e proprio (temporaneo) ridimensionamento.

A parlare, questa volta in questo articolo, non è chi scrive, ma chi promette. E illude. O pensa di farlo. Perché chi si sente tradito nell’amore, non dimentica.
Le frasi pronunciate da parte di chi occupa posizioni importanti in seno alla Juventus non sono mai parole buttate al vento: rimangono scolpite nella memoria dei tifosi. Dura come la pietra. Solo in campionato: 11 sconfitte in 30 partite. Questi sono i fatti. E’ difficile parlare di tattica, quando da mesi hai un mediano pagato a peso d’oro che viene messo a fare il regista e quando anche i muri hanno capito che il rombo a centrocampo, con i giocatori a disposizione, non funziona. E’ impensabile parlare di condizione fisica, quando i calciatori delle altre squadre dimostrano di correre (almeno) il doppio di quelli bianconeri. E’ fastidioso discutere di infortuni, quando ormai quelli non fanno neanche più notizia. Non te la puoi neanche prendere con l’allenatore, perché hai un "traghettatore".

L’invito a proprietà e dirigenza è quello di scendere in campo, domenica, qualche minuto prima dell’inizio della gara, ed osservare gli spalti intorno a loro. Anche questa volta, così come accadde lo scorso 17 maggio 2009, alcuni settori dello stadio saranno vuoti. Per scelta, non per costrizione.
Il progetto nato a Marrakech, il lontano 31 dicembre 2004, è finalmente giunto a compimento. A chi li seguirà, poi, verso l’uscita dello stadio, si rivolge l’invito a voler chiudere la porta dietro di loro. A chiave. A doppia mandata.
Per non avere, il prossimo anno, un altro Juventus-Atalanta come contorno di un (nuovo) fallimento.
La Juventus tornerà ad essere grande. E’ solo questione di tempo. Lo vuole la storia, lo impone il blasone, lo reclama l’immenso bacino d’utenza dei tifosi. "Quando" accadrà, dipenderà solo da "quando" cambieranno le persone al suo timone. "Prima" accadrà, meglio sarà. Per tutti.
 


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