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DEL NERI E IL "CREDIAMO IN QUELLO CHE FACCIAMO"

di Thomas Bertacchini

"Crediamo in quello che facciamo". Queste parole sono state pronunciate da Del Neri, ai microfoni di "Sky Sport", nell'immediato dopo gara tra la Juventus e l'Inter.

Analizzando le prime partite della stagione bianconera, ciò che aveva maggiormente colpito era stato il numero delle reti subite: nove in cinque incontri di serie A, tre nell’unica gara di Europa League (preliminari e spareggio a parte), con il lettone Artjoms Rudnevs a fare da mattatore nella gara d’esordio della manifestazione con una tripletta all’Olimpico di Torino.

La vigilia del doppio confronto esterno con Manchester City e Inter non poteva non essere condizionata dai timori relativi alla tenuta di un reparto difensivo troppo ballerino, e dalla consapevolezza che può capitare di realizzare tre reti ai polacchi del Lech Poznan e alla Sampdoria o quattro all’Udinese e al Cagliari, ma che sarebbe stato certamente più arduo ribaltare le sorti di un incontro se quelle segnature fossero arrivate da un Carlos Alberto Tévez o da un Samuel Eto'o.

Nel mezzo c'era la necessità di diventare "squadra" il più velocemente possibile, di trovare il giusto equilibrio sul campo di gioco tra i reparti, di accumulare punti. Ritrovarsi con un pareggio soltanto in Europa League dopo due gare o con sette punti in campionato dopo sei incontri, avrebbe (quasi) certamente creato ulteriori difficoltà nel processo di crescita della gruppo juventino.

Prima dell'incontro con il City era stato Giorgio Chiellini a dirlo: "Ancora dobbiamo trovare un equilibrio tra le due fasi, ci vuole un pò di tempo. Tutte le squadre del mister hanno avuto bisogno un pò di tempo all'inizio, piano piano ci riusciremo anche noi".

Tra Manchester e Milano sono arrivati due pareggi. Pesanti. Quello ottenuto in Inghilterra aveva trasmesso buone sensazioni, il timore più grande prima dell'incontro di domenica sera era legato ai dubbi circa la capacità dei giocatori bianconeri di riuscire a smaltire in fretta la stanchezza (fisica e mentale) in tempo utile per l'appuntamento al "Meazza".

Questa volta Del Neri non ha dovuto usare metafore per mostrare i lati positivi della sua creatura, e non è dovuto ricorrere a dribbling dialettici per invitare tutti a vedere il bicchiere "mezzo pieno".
Grygera al posto di Motta (entrato all’inizio della ripresa), Iaquinta e non Del Piero (per lasciare spazio a Quagliarella), Aquilani in campo con Pepe fuori: ecco, queste sono le uniche differenze tra la formazione che la Juventus ha schierato in campo a Bari, nella prima giornata di campionato, e quella scesa domenica sera a Milano.

Mettendo a confronto le due prestazioni offerte dagli uomini di Del Neri si possono notare ad occhio nudo i progressi della Vecchia Signora da quando il cartello con la scritta "lavori in corso" è stato appeso a Vinovo.
Cartello che, beninteso, è corretto lasciare lì dove si trova. Non è ancora il momento di porsi degli obiettivi, sembra - invece - più opportuno continuare su una strada che, come ripetuto da più parti, pare essere veramente quella giusta.

Krasic, a Bari, era stato "assente" con tutte le giustificazioni possibili. Ma la paura che di Nedved avesse soltanto i capelli, era forte in tutti. Il dubbio principale, al termine di quell’incontro, era se l’esperienza e le capacità di Del Neri potessero essere sufficienti per rendere competitiva una squadra che - al momento - sembrava lontana dai livelli di quella di Ventura, piuttosto che di un Inter o di un Milan. Mancavano ancora pochi giorni alla chiusura della sessione estiva del calciomercato, e si pensava che - comunque - un attaccante a Torino sarebbe arrivato. Il resto della storia, è nota.

Del Neri chi? Quello che non ha mai vinto niente e che ogni volta che ha toccato con mano una realtà importante ha avuto delle difficoltà? Sì, proprio lui. Ora è giusto che si prenda i meriti di una creatura che sta facendo crescere di partita in partita, con professionalità e umiltà.

Adesso Krasic ha confermato di essere un giocatore di livello, la squadra sta crescendo di intensità e - si può provare a dirlo - anche in qualità. Da questo punto di partenza all’obiettivo concreto di vincere un qualcosa di importante, la strada da compiere è ancora lunga. Il prossimo esame sarà quello di domenica 17 ottobre, quando la Juventus - nell’incontro casalingo di campionato contro il Lecce - dovrà dimostrare di saper superare un altro tipo ostacolo: quello di portare a casa i tre punti ad ogni costo. Senza scuse, senza ricadute negative dopo gli ultimi progressi, senza il timore di dover impedire ad un avversario di vincere ma con l’imperativo di aggredirlo dall’inizio alla fine.

Certo, come cambiano le prospettive quando si passa dal parlare di calcio sotto gli ombrelloni al mare ai momenti in cui si commenta la crescita di una squadra che sta stupendo un pò tutti. E che a gennaio potrebbe essere ulteriormente rinforzata. Proprio le stesse persone che esaltavano la Juventus la scorsa estate e che la consideravano spacciata in questa appena terminata, adesso - nella fase positiva che sta attraversando - cercano di porre l’attenzione generale sul fair play mostrato in campo dai giocatori (bravi) e dagli allenatori in momenti delicati come quelli che circondano ogni partita tra i bianconeri e l’Inter.
Tranquilli, abbiamo capito: dovremmo dimenticarci del processo di Napoli, di Calciopoli, Moggiopoli e via dicendo. Tanto non succederà: la strada per riprenderci quello che è nostro è già incominciata. Anche quella. "Crediamo in quello che facciamo". Piaccia o non piaccia.
 


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