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A COSENZA NELLA SPERANZA DI VEDERE SPRAZZI DI VERA JUVE

di Thomas Bertacchini

Così Marco Amelia, nuovo portiere del Milan, sui rivali dell’Inter: "cercheremo di scucire i trofei dalla loro maglia e attaccarli sulla nostra. Questa squadra non può tenere un basso profilo. Se i tifosi sono scettici, li faremo ricredere".
Altro che basso profilo: lui è partito subito con il piede pigiato sull’acceleratore, bisogna vedere ora se la sua nuova squadra asseconderà questi buoni propositi.

E’ il Milan che - ad oggi - punta su un Ronaldinho "fuori peso" più che fuoriclasse (un giocatore con la testa divisa tra l’Italia e l’America, si parla di un’offerta dei Galaxy), che vive un periodo di transizione dopo aver speso montagne di milioni da quando Berlusconi atterrò per la prima volta con l’elicottero a Milanello nel lontano 1986 e che ora spreme da un gruppo vincente di ultratrentenni le loro ultime energie. Per non intaccare più quel bilancio che piange (e ha fatto piangere il suo proprietario) da anni.

E dire che Gianni Petrucci (presidente del Coni), qualche giorno fa aveva elogiato tanto lo stesso Berlusconi quanto Massimo Moratti in un’intervista rilasciata al "Corriere della Sera": "attualmente sono l’esempio da seguire, perché sono riusciti a ripianare situazione economiche pesanti".
Create da loro, e delle quali ne hanno patito, indirettamente, le conseguenze anche le altre società.

Giorni dopo, però, si è spinto "oltre", in merito alla possibile (probabile) cessione di Mario Balotelli (Manchester City): "potrebbe andare a giocare in Premier League? Non è un danno, non lo è mai quando i giocatori vanno e vengono: è il frutto della globalizzazione".
Della serie: qualunque cosa deciderà a di fare Moratti, andrà comunque bene. Anche se l’Italia calcistica perderà uno dei maggiori talenti esplosi negli ultimi anni. Forse per gli stessi motivi che hanno spinto Lippi a non convocarlo nella recente spedizione azzurra nei mondiali sudafricani, quando in molti (prima e dopo il fallimento) gliene facevano una colpa. Proprio nel momento in cui il giovane attaccante girava per Milano a sparare con una pistola scacciacani in compagnia di tre amici e veniva fermato dalla polizia.

E visto che "sparare" sulla vecchia Signora è diventato l’(anti)sport nazionale, non si poteva che aggiungere, all’elenco dei partecipanti, Gaetano D’Agostino, l’aspirante regista del centrocampo bianconero nel corso della scorsa sessione estiva del calciomercato. Promesso (e promessosi) alla Juventus per tre mesi circa, la trattativa non si realizzò per la valutazione economica del suo cartellino: eccessiva, esagerata. Così come era altissima quella di Felipe Melo che, invece, venne acquistato (per fare il regista, sì: ma quella è tutta un’altra storia…).
Fu solo per quel motivo che non si concretizzò il suo arrivo a Torino. Nonostante ci fossero Blanc e Secco, perché l’Udinese tirò troppo la corda e perché Sergio Gasparin giocò a fare "il Moggi" (con la vendita di Zidane).
E non è un caso se oggi lo stesso calciatore è passato alla Fiorentina per una cifra (parecchio) inferiore al passato, se alla Juventus ora c’è Marotta, se Blanc tra poco si spera venga allontanato, se Secco non c’è più, se Gasparin è alla Sampdoria, se tutto ad un tratto i bianconeri di Torino e quelli di Udine sono tornati d’amore e d’accordo e realizzano trattative in un lampo.
E se, soprattutto, (anche) per lo stesso motivo lo scorso anno non saltò soltanto il suo trasferimento a Torino, ma anche quello al Milan (al posto di Pirlo o come sua alternativa) e al Real Madrid (gli spagnoli, poi, presero Xabi Alonso).
Tre grandi club persi in un’estate: la si smetta di dare colpe soltanto alla Juventus. In alternativa: si dica le cose come stanno realmente.

Anche nella Torino bianconera, alla luce di quanto accaduto lo scorso anno, sarebbe stata (forse) necessaria una rivoluzione alla (nazionale) francese: tanti erano i ventitré giocatori convocati al mondiale in Sudafrica, tanti e tali saranno quelli che non parteciperanno ai primi impegni della nuova era Blanc (Laurent).
Un cambiamento radicale, in società, in realtà c’è stato. E anche in panchina.
Per ciò che concerne la squadra, dopo una partenza "a razzo" (sei acquisti), adesso si registra un rallentamento: colpa delle cessioni difficili da realizzare (più per convincere i "partenti" che non gli "acquirenti", quelli non mancano), e perché si stanno trattando (anche) giocatori di caratura "superiore". Valutazioni economiche più alte, acquisti più onerosi e trattative più complesse. Qualcuna di queste potrebbe sbloccarsi a breve.

Nel frattempo la Vecchia Signora si affaccia a Cosenza, e viene sommersa dall’amore dei suoi tifosi. Ventiduemila cuori bianconeri batteranno al San Vito, stasera, nell’ultima amichevole contro il Lione prima del terzo turno dei preliminari di Europa League di giovedì prossimo, contro lo Shamrock Rovers. Nonostante il settimo posto della scorsa stagione, nonostante sia il 24 luglio, nonostante gli ultimi anni di delusioni, nonostante… Nonostante tutto.
Anche se la maglia non ha più le sue tradizionali strisce verticali bianconere, ma quelle "seghettate", e se le novità in campo non si chiamano (ancora?) Dzeko o Krasic, allo sterminato popolo bianconero che seguirà l'incontro - sia allo stadio che in televisione - l’unica cosa che conta, per ora, è vedere sprazzi di "Juventus".
Sarebbe bellissimo.
 


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