LEONI PER... AGNELLI – Un incidente di percorso di fine anno che non deve deprimere. L'equivoco Dybala da risolvere subito e il sogno Pogba da inseguire. Pazienza per Pirlo, fiducia in Agnelli e....nella tradizione
La Juventus si allinea al 2020 e decide di chiudere nel peggiore dei modi un anno da dimenticare per tutti. Un anno nel quale, nonostante tutto, si è portato a casa il nono scudetto di fila. Il NONO SCUDETTO DI FILA. Non dimenticatelo mai e ogni tanto ripetetelo ad alta voce, magari anche per zittire chi, arrampicandosi sugli specchi gioisce delle sconfitte della Juventus non potendo esultare per altro: NOVE SCUDETTI DI FILA. E ricordatevelo con orgoglio. Sempre. E ricordatevi sempre di quante volte vi è successo di pensare “è finita”; come quella notte al Mapei di Reggio Emilia contro il Sassuolo, quando poi Buffon suonò la carica e non ce ne fu più per nessuno. O quando quella sciagurata notte di Juventus-Napoli, Koulibaly al 90' sembrò aver condannato i bianconeri. Quante volte vi siete detti “è finita, ma prima o poi doveva accadere”. Ma poi la Juventus ha sempre trovato il modo per rialzarsi, trovare la spinta emotiva, la coesione giusta e lo spirito bonipertiano del “vincere è l'unica cosa che conta”. E sono arrivati NOVE SCUDETTI DI FILA. Pensate a Calciopoli. Nelle città dove non si vince uno scudetto da oltre 30 anni, ancora spolverano le vicende del 2006 pensando di mortificare la Juventus senza rendersi conto che mortificano loro stessi. Credevano di averla uccisa e invece la Vecchia Signora da quella caduta si è rifatta con gli interessi, pianificando uno stadio di proprietà che permettesse alla società di autofinanziarsi quando i diritti tv non sarebbero più bastati, creando le premesse per acquistare il giocatore più forte al mondo e inserirlo in un Impero da NOVE SCUDETTI DI FILA. Questo ricordatevelo sempre con orgoglio e testa alta.
Dopodiché è giusto passare all'analisi critica ma lucida di quanto sta accadendo quest'anno e di cosa va risolto in fretta. Comincio da Dybala.
Chi mi conosce sa bene quanto stimi le capacità tecniche della Joya e quanto lo reputi, o meglio, lo abbia reputato importante per la Juventus, difendendolo sempre. Ma è evidente che dopo tutto quello che è successo in una settimana, il futuro di Dybala non è più in bianconero, e non per il contratto in scadenza ma per le pretese che non ha abbassato neppure quando il presidente glielo ha, più o meno, esplicitamente chiesto. Quando Agnelli al Golden Boy disse “l'agente di Dybala ha avuto l'offerta, attendiamo la risposta”, ci si poteva leggere tra le righe “più di così non ci spingiamo quindi se vuoi restare firma e chiudiamo una controversia che non aiuta nessuno”. Mi dispiace dirlo ma se Dybala voleva davvero restare, a costo di litigare con il suo discutibile enturage, il giorno dopo si sarebbe presentato alla Continassa per firmare il contratto. E invece silenzio e quindi 10 minuti contro l'Atalanta, non convocato a Parma, panchina nella sconfitta interna contro la Fiorentina. E non ditemi che contro i viola non sarebbe servito, perché un giocatore a cui si offre 12 milioni e che ne pretende 15, serve in tutte le partite e può e deve fare la differenza in tutte le partite. Se non ha giocato un motivo c'è e no è per scelta tecnica o fisica. Mi pesa molto dirlo ma il primo equivoco da risolvere è Dybala, e trovare il massimo vantaggio dalla sua cessione. Per arrivare a Pogba? Non sono ossessionato da Paul, ma se torna quel centrocampista devastante che fu in bianconero, possiamo fare il salto di qualità. Poi servirebbe, a quel punto, un alter ego di Dybala e l'occasione potrebbe essere Gomez. Sembrerebbe tutto apparecchiato ma serve l'ok di troppi protagonisti per poter definire l'incastro, senza contare gli accordi economici: quello eventuale di Pogba e Papu con la Juve e di Dybala col Manchester. Non si fa in due giorni.
Per quanto riguarda la questione Pirlo, le parole d'ordine sono pazienza e fiducia. È alla sua prima panchina in assoluto, non è venuto come Sarri con la pretesa di insegnare calcio e migliorare Allegri, ma è venuto per restituire identità, empatia e modernità al netto di una gavetta da fare contemporaneamente al difficile obiettivo di mantenere la Juve vincente. Provate a sentirvi Pirlo per 5 minuti, sono sicuro che vi verrà spontaneo dargli una pacca sulla spalla e sussurrargli “mister siamo con te”.
La parola “fiducia” è per Agnelli. Questo giovane presidente che ha preso la decisione di puntare su Pirlo intravedendo in lui quello che serviva alla Juventus merita fiducia? Merita fiducia un persidente che in 10 anni ha vinto 9 scudetti e un totale di 17 trofei che lo ha reso il presidente più vincente della storia della Juventus? Direi di si.
Chiudo con la parola tradizione. Non posso non pensare a quando la Juventus ha smesso di essere senza rivali. Che vi piaccia o no è cominciato dalla partenza di Allegri. E il problema non è che è andato via un allenatore arrivato comunque, oggettivamente, a fine ciclo, il problema è che si è scelto di cambiare per inseguire la bellezza e non solo le vittorie. Si è scelto di provare a stravolgere il “vincere è l'unica cosa che conta”. Dall'impresa di Barcellona, la Juventus credo stia tornando, al netto del black out contro la Fiorentina; mi sembra che stia venendo fuori bene e che possa anche divertire quando decide di vincere. Ma, io non so voi, resto ancora, tradizionalmente, attaccato al “vincere è l'unica cosa che conta”. Perché per il mondo Juventus è la vittoria l'unica vera forma di divertimento e godimento. Riprendiamoci la nostra tradizione.
Vincenzo Marangio – Radio Bianconera
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