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LEONI PER...AGNELLI – Nessun inopportuno gioco al massacro ma lucida analisi: da Ronaldo a Sarri, quelle idee post Cardiff che non hanno funzionato e la necessità di andare avanti con Pirlo...

di Redazione TuttoJuve

Lo dico subito: non parteciperò al gioco al massacro. Preferisco affidarmi ad una (per quanto possibile) lucida e costruttiva analisi.

Partiamo da un presupposto importante: quando concedi quattro errori del genere in Champions League li paghi a caro prezzo, sempre. E questo è un demerito.

Quando Andrea Agnelli ha scelto di affidare la prima squadra ad un allenatore che non aveva mai allenato prima, non penso si aspettasse di vincere campionato e Champions, aveva certamente messo in conto gli errori di inesperienza del suo giovane nuovo allenatore, forese sperava in qualcosina di più ma credo che alla base della scelta del presidente ci sia un progetto più chiaro di quello che ci è stato presentato e che non stessi riusciamo a vedere. E ne ho avuta conferma dalla parole di Pirlo: “Non credo che Sarri abbia pagato l'uscita con il Lione. Io sono venuto per mettere mani ad un progetto a più ampio respiro e continuerò a lavorarci”.

Credo che queste parole svelino quelli che sono i veri progetti della Juventus di questo anno: mettere mano alla nascita di un nuovo ciclo, ad un progetto attorno a giovani calciatori, cercando di mantenere il più possibile i piedi in Champions e portando a casa tassativamente uno dei primi quattro posti. Ma comincio a pensare che alla proprietà fosse chiaro più che a tutti noi che questa sarebbe stata una stagione di transizione. Ma non è stato apertamente comunicato.

Quando vieni da 9 scudetti di fila, non puoi dichiarare apertamente di aver ridimensionato il progetto per investire su un cicl futuribile non necessairamente pronto a vincere subito.

E così si spiegherebbe anche la mancata presenza di Agnelli davanti ai micofoni dopo l'eliminazione, come già fatto dopo l'uscita con l'Ajax e contro il Lione l'anno scorso.

Un silenzio, a questo punto, prevedibile e voluto.

Sia chiaro, la delusione per questa ennesima uscita agli Ottavi e gli errori che si ripetono ormai anno dopo anno è tanta, così come è tanta la voglia di rivedere la Juventus mettere in piedi un ciclo a lungo termine, di rivederla tornare padrona di casa in Italia e autoritaria in Europa.

Di riaccendere quell'interruttore che si è spento nella maledetta notte di Cardiff.

È da quella notte che sono nate una serie di decisioni che avrebbero dovuto portare ad una crescita del progetto Juve, alla sua maturazione internazionale per potersi presentare con abito e identità diversa nella prossima finale di Champions.

Si è scelto di partire dall'investimento Ronaldo per ottenere la crescita tecnica europea ed economica, sia per finanziare la stessa operazione CR7, sia per far crescere marchio e appeal del club. E si era scelto di puntare su Sarri per cambiare l'atteggiamento e l'identità della squadra, pensando ci volesse poco e che fosse operazione facile e necessaria.

Ad oggi, tirando le dovute somme, l'operazione Ronaldo è riuscita soltanto in parte: il marchio Juventus è cresciuto esponenzialmente, gli sponsor hanno investito ma l'avvento del Covid ha rallentato la programmata crescita economica mentre sul campo, quell'impatto internazionale di Ronaldo non si è quasi mai veramente visto. C'è stato, ma molto inferiore a quanto ci si aspettasse. Nel frattempo va però detto che se la Juventus ha continuato nel filotto di vittorie di scudetti, molto lo deve all'apporto di Ronaldo che, forse, ha mascherato una decrescita qualitativa della rosa, ha mascherato qualche errore di scelta dell'area tecnica e non è stata seguita da una rifondazione tecnica.

Come la scelta di un allenatore bravo, ma non da Juventus, antitetico alla crescita di immagine e di rafforzamento identificativo europeo del club e della squadra bianconera. Ci si è resi conto troppo tardi che per arrivare alla “rivoluzione sarriana” ci sarebbero voluti anni e uomini adatti uomini che, però, non sarebbero stati da Juve, non sarebbero stati adeguati all'internazionalizzazione della rosa a cui originariamente pensava Agnelli.

E adesso ci si ritrova con una eclissi del progetto Ronaldo da gestire e valutare, anche e soprattutto per l'incidenza economica, e con un ciclo da riavvire e rifondare con Pirlo. Le strade sono due: o si cede Ronaldo e si investe sul terzo allenatore in tre anni, o si decide, usciti dall'abitudine a vincere che ti obbliga a farlo ancora, di puntare sul processo di ringiovanimento della rosa e contenimento dei costi individuando nuovi leader tecnici e un nuovo progetto per ritorornare alle origini, e tornare padroni di casa e temuti in Europa. Sperando prima o poi di vincerla.

Vincenzo Marangio – Radio Bianconera

Twitter - @enzomarangio


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