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LEONI PER...AGNELLI – Il trionfo del lavoro e dell'onestà, il tramonto della filosofia del “belgiuoco”. Ecco come Allegri sta ricostruendo la Juventus e perché anche altrove hanno preferito la solidità al giochismo...

di Redazione TuttoJuve

Onestà e lavoro. Sono questi i due ingredienti che si trovano spesso alla base di successi importanti o rimonte incredibili. La moda del “giochismo” lanciata da chi voleva trovare un difetto nella Juventus invincibile dei 9 scudetti di fila riuscendo ad “infettare” una parte cospicua della stessa tifoseria juventina sta vivendo sconfitte in serie, mentre Allegri sta risollevando la Juventus con tanto lavoro e onestà di comunicazione. Interna ed esterna.

Da Guardiola, allenatore eccezionale sia chiaro, ma che in Europa, lontano da Barcellona, ancora non ha vinto con questa sua filosofia tanto decantata, che lo portò a perdere una finale di Champions giocata contro il Chelsea schierando in campo una squadra senza attaccanti, solo per lasciare il suo narcisistico segno.

Andando avanti con Sarri, la cui missione del “sarriball” fallì miseramente nel momento stesso in cui scoppio uno spogliatoio che non è mai riuscito a prendere in mano. Quello spogliatoio che ha distrutto in meno di 40 giorni di lavoro alla Juventus, vedendosi costretto ad abbandonare la sua filosofia già ad ottobre. Perché per far vedere questo suo fantasmagorico gioco servono due cose fondamentali: tempo (ma parliamo di anni, non mesi) e fiducia della squadra (cosa che non puoi avere a comando).  

Passando per De Zerbi che è andato ad insegnare calcio in Ucraina, dove si trova secondo in un campionato che il suo Shakhtar ha vinto a mani basse negli ultimi quattro anni. Poi magari lo vincerà, ma anche la sua è una moda che, ad oggi, non trova conferme dal campo.

Hanno provato persino a immolare Vincenzo Italiano sull'altare del giochismo, allenatore estremamente preparato, per carità, e anche piacevole da vedere. La sua Fiorentina è cresciuta rispetto al nulla di prima ma, anche qui, questa filosofia dispendiosa produce poco e crolla presto e contro le grandi 45' non bastano.

La Juventus è caduta nel trabocchetto del “giochismo” con Sarri, cercando di rivitalizzare lo spogliatoio e l'idea abbandonata con Pirlo (altro macroscopico errore) prima di ritornare al punto di partenza: Massimiliano Allegri.

Il resto è storia recente: il tecnico livornese torna con l'entusiasmo di chi conosce la vera ricetta della Juventus (solidità, cattiveria, spirito di squadra e risultato prima di ogni cosa), ma trova un ambiente strano, totalmente smontato dall'interno da un gigantesco cavallo di Troia. Non c'è più una squadra ma 9-10 micro aziende che curano i propri interessi perdonali; senatori che sono stati allenatori di uno spogliatoio autogestito negli ultimi due anni; giocatori senza più identità tecnica. Da qui nasce quel dialogo a bordocampo tra Allegri e Chiellini durante la debacle contro l'Empoli, con il capitano che risponde allo sgomento del tecnico nel guardare quelle macerie in modo chiarissimo “questi sono mister, non è squadra...”.

Ecco che la missione di Allegri in 60 giorni è stata quella, prima di tutto, di (ri)costruire una squadra, restituire un'anima e stabilire delle gerarchie: decide l'allenatore senza guardare in faccia a nessuno. Neppure a Ronaldo. Uno per tutti e tutti per uno.

Ritrovata l'identità, contro il Chelsea servivano gli altri ingredienti che Allegri ha lanciato in conferenza stampa: coraggio, cattiveria, amor proprio. Et voilà, arrivano due vittorie una più cattiva e coraggiosa dell'altra contro i campioni d'Europa del Chelsea e contro il Torino nel derby.

Ma gli amanti del giochismo non accettano la sconfitta che si sta materializzando davanti ai loro occhi e vi diranno che la Juventus è tornata inguardabile, mentre la Lazio di Sarri devastata dal Bologna e che prima della vittoria nel derby (con difesa e contropiede) aveva vinto una partita su cinque; vi diranno che sono state belle tutte le partite tranne quella dove vince la Juve, perché giocano bene ovunque. Ma la verità è un'altra: Conte l'anno scorso per mantenere il vantaggio e portare a casa lo scudetto abbandonò ogni forma offensiva di gioco e si affidò ad un comodo “difesa e contropiede”; che Inzaghi sta continuando, e giustamente, su quella strada tranne quando affronta una squadra come il Bologna ampiamente alla portata e dove puoi divertirti un po'; che lo stesso Spalletti, contro la Fiorentina, ha impostato il gioco del suo Napoli saggiamente come Allegri ha impostato il primo tempo col Toro: difesa e ripartenza sfruttando Osimhen. Ad onor del vero c'è chi, come Pioli o come ha fatto lo stesso Mancini, provano a proporre calcio e alzare il possesso palla ma, quando poi serve portare a casa punti li ritroverete tutti a proteggere meglio la propria porta. In fondo, anche adesso, in testa c'è la squadra con la miglior difesa...

Perché il calcio è più semplice di chi pensa servano astrofisici.....

Vincenzo Marangio – Radio Bianconera


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