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Leoni per...Agnelli - Gli errori da correggere in società, le strategie sbagliate sul mercato, la squadra da risistemare in campo. Per la Juve deve essere l'anno della svolta

di Vincenzo Marangio

Pochi giorni e ricomincia la stagione sotto il segno di un nuovo anno. Per la Juventus deve essere l'anno di una svolta a tanti livelli, da quello societario a quello strategico senza dimenticare i risultati che deve necessariamente portare il campo. Anche se metà della popolazione bianconera vorrebbe la testa di Allegri ritenendolo il maggior colpevole della situazione, a me piace evidenziare come il suo, tra mille disagi iniziali, il tecnico livornese ad oggi in larga parte lo ha fatto. La Juventus sul campo ha riaperto la rincorsa verso il quarto posto che, dopo la sconfitta interna contro l'Atalanta, sembrava già compromesso; ha superato agevolmente il girone di Champions e il tutto senza praticamente un attaccante e con Dybala a metà servizio, in una squadra che, a detta degli stessi protagonisti, non era più una squadra. 

I meriti di Allegri sono stati, quindi, tanti soprattutto se si pensa che al giro di boa tutto (scudetto escluso, ma in fondo chi ci credeva soprattutto dopo la partenza di Ronaldo) è ancora aperto. Il tecnico livornese ha ricostruito un concetto di squadra che non esisteva più, ha rimotivato giocatori come Bernardeschi, De Sciglio, Mckennie e Pellegrini e, trovandosi senza attaccante, ha conquistato più punti possibili appoggiandosi alla difesa. Al suo concetto di calcio che, tuttavia, va rivisto. E qui arriviamo ai suoi demeriti. 
I demeriti di Allegri sono quelli di essersi sentito, all'arrivo, troppo un salvatore della patria, che ci avrebbe messo poco a risollevare la Juve, schierando semplicemente i giocatori nei propri ruoli, e invece si è reso conto che la Juventus ereditata non era più la sua. Nella testa e nell'anima dei giocatori anche e soprattutto di quei giocatori che aveva già avuto. Ha capito che Pirlo, in fondo, aveva fatto un ottimo lavoro e che non era poi tutto così scontato. E quindi ha comninciato a cambiare formazioni su formazioni facendo una fatica pazzesca a trovare la quadratura del cerchio. Non è riuscito ancora a valorizzare giocatori come Chiesa, Kean e forse lo stesso De Ligt (anche se nella parte finale del girone di andata l'onaldese è stato tra i migliori) e, soprattutto è ancora restio a concedere più spazio ai giovani: Kaio Jorge e Soulé su tutti. Ma, anche qui, nel finale di prima parte di stagione qualcosa in più ha concesso a loro cambiando intelligentemente la propria idea di gestione della linea verde.

Gli errori di società e area tecnica sono ormai noti e deveono essere etichettati come "clamorosi errori di programmazione" che non possono più essere ripetuti ma a cui, anzi, bisogna porre rimedio: dalla cacciata di Marotta mai sostituito, all'eccessivo potere concesso da Agnelli a Nedved e Paratici per dedicarsi alla SuperLega, eccessivo potere che ha portato l'ex direttore sportivo a commettere una serie infinita di errori anche macroscopici (vedi il caso McKennie-Suarez). Senza dimenticarsi dei tanti, troppi, errori di mercato frutto di una insolitamente toppata programmazione.

Adesso è tempo di ripartire, e farlo senza dimenticare le cose fatte bene ma soprattutto quelle fatte male.


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