.

La Juve prima di tutti, dietro tutti quanti. Stagione finita? Niente scudetto, sbugiarderebbe la linea del “vinti sul campo”. Champions e non solo: tocca alla UEFA dettare la linea

di Ivan Cardia

Storia vecchia, cari lettori. La Juventus si muove prima del tempo, prima delle istituzioni, sicuramente prima delle concorrenze. Le altre 19 di Serie A litigano attorno all’ineluttabile, i bianconeri si muovono e trovano un accordo per ridurre gli stipendi: club e calciatori, voto 10. Stop a polemiche, dietrologie, trattative fuori da questo mondo. Ora è il momento di andare avanti: di questi 90 milioni (ipotetici, ma non entriamo in dettagli tecnici) la Vecchia Signora può destinare una parte a un fondo di solidarietà per club e giocatori meno ricchi: dopo lo scacco matto, sarebbe confermare la propria superiorità, a livello di struttura e strategie. Indicare la strada che poi gli altri possono seguire. Storia vecchia, appunto.

Superato l’inghippo calciatori, una diatriba stucchevole e lontana dalla dolorosa realtà di oggi, adesso tocca alla UEFA, signori miei. Oggi (martedì) ci sarà una riunione dei segretari generali: Nyon ha già battuto qualche colpo, ora deve darci una linea. Dello scudetto abbiamo scritto più volte, soffermiamoci un altro po’. Ci pare che anche Andrea Agnelli la pensi così: vincerlo ora, a due terzi della stagione, non avrebbe senso. Se non si tornerà in campo, meglio annullare tutto, arrivederci e grazie. I tricolori vinti a tavolino la Juventus può lasciarli perdere, e se così andasse (ci auguriamo di no, ma è difficile che vada diversamente) dovrebbe fare di tutto per non vedersi assegnato questo scudetto monco. Sconfesserebbe una linea societaria molto chiara, criticabile o condivisibile a seconda del punto di vista: se conti scudetti vinti sul campo ma che altri non ti hanno assegnato, porti fino alle estreme conseguenze questa filosofia.

Sullo scudetto, come pure sulla Champions, sulla stagione che non è e su quella che sarà, dicevamo, tocca alla UEFA esprimersi. Ai campionati nazionali va data libertà e priorità, come è già successo. Però Ceferin e i suoi devono fissare dei paletti. Perché, in Italia e non solo, ne stiamo sentendo di ogni. Tornare a giocare a giugno per esempio. Chiudere a fine luglio, ancora. Tutto si può fare, per carità. Ma siamo sicuri che avrebbe senso un’annata conclusa a luglio, poi un paio di settimane di riposo e subito via con l’altra stagione, fino a un Europeo zeppo di giocatori a quel punto esausti? È una domanda che la UEFA deve porsi. Basta scegliere un tempo limite entro cui si può ripartire, uguale per tutti, e farlo una volta per tutte. Una piccola certezza in un mare di inquietudine. I calciatori possono fare gli straordinari? Certo che sì. La domanda è se ne abbiamo davvero bisogno. La Champions, invece, pare andata: se si giocherà con gare secche non sarà la stessa, e comunque è una possibilità abbastanza ridotta in questo momento. D’altra parte, siamo onesti: in questi giorni strani, lontani dalla vita vera, aspettiamo di vedere cosa ci riserverà domani. Ma non certo per scoprire chi farà gol.


Altre notizie
PUBBLICITÀ