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L'IMBOSCATA - Bremer e Cabal, sfortuna e non solo. Cessioni e rinforzi. Gravina sotto inchiesta, ma resta in sella con voti "complici". Aia sinedrio di potere. Gli atti nei cassetti di Chinè: un mistero. Il "manovratore" e la (non) politica Juve

di Andrea Bosco

di Andrea Bosco

Due “crociati”. Due infortuni gravissimi: uno a Bremer su un campo italiano. Uno a Cabal durante l'allenamento con la sua nazionale. Due incidenti sfortunati. Ma certamente uno fa girare gli zebedei: come sempre quando gli infortuni avvengono con la maglia delle nazionali. Al netto di questo, si gioca troppo. E tutti, club e Federazioni pretendono, per dirla con Shakespeare, la loro “libbra di carne”. Si gioca troppo perché è aumentato esponenzialmente il numero delle gare. Coppe e coppette che contano un tubo ma portano quattrini. Champion's allargata anche ai postelegrafonici: non è la elitaria Superlega, (abortita definitivamente?) è la Champion's “democratica” inventata da Ceferin per venire incontro alla insaziabile fame di denaro dei club. Si gioca di più. Se Ceferin fa il Trimalcione, Infantino non è da meno con il Mondiale per Club a fine stagione. In Italia tra coppe nazionali e Supercoppe (sempre nazionali) gonfie di petrodollari, da giocare a ridosso del deserto, spostando gare di campionato e stravolgendo il calendario, non sia mai che Gravina faccia una riforma con riduzione del numero delle partecipanti al campionato di serie A. A venti squadre il campionato, o “morte”.

Il “riformatore” Gravina che la Lega finge di contestare, salvo poi baciargli l'anello ed inginocchiarsi a leccargli la pantofola, vere riforme non le farà mai. E resterà al suo posto con i voti complici dei Dilettanti, della Lega Pro, degli Arbitri, degli Allenatori e dei Giocatori. La Lega di serie A e quella di serie B sono il ciuco da soma che tira la carretta e paga il conto di tutti. Nella connivenza del Coni e nell'ignavia (tranne il deputato Mulè) di un governo, al quale in fondo sta bene così, a cominciare dal ministro dello sport Abodi: non si tocchi il manovratore, quel Gravina, inseguito ultimamente anche da inchieste giudiziarie ma sempre in sella, grazie all'appoggio (disinteressato?) di alcuni presidenti di lungo corso: cinici e scafati. “Gratta il Pepito e troverai il Peppone”, recita Fernandel Don Camillo in un film dell'immortale saga. Metti in lavatrice una maglietta e nonostante il nuovo look troverai i noti “colori”. Quelli della prepotenza e della protervia.

Io provo compassione per i presidenti di serie A che ogni domenica si lagnano per il “protocollo” arbitrale e per la giustizia sportiva. Provo compassione perché non c'è peggior orbo di chi non vuol vedere, o peggior sordo di chi non vuol sentire. Gravina presidente federale significa “gattopardeide” per sempre. Volete arbitraggi diversi da quelli che state subendo? Volete un uso del Var ragionevole e non dispotico? Dovete rimuovere gli attuali vertici arbitrali. L'Aia è un sinedrio di potere, dove “avanzano” non i più bravi, ma gli amici degli amici, magari con la scusa dell'anzianità. Altrimenti uno come Massa (Napoli-Inter della scorsa stagione: morte accertata del calcio) da tempo non arbitrerebbe più. Volete un procuratore federale diverso da Chinè, uno che indaghi senza preclusioni e senza paraocchi? Uno che non vi prenda per i fondelli, spiegando che “quella certa procura è stata brava e fortunata nelle indagini (n.d.r: che non avrebbe potuto fare per incompetenza territoriale) e lui in quel caso ha potuto procedere dopo aver ricevuto gli atti”? Serve sloggiare Gravina: è il presidente federale che nomina il procuratore federale. Magari un altro procuratore lavorerebbe su “tutti” gli atti: quelli che anche Chinè da tempo ha ricevuto ma che misteriosamente giacciono in fondo ai suoi cassetti.

Ma nessuno vuole davvero “cambiare”. Il sinedrio della Lega, attiguo a quello della Federazione è un luogo di coltelli e veleni, tipo il Palazzo Papale nel Rinascimento. Si discetta di lana caprina, si fanno alleanze, si intessono intrighi, agguati, si parla sempre e non si decide mai. Gravina è forte perché le Leghe di serie A e serie B non sono unite. E non sono in grado di fare l'unica cosa che porterebbe loro una vera autonomia: uscire dalla Federazione e farsi una Lega autonoma. Poi vorrei vederlo Gravina. E vorrei vederlo Ceferin, scacciare dalle competizioni europee tutte le squadre italiane. Una Lega autonoma sarebbe in grado di dettare condizioni anche in materia di Nazionale. Non di subire qualsiasi cosa come da anni sta accadendo. Ma come diceva Don Abbondio, uno “se il coraggio non ce l'ha, mica se lo può dare”. Fra qualche anno Gravina passerà alla storia come un eroe. Perché la “narrazione” è inquinata dalle penne dei “vincitori”. E Gravina ha vinto: inutile girarci attorno. E continuerà a vincere.

La Juventus dovrà provvedersi a gennaio di almeno due rinforzi in difesa e uno in attacco. Sperando che i lungo degenti Milik, Douglas Luiz, Nico Gonzales possano rientrare in rosa. Per Bremer e Cabal la stagione è finita. Bene per Motta, male per le casse (in rosso) della Juve. A gennaio si cercherà una soluzione per Arthur: regalandolo, almeno si risparmierà sull'ingaggio. Ma garantito, il “pizzardone” pretenderà una buona uscita. Sarà congedato Pogba: si spera senza gli strascichi della vicenda Ronaldo. Non faccio i nomi di chi arriverà: sono tanti e francamente nessuno di quelli che circolano mi fa impazzire. Vedremo.

Ergo: fino a gennaio, Motta dovrà fare di necessità virtù. La Juve dovrà andare oltre ogni previsione, per restare agganciata al treno del campionato. In fondo due punti di distacco dal Napoli sono pochi. Ma in Champion's dovrà pedalare per migliorare la sua attuale classifica.

Detto questo, la Juve, questa Juve non è stata costruita per vincere subito. Si sono gettate le basi per cambiare. E qualche cosa di molto interessante (Savona, Cambiaso Kalulu, Weah, Conceicao, Di Gregorio, Thuram) si sta vedendo. Motta ha bisogno di tempo. Il problema è che alla Juventus il tempo è sempre limitato. E per blasone, storia, vocazione, la Juventus non partecipa: la Juventus è chiamata a vincere. Ma i tifosi dovranno comprendere. Certo se avessero dalla società qualche segnale di vita, davanti alle mille ingiustizie patite nell'ultimo triennio, i tifosi ne sarebbero confortati. Forse Allegri aveva fatto a Torino il suo tempo. Ma quel suo urlo, nella finale di Coppa Italia (“Dov'è Rocchi?”) dopo l'ennesimo scempio patito, spiega anche (probabilmente) la volontà di escludere i dirigenti dalla festa. Era stato zitto per tutta la stagione. Ma con evidenza non si era sentito tutelato. E in alcuni frangenti avrebbe dovuto esserlo.

Ma questa è la politica della Juventus, nella quale il presidente Ferrero alla domanda di un azionista, all'assemblea societaria, “Cosa pensa della Marotta League?” finge di non sentire.

Questione di stile (Juventus)? No: questione di non voler intralciare il manovratore. E oggi al “volante” c'è Beppe Marotta. La Juventus non ha alcun peso politico, né in Lega (dove al massimo si astiene), né in Federazione. Altri ce l'hanno: una sterminata armata piazzata nei posti chiave: istituzionali e mediatici. Non basterebbe un ventennio per “bonificare” il tribunale di Milano.

Quindi, se agli juventini, la situazione non garba è meglio si cerchino un'altra squadra. Oppure, se hanno i colleones, protestino: con il mondo, ma anche con la società. Il collega Pavan sta facendo un lavoro certosino: non ne fa più passare una. Serve fare come lui: tenere accesa la fiaccola del dissenso. Che i grisboni chiamano “polemica”. Ma solo perché hanno la coda: di cartone.


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