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Grande con le piccole, piccola con le grandi? Ronaldo-Allegri, senza Champions futuro da scrivere. Otto anni fa Del Piero e quella firma in bianco

di Ivan Cardia

Il campionato italiano non è allenante, diceva qualcuno. Forse ci aveva preso, almeno in parte. Vincere non è scontato, neanche in Italia. E ha ragione Paratici, quando evidenzia la poca coerenza nei giudizi. Però è un dato di fatto che la Juventus in Italia si possa limitare a passeggiare, mentre in Europa fatichi a ingranare non diciamo la quinta ma persino la terza. Mai battuti in casa, i bianconeri hanno rimediato tre sconfitte in otto partite di Champions League. Quella che brucia di più, soprattutto per come è arrivata, contro l’Atletico Madrid: giocando come voleva Simeone. Seguendo in modo preciso lo spartito che il Cholo aveva previsto e chiesto ai suoi.

In Italia, è un dato di fatto, sono quasi tutte piccole per la Juve. Che fa la voce grossa anche senza strafare. Al Wanda Metropolitano i bianconeri hanno arrancato fin troppo, sia pure contro la peggior squadra da incrociare: gli zero gol segnati ai Colchoneros nei tre confronti dell’era Allegri vorranno pur dire qualcosa. Di positivo, per paradossale che possa sembrare, c’è la durezza della sconfitta, l’impossibilità di appellarsi a un qualsiasi alibi. La Vecchia Signora, semplicemente, è stata troppo brutta per essere vera. E in vista del ritorno i due schiaffi di Madrid possono aiutare a risvegliarsi.

Di negativo, c’è l’identità. Ancora tutta da trovare. Anche qui, confessiamo un filo di incoerenza: quando vince, la Juve è bella e camaleontica. Il risvolto della medaglia è trovarsi senza certezze assolute nel momento del bisogno: i bianconeri non hanno un undici tipo. Può essere una forza, rischia di rivelarsi una debolezza. Domenica c’è il Napoli e può essere l’occasione, con due risultati su tre, per chiudere in via definitiva un discorso che non è mai stato davvero aperto. Dal 12 marzo, da Torino, dal ritorno con l’Atletico, passa però buona parte del futuro juventino, non soltanto a breve termine.

In caso di eliminazione, sarà inevitabile discutere a lungo del futuro di Massimiliano Allegri. Facciamo chiarezza: la valanga di critiche che ha travolto il livornese è ingenerosa e indegna dei risultati ottenuti negli anni. Le due finali non sono un trofeo ma pur sempre un vanto, i quattro (cinque?) scudetti vinti non erano scontati. La Juve è più forte? Vero, ma il calcio non si gioca alla Playstation, né in Serie A né in Champions League. E quei valori di carta Allegri li ha resi reali. Peraltro, se vi sono colpe per una sconfitta (e ve ne sono), vi devono essere meriti per le vittorie. Altrimenti il giochino non funziona. Fatta questa doverosa premessa, la pressione dopo un’eliminazione così anticipata rischierebbe di essere troppa persino per uno con le spalle così larghe. E poi la Juve dovrà comunque rinnovarsi: inevitabile pensare di partire dal tecnico. Funziona così, anche se l’idea di un Allegri alla Ferguson non dispiace a chi scrive. Difficile trovare di meglio. Zidane? Sì, ma se si criticano le vittorie facili di Allegri con Zizou la base di partenza non è poi molto diversa. Conte? Sì, ma non è detto che un ritorno sia davvero possibile. È tutto da scrivere, è tutto da verificare.

Come Cristiano Ronaldo. Anche qui, serve chiarirsi: il portoghese non è tipo che molla le sfide. E checché ne dica Ibra la Juventus è una sfida per lui. Sin qui, però, il fattore CR7 si è visto solo a sprazzi: decisivo in campionato, ma per quello Higuain era stato più che sufficiente. Un solo gol in Champions e il nervosismo del Wanda Metropolitano. Il cinque mostrato ai tifosi dell’Atletico, in fin dei conti, era mostrato anche ai suoi compagni di squadra. Forse in modo involontario, ma pur sempre tale da segnare un solco. Ronaldo, dicevamo, non molla le sfide. Però in Portogallo già iniziano a parlare di insoddisfazione, e quando Jorge Mendes si muove le avvisaglie sono chiare. Però la Juve che esce agli ottavi con un Ronaldo impalpabile sarebbe una mazzata dura anche per il più famoso al mondo. Però Parigi è una bella città e l’idea di vincere ovunque può stuzzicare. Tanti però, un dato certo: a oggi, parlare di addio di Ronaldo a fine stagione è prematuro e azzardato. Il 2-0 di Madrid, se non ribaltato, rischia però di pesare davvero sul futuro della Juve. Come minimo, su quello che della Juve si scriverà da qui a giugno. Converrebbe cambiare la sceneggiatura vista al Wanda.

PS - Fuori tema, ma le ricorrenze vanno celebrate. Otto anni fa, era il 25 febbraio 2011, Alessandro Del Piero annunciava di essere disposto a firmare in bianco il rinnovo di contratto con la Juve. Era un tentativo di scacco matto, è stato l’inizio dell’addio. Ora, Del Piero sarà sicuramente felice nel fare quel che fa. La Juve vince anche senza Pinturicchio. Ma sono ancora lontani, in modo innaturale per la storia che hanno costruito insieme. Quanti giocatori si trovano, disposti a firmare in bianco? Nessuno. Il lieto fine non è previsto?