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Il pallone racconta: IL 5 MAGGIO 2002 (prima parte)

di Stefano Bedeschi

È terminato il campionato 1999-2000 ed il calcio italiano è dominato dalle squadre romane; la Roma di Capello ha appena vinto lo scudetto, strappato ai “cugini” laziali, vincitori l’anno precedente. Juventus, Milan ed Inter sono le grandi sconfitte e meditano una pronta riscossa.
La Juventus è la più furiosa di tutte; i due campionati appena trascorsi, sono finiti fra mille polemiche, errori arbitrali, “diluvi universali”, passaporti falsi e decreti pro giocatori extracomunitari dell’ultimo secondo. La triade juventina (Moggi-Giraudo-Bettega, con la supervisione di Umberto Agnelli) decide di tornare all’antico, “scaricando” il tecnico Ancelotti e recuperando Marcello Lippi, l’allenatore degli ultimi successi, che viene dal fallimento interista. L’operazione ritorno, che ha visto di recente dei personaggi del calibro di Trapattoni, Sacchi e Capello fallire miseramente, non spaventa il tecnico viareggino, che progetta una squadra rifondata in difesa e potenziata atleticamente a centrocampo. La campagna acquisti è vistosa; arrivano il portiere Buffon ed il campione del Mondo Thuram, gioielli del Parma, per 175 miliardi di vecchie Lire complessivi. Dalla Lazio viene ingaggiato il nuovo pilastro di centrocampo, il ceco Pavel Nedved, infaticabile ed illuminato trascinatore, per 70 miliardi. L’esborso è compensato da due addii eccellenti; sua maestà Zidane al Real Madrid, per l’incredibile cifra di 150 miliardi e Filippo Inzaghi, al Milan, per 80.
Lippi costruisce una squadra raramente brillante, ma molto compatta, specie dopo qualche aggiustamento tattico: il portiere della Nazionale, Buffon, è una sicurezza, nonostante un avvio incerto; davanti a lui l’assetto definitivo prevede Thuram a destra (dopo l’avvio al centro, posizione che predilige) col recupero del formidabile grande “vecchio” Ferrara accanto a Montero (od Iuliano) nel cuore del reparto difensivo, mentre a sinistra Pessotto è sempre molto affidabile. A centrocampo la diga Tacchinardi al centro, il veloce incursore Zambrotta a destra ed il coriaceo Davids a sinistra coprono la straripante vitalità di Nedved, spostato sulla trequarti dopo l’avvio a sinistra, con strepitosi esiti. L’infaticabile Conte completa un reparto atleticamente superbo. In avanti, Trezeguet, un “animale da goal” che partecipa poco alla manovra, ma infila reti in continuazione e che sale sul trono dei bomber grazie anche all’aiuto del mobile Del Piero, recuperato a grandi livelli, anche sotto rete. Poco fortunato il cileno Salas, alternativa di lusso, presto emarginato da un grave incidente.
Anche il Milan pensa in grande; terminato sesto nella stagione precedente, dopo aver alternato tre allenatori (Zaccheroni, Tassotti e Maldini), si affida al turco Fatih Terim, che ha dato spettacolo con la Fiorentina. Arrivano Filippo Inzaghi e Rui Costa e tanto basta per far sognare i tifosi rossoneri.
Dopo il fallimento Lippi ed il disastro Tardelli (che ha dalla sua un derby perso per 0 a 6) anche l’Inter si affida ad un tecnico straniero; è l’argentino Hector Cuper che fatto benissimo in Spagna, sia con il “piccolo” Maiorca che con il Valencia. È soprannominato “l’eterno secondo”, perché non ha vinto niente d’importante (con la squadra delle Baleari ha perso la Coppa delle Coppe, sconfitto dalla Lazio in finale, con il Valencia è arrivato secondo in campionato ed ha perso due finali di Champions League, contro il Bayern Monaco ed il Real Madrid) ma i tifosi nerazzurri non sono superstiziosi. Finalmente si è ricomposta la grande coppia dei sogni; un allenatore argentino ed un Moratti come presidente, come nell’epoca della “Grande Inter” del “mago” Herrera. Come sempre, la campagna acquisti è faraonica; arrivano Toldo, Materazzi, Georgatos, Coincençao, Cristia-no Zanetti, Dalmat, Kallon, Ventola, Fontana, gli argentini Guglielminpietro, Sorondo e Vivas, i turchi Emre e Buruk. Ma lo sforzo più imponente è l’ennesimo tentativo di recuperare Ronaldo, per permettere al “fenomeno” di formare la coppia da sogno con Christian Vieri.
La Lazio, perso Eriksson, si affida a Dino Zoff e si presenta ai blocchi di partenza con molti volti nuovi; Stam, Fiore, Liverani, Giannichedda, Mendieta e Kovacevic, scambiato con Salas, finito alla Juventus.
Fabio Capello, invece, non cambia; la sua Roma è fortissima e bastano un paio di acquisti ben mirati. Il primo è il più roboante e riguarda il “gioiellino” del calcio italiano, Antonio Cassano, grandissimo talento ma caratterialmente impossibile da gestire. Il ragazzo della “Bari vecchia” costa al presidente Sensi ben 60 miliardi di vecchie Lire, ma ha solamente diciannove anni ed un futuro radioso davanti a lui. Arriva anche, dal Monaco, il “pupillo” di “Don Fabio”, quel Christian Panucci che ha seguito il tecnico friulano sia Milano che a Madrid. Per il resto, la squadra capitolina si affida all’estro di Francesco Totti ed ai goals del “Re Leone” Batistuta.


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