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Gli eroi in bianconero: Vincenzo IAQUINTA

di Stefano Bedeschi

Quaranta goal in 109 presenze nella Juventus – si legge su www.Juventusnewsradio.,it del 18 novembre 2012 – questa è la media di Vincenzo Iaquinta in quattro stagioni passate nella rosa juventina, all’ombra della Mole. Un’ottima media per una prima punta, specie trovandosi come terza scelta al fianco della storica coppia Del Piero-Trézéguet. Sebbene sia ancora membro dentro la società della Vecchia Signora, l’ex bomber bianconero di Crotone è già da considerarsi un ex, poiché non rientra minimamente nei progetti di Antonio Conte per la sua nuova Juventus, e già da oltre un anno non scende più in campo in partite ufficiali con la maglia bianconera, essendo utilizzato giusto in qualche amichevole interna a Vinovo e vivendo da separato in casa, quello che probabilmente è il suo ultimo anno nella squadra Campione d’Italia.
A oggi c’è chi paragona questa situazione a quella simile di Amauri, altro giocatore comperato negli anni della gestione Secco-Blanc. In realtà le circostanze sono analoghe solamente per quanto riguarda la situazione contrattuale e i mancati acquirenti. Per quanto riguarda il resto invece, Iaquinta pur giocando più o meno lo stesso numero di partite di Amauri con la maglia juventina, si è ritagliato un posto importante nella storia bianconera, venendo fermato soprattutto da una lunga serie di infortuni.
Infatti, l’ex numero nove della Juventus è stato forse l’acquisto migliore di quegli anni bui per la squadra distrutta da Calciopoli e dall’anno in Serie B. Soprattutto considerando i molti altri acquisti e le spese scellerate orchestrate dalla pessima dirigenza, che prese il posto del defunto avvocato e della fantomatica triade. 
Storia in bianconero: Arriva dall’Udinese per undici milioni di euro nell’estate del 2007. La Juventus è appena ritornata in serie A dopo Calciopoli e necessita di nuovi attaccanti di peso. Uno dei prescelti è proprio Iaquinta e nelle prime due stagioni, The Jack (così ribattezzato) dimostra tutto il suo valore in una Juventus parecchio indebolita dalle vendite coatte di vari titolari, ma che ottiene lo stesso il terzo posto la prima stagione e il secondo posto nella seconda stagione all’ombra della Mole.
È un rapace del goal, Vincenzo Iaquinta, un vero numero nove. Segna in tutti i modi, di opportunismo, sfruttando palloni sporchi giunti in area in qualche modo, con colpi di precisione oppure in acrobazia, abile anche nel gioco aereo sfruttando un’ottima stazza, è molto veloce e mobile in zona d’attacco, è insomma un attaccante completo, che con i suoi goal risolve diverse partite complicate per la sua squadra anche allo scadere del novantesimo. Più volte l’ex attaccante di Udine, salva la “Vecchia Signora” dalla sconfitta, riuscendo anche a strappare vittorie insperate grazie al suo istinto da rapace.
Ma le note dolenti sono i suoi cronici e continui problemi fisici che cominciano a palesarsi già nel primo anno alla Juventus e che continueranno limitandone di molto le ottime prestazioni già dal 2009. Nonostante i suoi guai fisici, lascia il segno sia in campionato sia in campo europeo ma questo non basta per tenere a galla una squadra molto indebolita che nelle due stagioni successive crolla per due volte al settimo posto mancando l’ingresso nell’Europa che conta e sfigurando pure in Europa League. Iaquinta segna il suo ultimo goal, il quarantesimo, con la maglia della Juventus nel Novembre del 2010 in una partita casalinga di campionato pareggiata contro la Roma 1-1 prima di fermarsi per un ennesimo problema fisico, stavolta uno strappo alla coscia sinistra che ne chiude anzitempo la quarta stagione bianconera.
Con l’arrivo di Antonio Conte nell’estate del 2011, Iaquinta non trova più spazio, complici soprattutto gli infortuni che dal 2009 non lo hanno più risparmiato limitandolo pesantemente. Nella seconda parte di stagione passa in prestito al Cesena dove sembra lasciarsi gli infortuni alle spalle e ritorna anche al goal, segnando alla Lazio e procurandosi pure un calcio di rigore trasformato poi da Mutu ma è solo un fuoco di paglia, l’infortunio è dietro l’angolo e lo colpisce nuovamente.
Ritorna alla Juventus, dove continua a percepire un importante contratto e non trova squadre disposte ad acquistarlo per la stagione successiva, ritrovandosi quindi ai margini della rosa bianconera senza più rientrare nei progetti di Conte e quindi rimanendo in attesa della scadenza del contratto con i Campioni d’Italia e la ricerca di una nuova squadra.
Non si può segnalare come bidone, un giocatore strappa punti come Iaquinta, capace di risolverti partite apparentemente chiuse anche all’ultimo secondo. Ma non si possono neanche ignorare tutti gli svariati problemi fisici avuti dal giocatore nel corso della sua carriera, problemi che lo hanno fortemente limitato negli ultimi anni e che probabilmente non avrebbero permesso a Conte di puntare su di lui neanche se lo avesse voluto.
Forse sfortuna, forse incapacità dello staff medico di curarlo a dovere, forse un fisico troppo fragile, fatto sta che Iaquinta non ha reso quanto avrebbe potuto alla Juventus, fermandosi a una media goal discreta, ma che, senza tutti quegli infortuni, sarebbe stata sicuramente molto più alta. La classe non è acqua e il senso del goal spesso lo hai o non lo hai. Iaquinta possedeva entrambe queste doti notevoli ma non ha avuto modo di mostrarle fino in fondo, anche a causa di varie formazioni della Juventus, non sempre all’altezza soprattutto sul piano difensivo.

“TUTTOSPORT”, DEL 10 OTTOBRE 2014
«Potevo giocare altri tre anni, invece mi sono dovuto ritirare. Quando ti fai sempre male, finisci per mollare un po’ mentalmente». Vincenzo Iaquinta ha detto basta ufficialmente nei mesi scorsi. A trentacinque anni, dopo un Mondiale vinto con l’Italia, quaranta goal in 108 partite con la Juventus e una serie di infortuni diventati insopportabili. C’è una cosa che non rifarebbe più? «Dal Reggiolo all’Udinese, dalla Nazionale alla Juve, della mia carriera ripeterei tutto».
Davvero nessun rimpianto. «In realtà uno ce l’ho: mi spiace non esser stato protagonista nella Juve di Conte. Una squadra con una mentalità straordinaria. Sono uscito di scena proprio sul più bello».
Conte, nel 2011-12, non l’ha utilizzata neanche un minuto. «È vero, però stravedeva per me. Ricordo le parole che mi disse quell’estate: “Vincenzo, fammi vedere che sei quello che penso, poi convinco io la società a tenerti”. Purtroppo, però, mi infortunai».
Di nuovo fermo e di nuovo al centro di tante voci. «Ne ho sentite di tutti i colori. Tutte falsità dette da gente invidiosa. Su Internet scrivevano addirittura che mi stessi disintossicando. Una cattiveria assurda e senza senso che qualcuno aveva tirato fuori già ai tempi di Udine. Pazzesco, io in quei periodi soffrivo da matto, perché ero infortunato».
Ma ha capito il motivo di così tanti guai fisici? «Di sicuro, nel 2009, dopo l’operazione al ginocchio, si tentò di farmi rientrare troppo in fretta. Mi dissero di provarci troppo presto, avevo una gamba sottile come quella di mio figlio».
Che effetto le fa vedere Buffon e Pirlo, suoi compagni al Mondiale, ancora protagonisti assoluti? «Parliamo di due fenomeni. Gigi è ancora il portiere più forte del mondo. Andrea è unico nel suo genere: ha talmente tanta classe che può continuare a giocare ancora per due o tre anni».
Con chi è rimasto in contatto del gruppo juventino? «Marchisio è quello che sento più spesso».
Il compagno più estroso conosciuto in carriera? «Forse Felipe Melo: un “matto”, buonissimo di animo».
Ha individuato un nuovo Iaquinta? «È dura, perché io ero un attaccante atipico. Giocavo anche sulla fascia, nonostante i miei 190 centimetri di altezza».
C’è una partita che le toglie ancora il sonno? «Vorrei rigiocare la finale Mondiale».
Cioè? «Sì, la vorrei rigiocare, perché è stata l’emozione più grande della mia vita. Una serata pazzesca, ancora adesso mi vengono i brividi a pensare alla Coppa e alla festa negli spogliatoi».
C’è dell’altro? «Un’altra partita che vorrei rigiocare, ma per il motivo opposto, è Juve-Chelsea di Champions. È un’eliminazione che mi brucia ancora».
Allegri erede di Conte: se lo aspettava? «Sinceramente, no. Però la scelta è stata giusta. Rispetto ai tre anni di Conte è cambiato poco, mi sembra la stessa Juve aggressiva. Il fatto che i giocatori non abbiano avuto un calo è una conferma delle qualità di Allegri. È un allenatore che si fa rispettare».
Anche lei sta studiando da tecnico. A chi si ispira? «Voglio prendere il patentino e cominciare con i ragazzini. I miei modelli sono Spalletti, Lippi e Conte».
Un allenatore che avrebbe voluto avere? «Mourinho, perché da fuori sembra un bel martello».
Scudetto: Juve o Roma? «Difficile sbilanciarsi, ora. Sarà lotta a due fino alla fine».
I bianconeri dove possono arrivare in Champions? «Spero il più lontano possibile. Nonostante la sconfitta contro l’Atlético Madrid, è tutto aperto».
 


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