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Gli eroi in bianconero: Stefano STURARO

di Stefano Bedeschi

Il mercato di gennaio, detto anche di “riparazione”, difficilmente offre opportunità convenienti. Va da sé che anche Marotta-Paratici abbiano sempre trovato qualche difficoltà di troppo a reperire giocatori validi. Da acquisti boom (come Barzagli e Cáceres, Matri e Padoin) a veri e propri flop (su tutti Bendtner e Anelka, Borriello e Osvaldo oppure Rincón). Difficilmente collocabile fra i primi o fra i secondi, troviamo Stefano Sturaro da Sanremo, dove è nato il 9 marzo del 1993. Approda sulle rive del Po nel febbraio del 2015, proveniente dal Genoa, dove si è messo in luce con ottime prestazioni.
«Sono andato via da casa a diciassette anni, ho avuto un sacco di guai fisici fin da ragazzino. Avevo un osso in più all'attacco della tibia in entrambi i piedi, che dopo una ventina di minuti di partita si gonfiavano tanto da costringermi a smettere. Avevo dolore, ero spaventato e arrabbiato. È passata quando mi hanno operato. Prima a un piede e poi a un altro, altrimenti sarei dovuto stare su una sedia a rotelle per mesi, e non volevo. Così ho passato un anno sulle stampelle, ma almeno ero in piedi. Sono esperienze che ti cambiano e ti rendono più duro. Devo ringraziare il Genoa, mister Gasperini che mi volle con sé. Se non fossi tornato nella società dove ero cresciuto, ora sarei a lavorare da qualche parte».
Giocatore di quantità e di sostanza, che fa del sacrificio e della corsa il suo punto di forza, viene richiesto da Allegri per aumentare la fisicità del centrocampo bianconero.
«Il mio piede è il destro, ma anche con il sinistro me la cavo – dice il giorno della presentazione – corro volentieri per i compagni e posso adattarmi a più sistemi di gioco se l'allenatore me lo chiede. Mi adatto a vari moduli. Non ho un ruolo fisso, posso giocare ovunque a metà campo. E non ho nemmeno un solo modello: ho preso spunto da tanti giocatori del passato e del presente. Il mio obiettivo? Ora voglio entrare bene in questo gruppo e in questa società per partire alla grande il prossimo anno e poter dare il mio contributo».
Una quindicina di presenza sono il suo bottino condito con un bellissimo goal al Napoli, nell’ininfluente partita vinta dalla Juventus per 3-1. E, soprattutto, una sontuosa partita contro il Real Madrid a Torino. Infatti, un suo clamoroso salvataggio su James Rodríguez a porta spalancata, permette alla compagine bianconera di battere le Merengues per 2-1 e approdare, dopo l’1-1 al Bernabéu, alla finale di Champions League. «Avevo capito che avrei giocato alla vigilia – racconta al fischio finale – però non avevo la certezza. Io il nuovo Gattuso? Paragone lusinghiero, ma io sono Sturaro e basta».
È la stagione successiva quella della consacrazione. Allegri gli concede spesso e volentieri fiducia e il sanremese lo ripaga con ottime prestazioni. Soprattutto in campo internazionale, dove fa spicco il goal realizzato al Bayern Monaco, rete che fissa il punteggio sul 2-2, dopo il doppio svantaggio bianconero. «Non mi aspettavo di certo il goal – spiega nelle interviste del dopo partita – ma io in partita cerco sempre di dare il massimo e a volte capita di avere fortuna. È il mio primo goal in Champions ed è un’emozione che mi porterò per sempre».
Qualche gioia anche con la Nazionale, con la quale disputa la sfortunata semifinale contro la Germania a Euro 2016.
Nel campionato 2016-17 comincia un lento declino. Sballottato in diversi ruoli (da centrocampista a esterno a terzino), colleziona prestazioni mediocri e sono tante le volte che guarda i compagni giocare. Fino ad arrivare all’inevitabile separazione, che avviene nell’estate del 2018.
Per il buon Stefano, comunque, la soddisfazione di aver vinto quattro scudetti e quattro Coppa Italia e l’aver indossato per una novantina di volte la gloriosa casacca bianconera.
«Fino alla fine ho dato tutto per i colori bianconeri, ormai parte del mio DNA. Orgoglioso di aver sudato e gioito insieme. Importante continuare a crescere. Un grazie particolare va a tutti ragazzi della curva, porterò sempre con me il vostro affetto e sostegno», il suo saluto finale.
 


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