Gli eroi in bianconero: Pietro SERNAGIOTTO
Calcisticamente si era formato in quella magnifica fucina che fu la “Palestra Italia”, società paulistana, che accoglieva la parte migliore della nostra colonia di emigrati in terra brasiliana. Pietro Sernagiotto, figlio di friulani che avevano cercato fortuna oltre oceano, godeva di notevole celebrità e gli sportivi brasiliani, per la sua distinzione e autorevolezza di personalità, anche se emanava da fisico di proporzioni alquanto ridotte, gli avevano affibbiato un soprannome che gli calzava a pennello. Era “Ministrinho”, ossia “piccolo ministro”, come se la fama sportiva dovesse andare di pari passo con quella politica, anche se il ragazzo non si fosse mai immischiato, né avesse accennato di volerlo fare, in quelle faccende.
Ma i fantasiosi brasiliani gliene avevano coniato un altro, molto più azzeccato e giustificato dai fatti: “flecha de oro”, freccia d’oro. La minuscola ala destra, con il suo gioco caratteristico, suscitava l’immagine di un dardo scoccato da una invisibile balestra. Caratteristico era il suo scatto fulmineo, che lasciava quasi sempre in asso ogni più attento avversario addetto alla sua marcatura; la partenza da fermo di Pietro Sernagiotto appariva, infatti, sorprendente e nessun difensore riusciva a prevederla e prevenirla. Era anche molto veloce, ma si trattava di una velocità iniziale che, dati i ridotti mezzi fisici del soggetto, non riusciva ad essere mantenuta a lungo.
La Juventus si assicurò i servigi di Sernagiotto alla fine del 1930. Tra la società bianconera e la Direzione della “Palestra Italia” gli accordi erano stati definiti ed il giocatore s’imbarcò per la traversata dell’Atlantico. A Genova era andato ad attenderlo l’ing. Benè Gola, delegato dalla Presidenza il quale, dando il benvenuto allo sbarco al nuovo giunto, ebbe la sgradita sorpresa di venire a conoscenza che durante la navigazione emissari di altra società italiana, più precisamente il Genoa, avevano carpito la buona fede del ragazzo e gli avevano fatto firmare un altro cartellino di tesseramento.
Il fatto suscitò scalpore ed i nostri dirigenti federali non poterono ignorarlo: il risultato fu che Pietro Sernagiotto si vide comminata la squalifica di un anno. Nel periodo della punizione, la Juventus utilizzò giocatore solamente negli incontri amichevoli non ufficiali; rientrò in campo nella stagione 1931-32, giusto in tempo per conquistare tre titoli nazionali, riusciti alla Juventus nel periodo del cosiddetto “ruggente quinquennio”.
“Ministrinho” era un’ala destra di elevate possibilità; adoperava indifferentemente i due piedi ed i suoi passaggi erano sempre molto precisi per indirizzo e dosatura; i tiri, poi, riuscivano spesso micidiali, sia per la giusta direzione cui erano avviati che per la potenza. “Flecha de oro”, la cui altezza era di 1,53, con peso e muscolatura proporzionati, era un tiratore poderoso che lasciava perplessi quanti lo osservavano e che stentavano sempre a credere come, da tanta modestia di mezzi fisici, potessero uscire effetti tanto rovinosi per i portieri avversari. Nelle tre stagioni che “Ministrinho” passò nelle file bianconere ebbe modo di giocare 60 partite, realizzando 16 segnature.
Di carattere franco e gioviale, Pietro Sernagiotto ebbe tanti amici ed estimatori nell’ambiente juventino. In squadra i suoi amici più intimi furono Monti e Bertolini, che si assunsero anche l’incarico di suoi alti protettori. Per quanto Sernagiotto fosse subito riuscito ad affermarsi nell’ambiente calcistico nazionale e bianconero, ebbe sempre un po’ la strada chiusa: nella Juventus da Federico “Ricciolo” Munerati, nella Nazionale da altri, come un altro italo/brasiliano, Guarisi e l’italo/argentino Guaita; ebbe, comunque, l’onore di essere chiamato da Vittorio Pozzo, giocando la sua unica partita in nazionale, il 22 ottobre del 1933, quando la nostra formazione “B” chiuse in pareggio, per 4 a 4, con l’undici “B” ungherese a Vercelli. Con Sernagiotto, figurarono nella nostra prima linea anche Silvio Piola e Nereo Rocco. Alla fine del primo tempo gli azzurri vincevano per 3 a 1, ma i magiari riuscirono a riequilibrare le sorti per loro compromesse.
Sernagiotto si sposò a Torino, quando fece giungere da San Paolo la sua graziosa fidanzata e, sempre a Torino, nacque anche il suo primogenito. Altri due figli ebbe dopo il suo rientro in Brasile, che avvenne all’inizio del 1935. Meticoloso amministratore delle proprie sostanze ed economo di carattere, aveva messo in disparte un discreto gruzzolo che gli fu prezioso al suo rientro per dedicarsi al commercio delle calzature, che era sempre stata attività familiare. Dopo la Juventus giocò ancora un paio di stagioni nella sua squadra di origine, che da “Palestra Italia” si era intanto trasformata in Palmeiras.
Pietro Sernagiotto, che è stato sempre cittadino italiano, aveva serbato un ricordo appassionato della Juventus ed accoglieva sempre con grande cordialità tutti quegli amici juventini che, talvolta, avevano occasione di recarsi in Brasile, non mancando mai di recarsi a fargli visita. Appariva lievemente ingrassato ed aveva sempre goduto di perfetta salute.
A 57 anni, invece, è mancato improvvisamente; Pietro Sernagiotto, calciatore che ha onorato lo sport sui campi di gioco del vecchio e del nuovo continente, italiano di stirpe, brasiliano di nascita, juventino di adozione. Di lui, nell’ambiente bianconero è stato e sarà sempre vivo il ricordo, sia di uomo che di giocatore.