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Gli eroi in bianconero: Massimo BRIASCHI

di Stefano Bedeschi

Diventa juventino all’inizio del luglio 1984, quando, il presidente del Genoa, Fossati, lo chiama mentre si trova in vacanza con la famiglia, dicendogli, in un linguaggio misterioso. «Tranquillo Massimo, oramai è fatta», senza fornire altri particolari. L’attaccante, poco incline a credere alle ricorrenti promesse del suo presidente, risponde con un «Va bene, allora devo tornare a Genova».

Massimo Briaschi è reduce da una positiva stagione nel Grifone, contraddistinta da dodici goal ed è al centro delle attenzioni di tante squadre di Serie A. La mattina dopo Boniperti, cioè la Juventus in persona lo chiama. «Subito non mi sono reso conto – racconta Briaschi – poi ho capito. La Juventus mi vuole, è la mia grande occasione!».

Il presidente bianconero comunica all’attaccante che lo attendono nel pomeriggio a Torino per firmare il  contratto. Nella Juventus arriva al posto di Bruno Giordano, dopo che l’attaccante della Lazio rifiuta il contratto propostogli da Boniperti. La Juventus offre parecchi soldi ma Giordano, tramite il manager, l’avvocato Canovi, pretende una cifra troppo alta per i parametri bianconeri.

Così Briaschi diventa juventino. «È come uno di quei sogni che sai che non si potranno mai realizzare e, di colpo, diventano realtà. Ammetto di avere avuto una fortuna sfacciata e di aver rischiato; ho rifiutato la Lazio, perché volevo una sistemazione migliore, ma potevo anche rimanere in Serie B e, magari, perdere il treno del grande calcio. Ho, forse, aiutato il destino, perché puntavo in alto. Sono bianconero, cioè ho raggiunto quella che è la migliore società d’Italia e, forse, di tutto il mondo».

Attaccante completo, molto veloce, opportunista sotto porta, ma anche dotato di un buon tiro, disputa la prima stagione bianconera in modo molto positivo. Nella Juventus, che fatica in campionato, Briaschi lega a meraviglia con tutti: con Rossi, con Platini, con Tardelli, con Boniek. Tredici goal sono il suo bottino personale, ma la sfortuna è in agguato. Il 24 aprile a Bordeaux, nella gara di ritorno per le semifinali di Coppa dei Campioni, uno scontro a centrocampo con Battiston gli è fatale: salta il ginocchio sinistro, con lesione del legamento crociato e della capsula articolare. Un dolore atroce ma Briaschi non si rende subito conto della gravità dell’infortunio.

La domenica dopo, il 28 aprile, la Juventus deve giocare contro la Fiorentina, al Comunale di Torino: Rossi si infortuna durante il riscaldamento pre-partita e Briaschi entra in campo col ginocchio fasciato, pur non essendo a posto fisicamente. Dopo tre minuti segna uno splendido goal, ma poi il male si acuisce; rimane in campo fino alla fine della partita, anche se zoppo.

Nella notte di Bruxelles, contro il Liverpool, si batte come un leone, ma l’intervento diventa necessario a stagione finita. Lo opera il professor Bousquet, a Saint-Étienne e Massimo è pronto al rientro nel campionato successivo; la Juventus, però, ha cambiato pelle, sono arrivati Laudrup e Serena, Mauro e Manfredonia e per Briaschi gli spazi si riducono.

Il bruttissimo incidente ne interrompe la carriera ad alti livelli, permettendogli, nei due anni a venire, di spigolare solo una ventina di presenze; il suo gioco, rapido e scattante, risulta, infatti, decisamente penalizzato dai problemi al ginocchio: «Non è stato un infortunio da poco, tant’è che ci vollero moltissimi mesi per riprendermi e il rendimento dell’ultima stagione a Torino ne ha in parte risentito. Così, dopo due campionati con il Genoa e un’esperienza di quattro mesi in Canada, decisi, a soli trentuno anni, di mollare il calcio, sperando di avere lasciato un buon ricordo. Dopo aver vinto tutto con la Juventus, non volevo accettare di scendere in categorie inferiori».
 


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