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Gli eroi in bianconero: Massimo BONINI

di Stefano Bedeschi

Al termine della trionfale stagione del 22° scudetto, Boniperti lo ha definito: «Il nostro fantastico terzo straniero». Più che alla origine anagrafica (è nato a San Marino), il presidente si riferiva al costante rendimento offerto da Massimo Bonini. Il biondo centrocampista è un mostro di continuità, infaticabile e prezioso. Quando si presenta, giovanissimo, lo battezzano in mille modi: il nuovo Netzer, il nuovo Benetti, l’erede di Furino. In realtà, Bonini è un azzeccato cocktail, ricco di personalità originale. Se la Juventus non ha dovuto rimpiangere un grosso campione come Furino, il merito è proprio del suo degno successore.
Cursore dai mille polmoni, nelle ultime stagioni Bonini ha saputo farsi apprezzare anche per un miglioramento sostanziale sotto il profilo tecnico. La sua qualità è la capacità di corsa: il vero, classico uomo ovunque: difesa, attacco, grande recuperatore di palloni, grazie ad una mobilità da fondista. Questa dote, unitamente alla disponibilità al sacrificio, lo rende amatissimo dai compagni che sanno di poter contare sul suo apporto: «La scarsa vena realizzativa non ha mai rappresentato un problema, perché la Juventus di allora era una squadra particolarmente sbilanciata in avanti, che si attendeva, da giocatori come me, la copertura e non le reti».
Negli anni d’oro di Platini, le sue doti podistiche gli permettono di vincere il duello con Tardelli come centrale a sostegno del divino Michel con conseguente spostamento di Marco nel ruolo di esterno destro (ed il buon Marco non gradì proprio).
Fra il primo ed il secondo tempo di un’importante sfida di campionato, l’Avvocato Agnelli entrò, come sempre senza farsi annunciare, nello stanzone degli spogliatoi. Michel Platini, seduto su una panca, fumava tranquillamente una sigaretta; non era una cosa rara, lo faceva quando era nervoso, per scaricare la tensione. L’Avvocato gli disse sorridendo divertito: «Platini, ma lei fuma nell’intervallo di una partita?»
«Avvocato,non si preoccupi se fumo io», rispose pronto Michel, «l’importante è che non fumi Bonini, che deve correre anche per me!»
Questo dialogo, diventato famoso, dimostra che Massimo non è un fenomeno ma neanche scarsissimo, molto solido mentalmente e tatticamente. Non un fuoriclasse, quindi, ma l’indispensabile supporto ai campioni.
Massimo nel 1977 è in serie D, a Bellaria. Poi si mette in luce nel Cesena e la Juventus lo individua come ideale complemento al centrocampo, assicurandoselo nell’estate 1981 per 700 milioni (più Verza e la comproprietà di Storgato). Fu un affare. La consacrazione internazionale del giovane centrocampista risale al 16 settembre 1981, tre giorni dopo l’esordio in A (13 settembre, Juventus-Cesena); Trapattoni lo schiera contro il Celtic in coppa Campioni ed il ragazzo ottenne subito la promozione. Pier Luigi Cera, libero del Cagliari scudettato, lo ha avuto a Cesena: «Bonini è un Furino con i piedi buoni, è un mediano completo. È il seguito di Furia e vale molto di più anche come tiro. Lo cancellerà, presto, dalla faccia della terra. Quando arrivò a Cesena, gli dissero che sarebbe stato una riserva, essendo giovane. Ebbene, da riserva è diventato in fretta titolare ed ha finito per essere l’anima del Cesena, il trascinatore, il giocatore più amato dalla folla».
La cittadinanza sammarinese gli ha creato anche qualche inconveniente curioso: dopo aver giocato nella Nazionale Under, infatti, Bonini è stato estromesso perché considerato straniero: «All’inizio degli anni ottanta ho giocato sette partite con l’Under 21 di Vicini. In quel periodo c’era anche un altro giocatore di San Marino nel giro delle nazionali giovanili, il mio amico Marco Macina. Nel novembre 1982 con la Juniores prese parte al torneo di Montecarlo e, in quell’occasione, le avversarie degli azzurri fecero reclamo, perché l’Italia schierava un giocatore non di passaporto italiano. L’UEFA intervenne e da quel momento Macina non poté più vestire la maglia azzurra. Fu cambiato il regolamento e dalla stagione successiva anch’io, dopo aver disputato due partite nell’Under come fuori quota, dovetti dire addio alla Nazionale».
Si è rifatto ampliamente con la maglia bianconera, evidenziando sempre più, particolarmente in Europa, le sue caratteristiche di gladiatore. Bonini si avvicinò allo sport molto presto, ma voleva fare il ciclista. Fu un incidente a suggerirgli di dedicarsi al calcio: «È stata la mia fortuna, come sono stato fortunato ad arrivare alla Juventus: pensate che era sempre stato il mio sogno. In camera, da ragazzino, avevo i poster appesi con l’immagine dei miei idoli bianconeri».

 


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