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Gli eroi in bianconero: Luis DEL SOL

di Stefano Bedeschi

Nato ad Arcus de Qualon (Spagna) il 6 aprile 1935. Comincia giovanissimo nelle file del Real Betis di Siviglia dove lo preleva il Real Madrid nel 1959. Con la bianca casacca delle “Merengues” vince due volte il titolo spagnolo (1961 e 1962), altrettante Coppe (1960 e 1962) e conclude la stagione 1959-60 aggiudicandosi Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. Dopo i Mondiali cileni del 1962 sembra destinato a raggiungere il Torino che, tuttavia, al momento di concludere l’affare, lascia cadere l’opzione per mancanza di liquidi. La Juventus, che conosce assai bene Del Sol per esserselo trovato di fronte nei quarti di finale della Coppa dei Campioni del 1961-62, ne approfitta e il piccolo spagnolo, costato 350 milioni, si veste di bianconero.
Indomabile, grande lottatore, un maratoneta dei campi di calcio, è l’autentico pilastro della Juventus operaia creata da Heriberto Herrera, il mister paraguayano che predica il “movimiento”, ossia giocatori a tutto campo e che sappiano giocare senza palla.
Di Stéfano lo definisce il Postino del gioco del calcio, in riferimento alle sue singolari attitudini di fondista e alle sue inesauribili doti di distributore del gioco. Del Sol è un centrocampista che sa tessere trame su trame, coprendo in continuità e per tutto l’arco della partita, una zona del campo, instancabile e insuperabile nel ritmo.
«Da un lato mi fa piacere essere definito un maratoneta – spiega Luis – anche perché, con il gioco moderno, chi non corre il pallone non lo vede mai; però non vorrei essere citato soltanto come un emulo di Abele Bikila, perché credo di sapere anche giocare al calcio e di averlo dimostrato».
Questo il giudizio di Beppe Furino, che ne prenderà il posto: «Professionista impegnato, un compagno nel senso completo della parola, un motore che divora chilometri senza pause, pronto ad aiutarti in caso di necessità. Quando arriva alla Juventus, io sto giocando nelle giovanili. Lo vedo e imparo. È un esempio, un punto di riferimento. Oltre alla gran voglia di correre ha voglia di vivere con intensità i giorni che ha davanti. Gli piace mangiare, fumare e divertirsi. In campo non risente di queste concessioni, peraltro legittime».
Al suo arrivo il problema più grosso sembra quello della convivenza con Omar Sivori. Sono due fenomeni della “pelota” con un passato burrascoso e una lite durante la bella di Coppa Campioni disputata al Parco dei Principi di Parigi nel 1962. La frattura sembra insanabile ma Omar e Luis dimenticano insulti pregressi, fanno la pace e in tre stagioni (dal 1962 al 1964) deliziano il popolo bianconero.
Del Sol milita al servizio della squadra bianconera per otto stagioni: 292 partite (228 in campionato, ventisei in Coppa Italia e trentotto nelle Coppe europee) e ventinove goal (venti, sei e tre rispettivamente) e lega il suo nome alla Coppa Italia 1965 e allo scudetto 1967 strappato dai bianconeri all’Inter di Helenio Herrera all’ultima giornata. Lascia la Juventus nell’estate del 1970 e approda alla Roma dalla quale si separa dopo un paio d’anni per rientrare in Spagna. Con la Nazionale spagnola partecipa alle avventure mondiali del 1962 in Cile e del 1966 in Inghilterra. Al servizio delle “Furie Rosse” disputa sedici partite e realizza quattro goal.
«Giocherò fino a che mi sento fresco, scattante, nel pieno della forma fisica e morale. Smetterò, tuttavia, non appena mi accorgerò di non essere più questo Del Sol, il vero. Sarò io il primo a capire quando arriva l’uomo del martello, quello che mi costringerà ad attaccare gli scarpini al chiodo».

 


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