Gli eroi in bianconero: Giuseppe GIACONE
È stato il primo portiere della Juventus che abbia vestito la maglia della Nazionale – scrive Gabriele Ferrero su “Hurrà Juventus” del febbraio 1963 –. Nato e cresciuto nelle squadre giovanili torinesi, salì rapidamente alla ribalta del calcio italiano. Giacone non aveva ancora 18 anni quando ebbe l’onore di esordire nella prima squadra dell’Unione Sportiva Torinese, per poi passare al Pastore, squadra che a quell’epoca era di primo rango. Fu proprio in un memorabile incontro a Bologna tra il Pastore e la gloriosa squadra rosso-blu dei fratelli Badini, che lo smilzo Giacone richiamò l’attenzione dei dirigenti juventini, i quali si affrettarono a farlo diventare bianco-nero.
Il necessario apprendistato alla Juventus durò poco: Giacone aveva tutti i numeri per far carriera e difatti subito si conquistò il posto di titolare. Il suo debutto ufficiale in maglia bianco-nera risale alla stagione 1919/1920: il campionato che fu vinto dall’Internazionale, vide però la Juventus come la squadra più degna rivale della compagine milanese. Era quello il primo campionato nazionale dopo la guerra mondiale.
La difesa juventina imperniata su Giacone, Bruna e Novo s’impose subito all’attenzione dei competenti aprendo la serie felice delle tradizionali difese di ferro juventine.
Nel maggio del 1920 Giacone partecipò, insieme con Campelli dell’Inter, altro prestigioso portiere di quell’epoca, alle Olimpiadi di Anversa, dopo aver esordito in campo internazionale nelle due gare di preparazione olimpionica contro la Svizzera e contro l’Olanda. Giova rammentare che fu l’allenatore della Nazionale, il famoso vercellese Milano I, a caldeggiare la sua candidatura in maglia azzurra alla commissione tecnica formata dall’avvocato Mauro, da Pasteur, da Terzuolo e da Varisco.
Giacone giuocò poi ancora nella Juventus per soli due anni, tornando successivamente all’Unione Sportiva Torinese da cui la Juventus prelevava il portiere Barucco.
Egli ebbe dunque una carriera rapida, intensa ma relativamente breve: possiamo dire che nella storia del nostro calcio nazionale la sua figura resta paragonabile a una meteora luminosa.
RENATO TAVELLA, DA “IL ROMANZO DELLA GRANDE JUVENTUS”
Un gran sospiro libera cuori ansimanti in tribuna allorquando è Giuseppe Giacone, il goal-keeper, a opporsi come ultimo baluardo. «Non è più un astro che sorge ma un astro che brilla già di tutto il suo splendore. Ha l’agilità di un gatto e il coraggio di un leone, è sicuro nella presa, maestro nei plongeons».
Paragoni romanzati cantano i footballers come in un’astratta poesia. Ma senza la poetica non esisterebbe neppure il football: quale cimento sarebbe? L’Italia è pur sempre elettrizzata da santi ed eroi, navigatori e poeti; sfinita ma compiaciuta si gode la gloria vittoriosa che le ha restituito Trento e Trieste. Forse non si avvede del malcontento che regna fra i reduci traditi nelle loro aspettative; forse non coglie i fermenti che stanno portando nelle piazze contadini e operai. Chissà.
E il bravo Giacone, erede di Durante e Pennano, di Montano, anche lui viene innalzato a forse eccessiva grandezza, quando invece è un normale ragazzo, studente in medicina. Un tipetto magro e divertito che ce la mette tutta, riuscendo spesso a svolgere in maniera efficace la sua funzione di portiere. A tal punto bravo però da figurare per quattro volte in Nazionale, detto per inciso, il primo juventino della storia a vestire l’azzurro.
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