Gli eroi in bianconero: Giorgio MASTROPASQUA
Il calcio totale olandese degli anni Settanta ha creato molteplici proseliti. Ma non tutti sanno che la prima squadra ad adottare questa nuovo credo calcistico è la Ternana di Corrado Viciani, che crea il cosiddetto gioco corto. La novità particolare riguarda il ruolo di libero, che non deve soltanto fungere da difensore in seconda battuta (da qui l’appellativo usato fino ad allora: battitore libero), il calcio moderno chiede a lui molto di più. Deve sapersi sganciare per poter dare il proprio apporto illuminante alla manovra, in poche parole deve saper costruire il gioco; anziché limitarsi a distruggere. E Giorgio Mastropasqua (un ventenne cresciuto nel vivaio juventino e prestato alla compagine umbra) impara alla perfezione la lezione tattica, che pure lascia scettico più di un conoscitore del mondo calcistico italiano.
«Viciani mi ha aperto una strada nuova, assegnandomi un compito tattico un po’ diverso dal solito. A parte il campionato di B, in cui la squadra andava avanti benone e non c’era il tempo di sottilizzare su questo o quel particolare tattico, il mio modo di interpretare il ruolo di libero è venuto alla ribalta l’anno successivo, in Sere A. All’inizio del campionato, ricordo che tutti dicevano bene, o addirittura benissimo, di questo mio modo di giocare. Il libero che costruisce, si diceva, è una piacevole novità nel calcio italiano e apre nuove prospettive anche quanto a spettacolo, perché è un punto contro il difensivismo più esasperato. Così mi convocarono nell’Under 23, incoraggiandomi a giocare come giocavo nella Ternana. Naturalmente, nella mia squadra, il posto in cui giocavo, più avanzato e con la possibilità frequente di presentarmi in zona goal, era anche dettato da esigenze precise, dal fatto che Viciani non disponeva di un vero uomo goal e, dunque, tutti quanti dovevamo darci da fare per sopperire a questa lacuna. Non solo il libero andava avanti, ma anche i terzini, a turno. Purtroppo, le cose continuarono in modo un po’ diverso da com’erano cominciate; la squadra cominciò a scivolare verso le posizioni di coda e questo suscitò critiche a non finire sul tipo di gioco svolto, sull’eccessiva disinvoltura con cui si interpretava il gioco difensivo e via dicendo. Naturalmente mi ritrovai al centro delle polemiche; la mia posizione, improvvisamente, non andava più bene, e finii per cedere il posto anche nell’Under 23. Mi dissero che, per farmi giocare, avrebbero dovuto costruire l’intera squadra per me».
Nell’estate del 1973 ritorna a Torino, insieme con altri due giovincelli di belle speranze, Claudio Gentile e Giuliano Musiello: «Alla Juventus sono praticamente nato e molti dei miei compagni già giocavano con me nelle formazioni giovanili: vedi Viola, Piloni, Bettega e Causio. Con Bettega ho disputato un campionato Primavera, mentre con Piloni ricordo un anno in De Martino. Con Rabitti capii che avrei potuto combinare qualcosa di buono come calciatore: fu nel 1969-70, quando avevo appena diciotto anni, che mi chiamò per la prima volta nella rosa della prima squadra».
Mastropasqua ha le idee chiare: «Nel ruolo di libero ho davanti a me rivali terribili, ma la stagione è lunga e potrei trovare spazio, prima o poi. Comunque, per il momento, non mi preoccupo eccessivamente, mi sta bene anche di fare anticamera. Non potrà che giovarmi sul piano dell’esperienza. Sono giovane come calciatore, addirittura giovanissimo come libero».
Per Giorgio sarà un campionato deludente; troppo grande il carisma di Salvadore, per poterlo sostituire. Al termine del campionato 1973-74, le sue presenze saranno solamente otto; Mastropasqua è ceduto all’Atalanta, in cambio di un giovane libero che entrerà nella storia juventina e del calcio mondiale. Il suo nome è Gaetano Scirea.
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