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Gli eroi in bianconero: Andrea FORTUNATO

di Stefano Bedeschi

«Non immaginavo quanto può essere meravigliosa anche una semplice passeggiata!»
Sono passati tanti anni, ma fa ancora tanto male ricordare la storia di Andrea Fortunato. Nasce a Salerno il 26 luglio 1971 ed intraprende presto la strada dello sport, sull’esempio del fratello maggiore Candido, cimentandosi con il nuoto e la pallanuoto. Il calcio, per adesso, è solo un divertimento dei mesi estivi. Ma galeotta sarà una di quelle estati salernitane, perché viene notato da Alberto Massa, tecnico e talent-scout, che lo convince a seguirlo nella Giovane Salerno, squadra dilettantistica; Andrea accetta e, nemmeno tredicenne, insieme con altri giovanissimi talenti, va in giro per l’Italia a fare provini per squadre come Torino, Cesena, Empoli, Napoli, Como.
A Sandro Vitali, direttore sportivo del Como ed al tecnico della Primavera lariana, Angelo Massola, non sfuggono le grandi potenzialità di Andrea e lo ingaggiano, convinti di farne un grande centravanti. La svolta avviene, quando il tecnico della squadra Allievi, Giorgio Rustignoli, lo trasforma dapprima in centrocampista di sinistra, poi in difensore, sempre sulla fascia mancina.
Andrea segue tutta la trafila nelle giovanili e debutta in prima squadra, in Serie B, il 22 ottobre del 1989, a Pescara. A fine stagione colleziona sedici presenze nella serie cadetta, oltre ad un diploma di ragioniere che aveva sempre inseguito: «I miei genitori, che non mi hanno mai ostacolato nelle scelte, quando partii per Como, mi chiesero semplicemente di non trascurare gli studi. Promisi e, naturalmente, mantenni».
Andrea diventa presto una colonna del Como di Bersellini, ed è un protagonista assoluto nel campionato 1990-91, in C1, con la squadra lariana che manca la promozione, perdendo lo spareggio contro il Venezia. Roberto Boninsegna, selezionatore dell’Under 21, lo convoca immediatamente e tutta la Serie A si accorge di lui. Sembra fatto il suo trasferimento all’Atalanta, ma è il Genoa che batte la concorrenza e si assicura il talentuoso terzino. Viene “parcheggiato” al Pisa, in Serie B e, nel campionato successivo. Ritorna al Genoa, dove conquista subito il posto da titolare e si mette in evidenza come uno dei migliori terzini sinistri del campionato, grazie alla sua grande classe ed alla sua rapidità.
La Juventus comincia a corteggiarlo, lo stesso Andrea non nega: «Arriva un giornalista e mi domanda se mi piacerebbe giocare nella Juventus. Ed io cosa dovrei rispondergli, che mi fa schifo? Figuriamoci, io da ragazzino per i colori bianconeri stravedevo, ed anche se sono diventato un calciatore professionista, certi amori ti restano nel cuore».
Nell’estate del 1993 firma il contratto che lo lega alla Juventus; la società bianconera lo acquista per dodici miliardi di vecchie Lire e, per tutti gli addetti ai lavori, Andrea è destinato a diventare il miglior terzino sinistro italiano, raccogliendo l’eredità di Antonio Cabrini, non solo sul campo, ma anche nel cuore delle tifose bianconere. «Mi fa arrabbiare questo paragone con Cabrini, lui è stato il più forte terzino del mondo, vi sembra una cosa logica? A me no; prima di raggiungere i suoi livelli, se mai ci riuscirò, ci vorrà tanto tempo».
La sua avventura a corte della “Vecchia signora” incomincia nel migliore dei modi: pre-campionato ad altissimo livello, debutto in Nazionale a Tallinn, il 22 settembre contro l’Estonia. «Prometto sempre il massimo dell’impegno per la maglia. Darò sempre tutto me stesso ed alla fine uscirò dal campo a testa alta, per non essermi risparmiato».
È una corsa verso la gloria apparentemente inarrestabile ed invece Andrea rallenta, nella primavera del 1994. Si pensa che sia appagato, ha raggiunto la fama ed il successo in poco tempo; è arrivato alla Juventus, il massimo per ogni giocatore, ed ha perso il senso della modestia, pensa di essere già “arrivato”. Durante le ultime faticosissime partite, Andrea è accolta da fischi, da cori di scherno. Un giorno, alla fine di un allenamento, un tifoso juventino arriva a mollargli un ceffone, tanto per ricordargli la sua condizione di privilegiato e per fargli ritrovare la strada smarrita del sacrificio.
É l’inizio del calvario. Si trova presto una spiegazione a quel vuoto dentro, purtroppo, così come per quella febbre persistente che s’insinua nel suo organismo, provocandogli un continuo senso di spossatezza. Andrea si fa visitare, ma tutto sembra normale, il suo rendimento, però, continua a peggiorare.
Il 20 maggio del 1994 Andrea Fortunato è ricoverato in isolamento, presso la Divisione Universitaria di Ematologia delle “Molinette” di Torino. Dopo successivi esami medici, il risultato è agghiacciante: leucemia acuta linfoide!
Dall’ospedale delle “Molinette”, Andrea è trasferito a Perugia dove, grazie alla donazione della sorella Paola, subisce un primo trapianto di midollo osseo. L’esito è negativo, Andrea necessita di un nuovo trapianto. Si offre volontario il padre Giuseppe e l’operazione da buoni risultati. Il fisico di Andrea, infatti, reagisce ed accenna ad un recupero che fa sperare per il meglio: Andrea esce dall’ospedale, si ricongiunge, addirittura, ai compagni di squadra e li segue durante la trasferta a Genova, in occasione di Sampdoria-Juventus giocata il 26 febbraio del 1995. È emozionante vederlo sulle tribune dello stadio “Marassi”, felice come un bambino, a tifare per la sua amata Juventus.
Quando tutti cominciano a pensare che stia vincendo la sua battaglia, arriva una maledetta influenza a spezzare il filo della speranza. Il 25 aprile del 1995, alle otto di sera, Andrea muore. I compagni di nazionale apprendono la notizia mentre sono a Vilnius alla vigilia di una partita contro la Lituania. Prima di giocare, si osserva un minuto di silenzio in sua memoria. Poche settimane dopo la Juventus festeggia il suo 23° scudetto; 23 come gli anni che aveva Andrea.


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