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Gli eroi in bianconero: Alessandro ALTOBELLI

di Stefano Bedeschi

In fondo la faccia, o meglio, l’espressione di quella faccia, è la stessa – afferma Tony Damascelli sul “Guerin Sportivo” del 3 agosto 1988 –. «Scusate il ritardo» non è soltanto il titolo di un film, ma lo slogan che accompagna la vita di Alessandro-Massimo Altobelli-Troisi, uno che a 33 anni («vi prego, dite 32», ci corregge) ricomincia dalla Juventus, tanto per restare in film, anzi in tema.
Non è un colpo di sole estivo, nemmeno un’illusione ottica, Altobelli che veste alla bianconera: ma sì, è proprio lui, l’ex garzone di macelleria a Sonnino, lo Spillo di Brescia, l’incompreso di Milano, il «mundial» di Madrid, il capocannoniere azzurro in Messico, insomma tutte queste cose insieme, confuse e arruffate come i capelli suoi, su quel viso piccolo e triangolare, buffo e un po’ afro, vispi ha gli occhi anche se certi giorni Altobelli-Troisi sembra piovuto dal cielo, passante per caso attraverso il mondo nostrano, comune e mortale o, se preferite, appena caduto dal letto. Dunque è proprio lui, juventino per gioco e per fare sul serio, quando nessuno se lo sarebbe più aspettato. Pensate un po’ che Ian Rush, quando ancora covava la varicella (!) e scriveva per Shoot la presentazione ai campionati Europei si lasciava andare a pronostici sballati: «Altobelli è stato un grande servitore della sua Nazionale» testo e pensiero di Rush «degli ultimi sei anni, ma adesso incontra fatica a mantenere lo stesso alto livello di rendimento. Dovrà lavorare per trovare un posto nella rosa dei venti uomini, ma la sua esperienza può essere importante per gli Europei. Del resto, si tratta dell’ultimo atto importante della sua carriera, infatti dopo gli Europei andrà a giocare in Svizzera».
Zero in geografia, in magia. Diciamo così. O forse Torino sta nel Canton Ticino? Rush non sapeva, dunque, che Altobelli si diverte: «Roba da fantascienza, da barzelletta, se qualcuno me lo avesse detto anche un mese fa».
Juventino da poco, ma già al cento per cento. Insomma dice di aver capito che da Piazza Duse a Milano a Piazza Crimea a Torino non sono cambiati soltanto l’indirizzo e la città, ma anche l’andazzo: «Sì, proprio così, l’andazzo. Qui a Torino si capisce subito con quale tipo di persone si ha a che fare. Volete un esempio? Ho incontrato Boniperti e mi ha trasmesso una carica, un senso di rivincita incredibili. Lui è uno che vuole sempre essere il primo, a tutti i costi, lo si capisce subito. È toccato anche a me stavolta ricevere il messaggio. Agnelli, invece, lo avevo conosciuto soltanto da avversario, nel senso che negli spogliatoi del San Siro e del Comunale di Torino gli avevo stretto la mano e lui mi aveva fatto i complimenti».
Dai complimenti al contratto di lavoro, secondo il nuovo stile di casa Fiat e casa Juventus. Ma Altobelli parla ancora di passato recente, dell’Inter insomma, senza aspettare la domanda, spontaneamente: «Ho lasciato amici, tanti e grandi. E un presidente bravissimo».
Il telegramma potrebbe concludersi qui e, come avrete letto e decifrato, non si fa menzione dell’allenatore. Insomma, Giovanni Trapattoni è passato senza lasciare traccia. Segue nuovo comunicato: «Non posso dimenticare quello che ho fatto a Milano, ma mi sono chiesto tante volte perché mai tutto quello che ho fatto per l’Inter non è servito a nulla. Anzi, ha alimentato tanti equivoci. Insomma, sono diventato famoso per l’azzurro e non per il neroazzurro, coi gol segnati con la Nazionale e non con l’Inter. Sapete perché? Perché con l’Inter ho vinto pochissimo. Nella vita contano i fatti, i risultati finali, non quello che uno ha saputo fare nonostante tutto».
A trentatré anni, anzi trentadue, Altobelli si è stancato di partecipare, insomma il barone de Coubertin è stato sostituito dal geometra Boniperti: «La soddisfazione più grande è arrivata il giorno in cui ho incontrato il presidente della Juventus in sede. Lui mi ha detto: finalmente con noi, erano anni che cercavamo di prenderla. Di portarla qui».
E adesso? «Adesso sto bene fisicamente, ho il morale a mille, sento di avere qualcosa in più rispetto a ieri, perché questo trasferimento, inaspettato, imprevedibile ma prestigioso, mi riempie di orgoglio. E poi la Juventus è sempre la Juventus».
Boniperti, rispetto a Pellegrini ha un hobby che fa impazzire di gioia Altobelli: «Il presidente è un buon cacciatore. Anch’io lo sono. Con Pellegrini non potevo invece competere, nel senso che lui non sa proprio sparare. Invece con Boniperti mi divertirò».
Attenzione alla mira. Doppietta, automobili con radiotelefono, Ferrari Testarossa, Altobelli arriva da padrino in casa del padrone, ma chiarisce l’eventuale equivoco: «Lo stile Juventus? È presto per parlarne, ma lo stile è qualcosa che uno si porta appresso da quando nasce. Non si può inventare da un momento all’altro, non si può trasferire da un tipo all’altro. Ho letto e sentito dire che alla Juventus si vive come in caserma. A me non è stato ancora imposto nulla».
Torno allo slogan iniziale, scusate il ritardo: «Quando ero arrivato all’Inter speravo di poter giocare con Platini. Poi Fraizzoli decise di ricusarlo. Adesso sono arrivato alla Juve e Michel non c’è più. Forse sarebbe stato più opportuno organizzare meglio i nostri programmi di lavoro. Sarebbe stato meglio soprattutto per il sottoscritto...».
Torna a parlare dell’Inter: «Sono contento per Pellegrini. Finalmente ha potuto costruire una squadra competitiva. Quante volte sono stato costretto a dire le bugie, ad annunciare cioè che eravamo tra i favoriti, gli uomini da battere, prima e durante il campionato. Adesso lo posso anche confessare, non era vero, ma oggi, come avversario, posso dire che quest’Inter è davvero forte».
Non dice bugie sulla Juventus, cioè non si sbilancia e questo farà inquietare Boniperti. Torna a parlare di se stesso: «Non son uno che si è saputo vendere bene al pubblico. Non sono un presenzialista, il tipo che corre dietro ai premi o alle interviste. Se avessi giocato altrove forse sarei diventato più popolare, sarei, come dice lo spot televisivo della Scavolini, il più amato dagli italiani. Invece mi ritrovo a ricostruire una carriera».
Si è ritrovato, anche in altre occasioni, a ripulire un’immagine sporcata da voci maligne, da insinuazione che riguardavano le sue amicizie, i vizietti legati al mondo delle scommesse. Un giorno, durante i mondiali messicani, con gli azzurri in festa nella comunità italiana di Chipilo, lo circondammo in cento, noi giornalisti come poliziotti, perché dall’Italia era rimbalzata la voce che Altobelli, proprio lui, era ufficialmente coinvolto in un nuovo scandalo delle partite truccate: «C’è gente che non mi ha mai voluto bene, anche tra i giornalisti. C’è gente che ha cercato e cerca ancora di farmi del male. Sono una figura discussa, sì, è vero. Hanno detto e scritto anche della mia famiglia. Ma vi dico, ad esempio, che se mia moglie mi seguirà a Torino è perché lo abbiamo deciso insieme e Boniperti non c’entra nulla».
D’accordo, ma ci siamo dimenticati di parlare di pallone. Giochetto estivo: quanti gol segnerà Altobelli? «Abbastanza».
Arigiochetto estivo: da titolare o da riserva? «Vedremo, dipende da Zoff».
Lo stile Juventus è già stato recepito, assorbito e digerito. Ma c’è, per fortuna, un rigurgito finale, un ritorno all’antica, un motto giocoso: questo Rui Barros, ribattezzato Rui Bassos, è davvero il più piccolo compagno della tua vita? «Sì, lo giuro, mai visto un tipo così alto, anzi così basso. Nemmeno all’asilo».

«Quando i bianconeri vincevano scudetti e Coppe a ripetizione erano antipatici, è normale – afferma durante il ritiro pre-campionato – come organizzazione è tra le più forti, più serie. Boniperti è l’emblema anche se ha alle spalle un personaggio carismatico come Gianni Agnelli. L’Avvocato è molto simpatico, ottimo intenditore di calcio. Negli ultimi tempi si è divertito poco. Speriamo di farlo divertire ancora».
Spillo con la maglia bianconera, disputa solamente una stagione, totalizzando 34 presenze e realizzando 15 gol. Fino a metà stagione, l’apporto è soddisfacente; in Coppa Uefa va a segno con regolarità, in Coppa Italia è strabiliante (segna una tripletta al Vicenza e una al Taranto) e in campionato regala ai tifosi la rete della vittoria nel derby del 31 dicembre ‘88.
«Anche i palloni persi non vanno sottovalutati, così mi hanno insegnato e allora ho seguito istintivamente l’azione e mi è andata bene, ho segnato questo gol importante. Non c’era l’avvocato Agnelli, ma penso che avrà apprezzato ugualmente la mia rete. Ma non solo lui e Boniperti saranno contenti. Penso, infatti, a tutti i tifosi juventini. Potevo segnare a San Siro contro l’Inter prima di Natale ma quel gol sarebbe diventato quello della mia rivalsa personale. Questo resterà a lungo impresso nella memoria della gente. E poi dovevamo vincerla questa partita giocata con il lutto al braccio. Per Zoff che ha perso la mamma, per l’ex presidente Catella, per l’indimenticato Sarroglia. Il derby di Torino non è diverso da quello di Milano e, così come mi sentivo profondamente interista al momento di affrontare il Milan, sono subito riuscito a calarmi nei panni bianconeri. Fin da agosto, devo dire, sono entrato subito in sintonia con la Juventus, mi sono sentito uno della famiglia e mi piace dimostrare che posso giocare con continuità».
La domenica successiva apre le marcature della vittoria bianconera a Roma, contro i giallorossi. Questo il commento di Caminiti sul “Guerin Sportivo”: «Mi sia consentito soffermarmi ancora sul nome fatidico: Altobelli. È stato lui il deus ex machina, l’uomo che ha spalancato il palcoscenico all’ovazione omerica della folla. Il suo gol è stato decisivo. Si deve dire a proposito di questo giocatore unico e raro che i suoi gol sono quasi sempre decisivi. La meccanica stessa dell’azione col passaggio velocissimo, da destra del piccolo Rui Barros prevedeva l’entrata nel palcoscenico del grande solista. Infatti Altobelli è zompato al volo confuso con altri due avversari a toccare per primo quel pallone inimitabile. Inimitabile come il talento di Altobelli, venuto fuori al fuoco lento della vocazione, attraverso anni e anni di fatica, un ragazzo cresciuto tecnicamente insieme a Beccalossi, ma rispetto a Beccalossi presto vero campione. Questo gol così raro gli è anche costato un infortunio. Forse perché pareggiava un altro mito del calcio, Borel. Si è trattato del centotrentaduesimo gol di Altobelli che ha così raggiunto proprio l’antenato juventino. Aggiungo, da lontano, che il Sandro nazionale arieggia perfino fisicamente il centrattacco juventino nella leggerezza e nell’araldica fantasia dei suoi gol. Altobelli o Borel insomma: il mito del cannoniere. Speriamo che Sandro si rimetta presto. Nella disfida dello scudetto la Juventus potrebbe anche avvantaggiarsi sui suoi fortissimi avversari proprio per le qualità davvero meravigliose del suo antico giovanissimo cannoniere».    
Ma la carta di identità pretende sempre di essere rispettata e il suo rendimento cala. Cosicché Zoff gli preferisce, spesso e volentieri, l’emergente Buso. Nonostante tutto, la volontà di Altobelli è quella di rimanere a Torino: «Ho 33 anni e sono consapevole che la mia carriera è ormai giunta al tramonto; il mio desiderio sarebbe quello di concluderla in bianconero. Starei in panchina volentieri, giocando part-time a seconda delle esigenze della squadra; a differenza di Cabrini, che sente di poter dare ancora molto sul campo, non soffrirei a essere messo un po’ da parte per lasciare spazio ai miei colleghi più giovani; in fondo, alla mia età, ogni partita diventa l’ultimo esame».
Ma Boniperti non lo accontenta e Spillo ritorna al Brescia, dove conclude la sua carriera, dopo aver disputato 337 partite in Serie A e realizzato 132 gol.
 


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