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Gli eroi in bianconero: Alberto MARCHETTI

di Stefano Bedeschi

Era il rincalzo ideale che tutte le società avrebbero voluto avere: mai un muso lungo, una polemica o un mugugno, ma sempre la certezza di poter contare su un giocatore pronto per ogni evenienza. Non un giocatore qualsiasi, ma uno lineare, ordinato tatticamente, ottimo cursore dotato di buone doti tecniche, di un’eccellente visione di gioco e di un tiro particolarmente potente.
«Sono nato a Montevarchi il 6 dicembre 1954 – racconta a Gianni Giacone su “Hurrà Juventus” del dicembre 1974 –. Ho giocato con gli “allievi” nella squadra del mio paese sin dal ‘68. È stato proprio un dirigente di quella società a portarmi a provare per la Juve, nel ‘70. Mi hanno preso subito. Da allora, ho giocato per due anni in “Primavera”, agli ordini del signor Bizzotto, vincendo tra l’altro un titolo italiano, nel ‘71-‘72, superando in finale la Roma. L’anno scorso, sono andato in prestito a giocare dalle parti di casa, ad Arezzo. È stata una esperienza utilissima: un campionato di B non da titolare ma... quasi. Ho giocato infatti 10 partite intere e altre 7 come “tredicesimo”. Ho persino segnato un gol, a Brindisi. L’ esordio, lo ricordo bene, è stato a Como: ero anche un po’ emozionato, perdemmo uno a zero Un anno, comunque, positivo sotto ogni punto di vista, in un ambiente di amici, con due allenatori, Bassi prima e poi Rossi, che mi hanno aiutato entrambi parecchio. E adesso rieccomi qui, a fare la spola tra caserma e Juve: quest’anno, certo non sarà facile combinare qualcosa di buono, ma ci proverò con il massimo impegno. La mia esperienza in serie B è stata molto interessante. Mi ha, credo, insegnato parecchie cose che mi torneranno utilissime. Per esempio, ho imparato a marcare stretto, a non concedere tregua all’avversario diretto. Ho sempre giocato da mediano-mezz’ala; per la verità, l’anno scorso, per ragioni tattiche particolari, venivo anche impiegato come finta ala, ma la sostanza era sempre la stessa. Adesso che mi ricordo, mi hanno anche fatto giocare terzino. Insomma, non fa molta differenza: purché mi si diano compiti di marcatore. Devo moltissimo al signor Bizzotto: ho imparato da lui tutte le nozioni fondamentali per diventare un calciatore».
Quell’anno “Marco” mette insieme 4 presenze (una in Coppa Uefa contro gli scozzesi dell’Hibernian e 3 in Coppa Italia) e poi viene dato in prestito al Novara. Dopo due ottimi campionati in azzurro, entra a far parte della rosa di quella meravigliosa squadra che, nel 1976-77, conquista lo scudetto con 51 punti e vince la Coppa Uefa.
Quella Juventus è una compagine fortissima e completa in ogni reparto; è evidente che per Marchetti, non è facile emergere fra tutti quei campioni. Così, dopo le 16 presenze messe insieme in quella stagione, Alberto comincia una lunga carriera che lo vede sempre titolare inamovibile in qualsiasi squadra giochi.
Marchetti, ha avuto la sfortuna di trovarsi alla Juventus nel momento sbagliato; si capiva che era un ottimo calciatore, ma in quella Juventus non avrebbe mai potuto giocare, perché Furino, Benetti e Tardelli erano fuori portata per il 99% dei centrocampisti del tempo (nel mondo, non solo in Italia).
A Cagliari disputò diverse eccellenti stagioni, al punto che Riva, allora dirigente della squadra isolana, lo definì il nuovo Benetti; probabilmente un’esagerazione, ma sicuramente, nel suo ruolo, era uno dei primi cinque italiani.
Centrocampista centrale, buon incontrista, senso tattico sviluppato, discreta visione di gioco, dinamico; tutte qualità che lo portarono, in ben 17 anni di onorata carriera, a disputare oltre 500 presenze da professionista.
 


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