ESCLUSIVA TJ - Massimiliano Notari: "Dalla D alla A in un batter d'occhio, vi racconto i miei ricordi e l'episodio successo con Vialli. Juve? Macchina da guerra senza punti deboli. Su Aké..."
La storia di Massimiliano Notari, oggi, può sembrare la trama di un film di successo. Riuscireste ad immaginare la Juventus che acquista dei calciatori dalla Serie D per poi impiegarli con regolarità in campionato? Sembrerebbe un po' di assurdità, ma una trentina d'anni fa succedeva eccome. Nel 1993, infatti, il giovane comasco venne notato dagli osservatori della "Vecchia Signora" che lo prelevarono dal Saronno, un piccolo club in provincia di Varese, e da quel momento visse in piena regola il suo sogno italiano. La nostra redazione lo ha contattato telefonicamente, in esclusiva, per parlare della sua esperienza in bianconero e non solo:
Tutti conoscono Moreno Torricelli, ma quasi nessuno forse si ricorda di te. Ci puoi raccontare come era nato l'interesse della Juventus?
"E' stata una storia molto simile alla sua, perché in quegli anni le squadre professionistiche erano alla ricerca dei giocatori che militavano nei dilettanti. Senza dei vincoli particolari, si potevano acquistare abbastanza agevolmente. Sulla scia di Moreno, con cui avevo condiviso le giovanili del Como, gli scout bianconeri erano venuti a vedermi e nel momento in cui mi hanno comunicato il loro interesse sembrava quasi uno scherzo. Ho svolto la settimana di prova, poi mi è stato fatto il contratto su indicazione del mister Trapattoni. La stagione 1993-94 l'ho giocata tutta con la Juventus".
Può aver aiutato il fatto che Giovanni Trapattoni fosse di Cusano Milanino, in linea d'aria molto vicino a Saronno, e quindi bazzicasse quella zona attraverso gli osservatori di fiducia?
"Gli scout zonali, come ai tempi, erano già presenti e ci saranno sempre. Qualcuno in più è presente nell'hinterland di Milano,altri invece sono distribuiti in tutta la Lombardia in zone come Bergamo o Brescia. Diciamo che il Saronno, all'epoca di proprietà di Enrico Preziosi, era la squadra più giovane di tutte, in particolare c'era anche Tonino Asta che poi ha raggiunto la nazionale. E' stato molto emozionante poter esser scelto dalla Juve".
Quale è il primo ricordo che hai della società bianconera?
"Il primo ricordo coincide con la settimana di prova che ho svolto a fine campionato. Molti calciatori erano via per i loro impegni con le nazionali, quindi la squadra era molto spuntata. La Juve disputò due amichevoli, una a Reggio Emilia ed un'altra in provincia di Torino. La prima persona che ho incontrato era Alessandro Del Piero, lui arrivava dal Padova ed entrambi eravamo insieme nello stesso albergo. In quella rosa erano presenti Vialli, Ravanelli, De Marchi, Carrera, lo stesso Moreno. Era un gruppo fantastico".
C'è stato un cambio repentino nella vita, un qualcosa che mai avevi vissuto prima.
"Sì, esatto. Poi non mi ero mai andato via da casa, quindi era tutto decisamente nuovo. La mia è una famiglia di juventini, vi lascio immaginare che cosa provarono nel momento in cui mi hanno visto indossare la maglia numero 6 di Scirea durante la prima amichevole. Anche se sono passati molti anni, il tutto è stato davvero surreale: sono passato dall'interregionale alla squadra del mio cuore in un batter d'occhio. Onestamente non pensavo che il mister potesse aver bisogno di me, invece alla fine mi ha tenuto. E' stata una soddisfazione ancor maggiore".
Come è stato l'esordio contro il Napoli?
"Me lo ricordo ancora come se fosse oggi, era il 5 dicembre del 1993 e la Juve vinse 1-0 con gol di Fortunato che era uno dei miei migliori amici. Non ero mai stato in panchina, ma Trapattoni aveva deciso di schierarmi perché c'erano alcuni infortunati in quel momento. E' stata una grande emozione, per fortuna era andato bene. Ho giocato sei partite in tutto, ma l'orgoglio resterà per tutta la vita. Ho conosciuto persone valide che poi hanno sfondato nella vita, posso citare Conte che ancor oggi sta trasmettendo la sua umiltà e il sacrificio che lo avevano reso un buonissimo giocatore".
C'è stato un consiglio di mister Trapattoni o un episodio che vuoi raccontarci legato a quel periodo?
"Posso iniziare nel dire che noi giovani come Del Piero, Baldini, Dal Canto cercavamo di rubare tutti i segreti ai grandi campioni presenti in quella rosa. Desideravo apprendere i loro comportamenti dentro e fuori dal campo, chiaramente il mister ci teneva un po' di più perché dovevamo migliorare. E' stato un anno fantastico in tutti i sensi, a pensarci potevo allenarmi anche venti ore al giorno che non avrei sentito fatica. Gli amici con cui uscivo erano quelli ancora senza famiglia come Fortunato, a cui sarò sempre accanto, Del Piero, Francesconi. Prima dell'inizio di una partita, ricordo che Andrea (Fortunato ndr) mi disse proprio di godermi il momento poiché indossavo la maglia numero 6 del mio idolo Gaetano Scirea".
Immagino, poi, che anche con i senatori c'era un gran rapporto.
"Sì, posso raccontare un episodio carino successo con Vialli. Era appena tornato da un infortunio, Luca mi raggiunse prima di entrare in campo e mi disse di passargli sempre il pallone con un lancio lungo. E aggiunse, parola più parola meno: "Visto che sei molto bravo a farlo, ti faccio fare bella figura". Ecco, mai ad averlo fatto (sorride ndr): alla fine del primo tempo mi disse di non farlo più poiché stava ricevendo troppi palloni. Per me era di una intelligenza superiore, utilizzava sempre le parole giuste quando serviva. Il capitano era Roberto e non potevi far altro che ammirarlo, ma a livello di leadership era Vialli a spiccare. Era uno spettacolo, per noi giovani era l'esempio da prendere a livello di carisma".
Poi la tua avventura è proseguita in prestito? Dove eri andato?
"Ero andato all'Acireale dove avevo disputato un gran campionato, poi l'anno seguente mi ero unito alla Pistoiese. Dopo una ventina di partite, purtroppo, ho iniziato ad avere dei problemi alla cartilagine e da lì c'è stato l'inizio del mio calvario. Sono tornato a Torino a metà stagione, ho tentato di curarmi ma non ci sono riuscito. In pratica ho perso un anno e mezzo, ho girato dottori su dottori fino a quando ad aiutarmi è stato il dottor Martens che era lo stesso di Van Basten. Sono tornato in campo, ma poi ho avuto continue ricadute. Riassumiamola così: sono stato fortunatissimo a giocare nella squadra del mio cuore, ma molto sfortunato a farmi male nel pieno della mia carriera. Pazienza, evidentemente doveva andar così".
Sfortuna grande, perché in quel periodo la Juve aveva ripreso ad essere la grande squadra che vinceva in Italia e in Europa.
"Ero a Torino, ma purtroppo non ho mai avuto l'occasione di poter scendere in campo. Ero sotto contratto con la Juve, non facendo però parte della rosa. Trascorrevo ogni giorno con Aldo Esposito, lo storico fisioterapista, e con il dottor Tencone, facevo fisioterapia per cercare di migliorare. Ho subito tre operazioni in quell'anno, tutte rivelatesi inefficaci. Il direttore Moggi aveva ricevuto qualche offerta, senza però poterle mai accettare. Alla fine mi è scaduto il contratto, era l'anno in cui la Juve aveva perso la finale con il Dortmund".
Poi, come è proseguita la carriera di Massimiliano Notari?
"Ho vivacchiato a Trieste, vinto un campionato con l'Alzano di C1 e subito nel frattempo altre due ricadute. Alla fine ho deciso di smettere e di diventare allenatore a 31 anni, attività intrapresa per un quadriennio. Poi mi sono sposato e c'è stata una situazione col Mantova, mio fratello Mattia che è attualmente tesserato Juve giocava lì e ho deciso di intraprendere l'attività di scouting".
Abbiamo parlato tanto del passato, ma cosa pensi della Juventus di oggi?
"La società ha fatto un lavoro di programmazione tale da vincere non solo in campo ma anche fuori, è stata in grado di dare una continuità in tanti settori. A cominciare da quello giovanile, poi è stata la prima a creare in Italia la squadra U23 e ha deciso di investire nel femminile. E' una macchina da guerra, onestamente non vedo punti deboli. E' il punto di riferimento, quando pensi alla Juventus pensi ad un club in grado di arrivare sempre prima degli altri. Chiaramente, dopo aver vinto tutto, doveva attuare un ciclo di rinnovamento, i risultati non sempre sono facili da raggiungere e gli altri club alla lunga si rinforzano. Quest'anno c'è un equilibrio evidente, non dovesse arrivare la vittoria dello scudetto potrebbe essere una delusione ma solo fino ad un certo punto di vista. La squadra ha giovani di talento, per il nuovo successo sarebbe solo questione di tempo".
La Juve è ancora grande come lo era ai tuoi tempi.
"La mia squadra è arrivata seconda dietro al Milan, il calcio è fatto di periodi e quello era il momento dei rossoneri. A parte sporadiche vittorie come quelle di Verona o Sampdoria, il dominio è sempre stato definito per più anni. Noi eravamo subito dietro di loro, non mi sorprende che poi la Juve sia riuscita ad aprire un ciclo in quegli anni e successivamente non si è mai più persa. Ora arriva da nove scudetti di fila, è un top club al pari di Barcellona, Real e Bayern Monaco. Le altre italiane non sono ancora a quel livello, sì c'è l'Inter che con la programmazione si sta un po' avvicinando negli ultimi anni. E il grande merito è anche di una famiglia come quella degli Agnelli che non l'ha mai abbandonata".
Hai avuto modo di seguire qualche giovane che oggi gioca nella Juventus?
"Sono giovani di livello assoluto, da addetto ai lavori sono contento dell'arrivo di Kulusevski perché era un prospetto che non doveva andare all'estero. Dall'altra parte mi piace l'atteggiamento del mister che impiega con continuità dei giovani di talento, Frabotta ad esempio ha già disputato più di dieci partite e non è semplice farlo in una squadra così blasonata. Demiral lo si conosceva, de Ligt è stato uno dei primi '99 ad essere così seguito. Aké per me può essere un buonissimo rinforzo, ha già fatto diverse presenze in prima squadra col Marsiglia".
Si ringrazia Massimiliano Notari per la cortesia e la disponibilità dimostrata in occasione di questa intervista.