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Ze Maria: "Oggi di terzini vecchio stampo ne vedo pochi. Ronaldo, Baggio, Zidane e i fratelli Filippini, generazione d'oro"

di Redazione TuttoJuve

L'ex calciatore di Inter, Parma e Perugia, Ze Maria, è intervenuto a "Storie di Serie A" con coach Dan Peterson. Ecco le sue parole:

Giocare per la nazionale brasiliana

“Per noi è una ragione di vita. Il mio primo regalo è stato un pallone, giocavo a calcio per le strade di S. Paolo dalle 7 fino alle 10.30 di sera. La mia prima squadra è stata la Portuguesa, ho giocato lì dai 10 ai 22 anni”.

L’impatto con il Parma di Ancelotti

“Per noi brasiliani è sempre stato molto difficile adattarci al calcio europeo. Il calcio in Brasile era il calcio di strada, un calcio spensierato. Una volta arrivato nel campionato italiano, che allora era il più forte al mondo, ho dovuto imparare veramente tutto. Ancellotti è stato il mio primo allenatore, da lui ho imparato tanto a livello tattico. Mi ha sempre colpito la calma con cui ci insegnava le cose, ci intendevamo anche se all’inizio non parlavo la sua lingua. Io, essendo un terzino, attaccavo tanto sul fondo ma dovevo anche difendere, cosa che in Italia è fondamentale, ma per noi brasiliani era un concetto molto difficile da assimilare”.

Gli altri allenatori

“Da Cosmi ho imparato che ogni tanto bisogna tirare fuori la personalità più forte per dire certe cose. A Milano ho avuto Mancini, da lui ho imparato come si gestisce un gruppo pieni di fenomeni. Un grande allenatore di pallavolo brasiliano dice che un leader è colui che riesce a tirare fuori il meglio dai suoi atleti quando questi normalmente non lo farebbero, a questo mi ispiro quando alleno i miei ragazzi. Quando un atleta dimostra di darti tutto vuol dire che stai facendo un buon lavoro”.

La leadership in campo

“Alle volte non c’è bisogno di parlare, basta solo l’atteggiamento. Nel calcio ci sono tanti tipi di leader. Negli sport di squadra c’è bisogno di giocatori che in campo ispirino fiducia e questo è quello che ho sempre cercato di fare”.

L’avversario più difficile da affrontare

“Ne ho avuti tanti. Ho giocato contro Ronaldo nel prime, ricordo quando durante una partita con l’Inter con un solo tocco ci saltò in due e non era semplice. Ho giocato anche contro Baggio, Zidane, i fratelli Filippini (Brescia)... credo sia stata la generazione d’oro del calcio italiano.
Mi ricordo che prima di arrivare in Italia mi aveva contattato il Real Madrid offrendomi un contratto ma io non volevo andare in Spagna: volevo sfidare i giocatori più forti al mondo che a quel tempo giocavano in Italia”.

La parentesi a Perugia

Mi sono sempre trovato bene con mister Cosmi nonostante siamo andati subito a contrasto, entrambi volevamo arrivare in alto. Ricordo quando in una partita contro una squadra piccola gli ho suggerito un cambio modulo e lui mi ha ascoltato passando al 3-5-2 che è stata poi la sua grande fortuna. Era una persona con cui parlavo tanto e voleva sempre sapere la mia opinione, abbiamo fatto quattro anni bellissimi, forse i più belli della mia carriera”.

La nazionale

“Arrivo in nazionale nel ’95 con Zagallo, un allenatore che è una leggenda di questo sport, mi ha insegnato tanto. Durante la mia carriera ho avuto la fortuna di essere allenato da due campioni del mondo (Zagallo e Scolari). In una nazionale come quella non volevi mai finire al centro del torello perché con quei giocatori non la vedevi più. Trovare spazio non era semplice: nel mio ruolo c’era Cafù quindi quando giocavo provavo a stare al suo livello, una cosa non certo facile”.

La corsa e l’allenamento

“Si dice che noi brasiliani ci alleniamo poco sulla corsa ma non è vero, io mi sono sempre allento tantissimo soprattutto sugli scatti lunghi. All'Inter arrivavo anche a 16 km/h mentre in una partita ho raggiunto i 20 cross dal fondo. Mi fermavo sempre dopo l’allenamento per provare i cross: è l’allenamento che ti porta alla perfezione. In ogni squadra in cui ho giocato ho cercato di portare sempre qualcosa di più”.

L’esperienza da allenatore

“Fare l’allenatore non è una cosa facile: devi far entrare nella testa dei ragazzi le tue idee e non sempre queste vengono recepite. Ho avuto la fortuna di allenare in cinque paesi diversi con culture diverse e modi di pensare calcio diverso. La mia vittoria più grande è stata in Romania dove quattro dei miei ragazzi sono stati convocati dalla Nazionale Under 21. In Kenya un ragazzino che ho allenato oggi è diventato capitano della nazionale. La soddisfazione più grande per un allenatore è veder crescere i suoi giocatori. Quando alleno dico sempre ai miei ragazzi di scendere in campo per divertirsi, il divertimento infatti non deve mai mancare, noi brasiliani ce l’abbiamo nell’anima”.

Un pronostico per la nazionale USA

“Spero possa fare bene, hanno una buona rosa: Pulisic è un campione, ma anche McKennie è un grande giocare, penso che il calcio americano sia cresciuto molto rispetto agli anni ’90”.

I terzini di oggi

“Oggi di terzini vecchio stampo ne vedo pochi. Terzini della generazione di Cafù, R. Carlos, Maicon, Marcelo.. che facevano su e giù per il campo, arrivavano sul fondo e crossavano non ce ne sono più molti. In Italia ci sono Dodò e Wesley che mi piacciono molto e possono crescere tanto. Anche Dimarco è un ottimo terzino ma ad oggi manca proprio il terzino che scende sulla fascia e la mette sulla testa dell’attaccante”

Pelé per i brasiliani

“Per noi sarà sempre il più grande della storia, quello che fanno oggi i giocatori lui lo faceva 60 anni fa.”


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