Prof. Bava: "Vi spiego perchè è difficile stabilire il valore della Juventus"
Il professore di Economia Aziendale presso l'Università di Torino, Fabrizio Bava, ha cercato di spiegare sul suo account X ufficiale perchè sia così difficile indicare quanto possa valere la Juventus in termini economici. Ecco le sue dichiarazioni:
"Non perché manchino i numeri o le valutazioni, ma perché esistono più valori, tutti legittimi, che dipendono da cosa si sta misurando e da chi sta guardando. La #Juventus, come ogni top club, non è un’impresa tradizionale: applicare solo i criteri classici dell’economia aziendale porta spesso a risultati fuorvianti. Un club come la Juventus è, sotto molti aspetti, un pezzo unico, più simile a un’opera d’arte che a un’azienda replicabile. Nessuno può “fondare oggi” un club e, in tempi brevi, portarlo in Serie A, dargli visibilità globale e costruire una base di milioni di tifosi. Questi risultati non sono riproducibili né con il capitale né con una buona strategia: richiedono tempo, storia, continuità e identità. Il #bilancio racconta solo una parte della storia. I club di calcio hanno costi rigidi, ricavi volatili e risultati sportivi imprevedibili. Un DCF o un multiplo sull’EBITDA, strumenti tipici per un’azienda industriale, finiscono quasi sempre per sottostimare il valore di un club. Non perché i conti siano sbagliati, ma perché misurano male l’oggetto. Uno dei motivi principali è che il vero asset di un club non compare in bilancio: l’appartenenza stabile a un sistema sportivo chiuso e regolato. Essere in Serie A significa avere accesso a diritti televisivi centralizzati, visibilità globale e barriere all’ingresso estremamente elevate. Non basta il capitale per entrare: servono risultati sportivi ripetuti nel tempo. Questo “diritto a stare nel sistema” genera una rendita strutturale che non è iscritta nello stato patrimoniale, ma rappresenta una parte rilevante del valore economico. A questo si aggiunge il brand, che nel calcio è un capitale atipico. I tifosi non sono clienti ordinari: la loro domanda è emotiva, persistente e poco elastica. La Juventus conta milioni di tifosi, circa otto milioni solo in Italia, un patrimonio che nessun nuovo entrante potrebbe costruire rapidamente. Anche in stagioni difficili, il marchio Juventus conserva una capacità di attrazione e monetizzazione che va ben oltre i risultati di breve periodo. È un valore costruito in decenni, che non cresce né si riduce in modo proporzionale agli utili di un singolo esercizio. Un club vale anche per ciò che potrebbe diventare: qualificazioni alle coppe, nuovi cicli sportivi, crescita commerciale internazionale, nuovi format media, sviluppo infrastrutturale. Il valore incorpora quindi una serie di opzioni future, difficili da quantificare ma centrali nel calcio. Per questo convivono stime molto diverse. Le valutazioni di tipo industriale, basate su ricavi e indicatori strutturali, cercano un fair value “normalizzato”. Altre, più orientate al brand globale, guardano alla Juventus come a una franchigia sportiva internazionale, comparabile più a un asset mediatico che a un’azienda europea tradizionale. Il mercato azionario, invece, tende a penalizzare l’incertezza e a guardare al breve periodo, producendo valori spesso più bassi. Quando poi si passa dalla valutazione al prezzo effettivamente pagato in una trattativa, entrano in gioco ulteriori fattori. Pesano la struttura finanziaria, il fabbisogno di capitale futuro, i vincoli regolatori UEFA, l’incertezza sui risultati sportivi e l’orizzonte dell’acquirente. Chi entra oggi non compra il passato né le ricapitalizzazioni già effettuate, ma valuta quanto capitale servirà domani e quale rischio è disposto ad assumersi. Non esiste un unico valore vero. Esistono valori diversi: quello che emerge dal mercato, quello stimato dagli advisor, quello legato al brand globale, quello implicito in un’offerta concreta. Tutti raccontano qualcosa di corretto, ma nessuno esaurisce da solo la complessità dell’asset. La Juventus non vale “una cifra”: vale quanto qualcuno è disposto a pagare oggi per un bene unico, irriproducibile, con una storia, una base sociale e un potenziale che non possono essere ricreati.