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Napoli, De Laurentiis: "Il calcio va ripensato, così non tutela club e tifosi”

di Marta Salmoiraghi

Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis è intervenuto ai microfoni di Radio CRC, toccando numerosi temi: dal ricordo di Diego Armando Maradona, alle vittorie recenti del club, fino a una dura riflessione sul sistema calcio. Ecco le sue dichiarazioni:

“Maradona non si riesce mai ad eguagliare, in lui c’era quello spirito da scugnizzo europeo e da ragazzo di strada che la sa lunga. Ricordo una nottata divertente con lui e sua moglie Claudia, quando io ero ancora a digiuno di Napoli. Da bambino ero innamorato del Napoli, mio padre mi portava allo stadio e mi colpì subito anche il simbolo del ciuccio”.

De Laurentiis ha poi parlato del rapporto con i tifosi e delle soddisfazioni recenti: “Mi riempie di gioia aver reso felici i tifosi con il campionato e la Supercoppa Italiana. Il calcio è una fede, l’ho capito anche io che non ho mai giocato a calcio. A Napoli il Natale è una festa continua, dal 24 al 6 gennaio: tavolate, giochi, tradizioni. Ho persino scritto a Tommaso Bianchini per proporre carte da gioco del Mercante in Fiera con i giocatori e le leggende del Napoli”.

Il momento più emozionante vissuto a Napoli? “Il passaggio dalla Serie B alla Serie A ti segna. Io ho fatto divertire le persone per tutta la vita con il cinema, ma certe emozioni sono uniche. Oggi però stiamo vivendo l’incubo degli infortuni: si gioca troppo, non c’è rispetto per i calciatori e per le società. I giocatori sono trattati come dipendenti, ma dovrebbero essere liberi professionisti”.

De Laurentiis ha poi allargato il discorso al sistema calcio internazionale: “Il calcio vive dei tifosi, ma questo viene dimenticato. L’NBA si è fermata sei mesi ed è rinata. Il calcio inglese non è così florido come sembra, lo stesso vale per club come Barcellona e Real Madrid. È tutto inflazionato. Viviamo in un sistema medioevale, con grandi signorotti che comandano e criteri di rieleggibilità ridicoli”.

Infine, un attacco diretto alla governance del calcio italiano ed europeo: “Bisogna sedersi e riappropriarsi del nostro ruolo. Le società non possono sottostare a una gestione quasi pubblica. Serve abolire la Legge Melandri e permetterci di fare impresa vera. Sono 21 anni che vado in Lega e si parla del nulla: solo i proprietari devono decidere. I tifosi vengono snobbati e allo stadio virtuale comandano altri, mentre allo stadio reale vendiamo noi i biglietti. Così il sistema non è sostenibile”.


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