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Collovati: "Scambio Di Lorenzo-Chiesa? Alla pari no: un attaccante vale più di un difensore"

di Alessandra Stefanelli

Un undici ideale dell'Italia ad EURO 2024 con gli juventini Andrea Cambiaso e Nicolò Fagioli titolari, ma anche qualche stoccata a Federico Chiesa ("Che ha fatto per meritare il rinnovo?") e riflessioni sulle voci relative a Giovanni Di Lorenzo e ad un presunto scambio con il Napoli. L'ex Campione del Mondo Fulvio Collovati, intervistato da Radio Fuori Campo, ha toccato vari temi ai microfoni della trasmissione Fuori Gioco, a cura di Gianluca Vitale.

"Cosa mi aspetto da questo Europeo? La Francia è la mia favorita per la vittoria. Speriamo di batterla noi, alla fine: proprio come nel 2006. Cos'ha più delle altre, la selezione di Didier Deschamps? Ha talento e può vantare due squadre, nel senso che può permettersi il lusso di lasciare in panchina gente che gioca titolare nel Real Madrid, come Aurélien Tchouaméni ed Eduardo Camavinga, punti di riferimento del Real di Carlo Ancelotti che non sono titolari in Nazionale; per non parlare di Marcus Thuram e Kolo Muani, che devono fare i conti con Olivier Giroud: hanno una scelta di trenta calciatori straordinari! Se togli Kylian Mbappé, gli altri sono uno più forte dell'altro".

Come sta l'Italia vista contro la Bosnia all'ultima amichevole pre-Europeo?

"L'Italia è una Nazionale giovane. Più che puntare sul talento, può giocare da squadra. Ha un allenatore che è molto valido, ma se è vero che nel calcio conta il talento, è altrettanto vero che serve qualcuno che sappia farti giocare da squadra nel vero senso della parola. L'Italia, piano piano, può fare questo; deve farlo, non avendo il Francesco Totti o l'Alessandro Del Piero di turno...".

...O il Collovati.

"No, lasciate stare: io ero un difensore, serve qualcuno là davanti che possa cambiare le partite. Con il gioco di gruppo, l'Italia può fare strada. Non è qualcosa che puoi riuscire a trovare con le prime amichevoli: arriva col tempo".

Cosa risponde a chi dice che in attacco siamo un po' leggerini? Retegui e Scamacca sono bravi, ma le altre big, come centravanti, hanno dei fuoriclasse.

"Mah, con Scamacca no... Con Retegui, forse, sì. Se dovessi sceglierne uno, scommetterei sicuramente sulla punta  dell'Atalanta: Retegui è un buon attaccante ma, con tutto il rispetto, Scamacca è un'altra storia, specie se sta bene".

Facciamo un gioco: disegni lei la formazione dell'Italia.

"La difesa, più o meno, è quella. Parliamo di una squadra giovane, lo ripeto, per cui rischierei i giovani, che a volte sbagliano ma hanno anche quella sana dose di incoscienza. La mia coppia di centrali sarebbe formata da Alessandro Buongiorno e Riccardo Calafiori: due giovanissimi. Portiere? Lascerei Gigio Donnarumma, perché è una garanzia. Sulle fasce, Andrea Cambiaso e Federico Dimarco, anche se il primo sa giocare pure a sinistra. A centrocampo, Nicolò Fagioli, dato che Spalletti l'ha convocato, con Davide Frattesi e Nicolò Barella, due centrocampisti che fanno gol con facilità. In avanti,  Gianluca Scamacca, supportato da Federico Chiesa e Lorenzo Pellegrini".

C'è chi ha definito Buongiorno "il Nesta del nuovo millennio". Paragoni si sprecano anche per Calafiori. Non si sta un po' esagerando?

"Ma no, i paragoni lasciamoli perdere! E' facile accostare Barella, che so, a Marco Tardelli, o qualcun altro a me... Sono confronti che valgono poco. Ogni epoca ha un suo percorso. Il calcio di ora è questo. Buongiorno è una via di mezzo tra il difensore del passato ed il centrale moderno: sa marcare, sa stare sull'uomo, è fisico e sa giocare con i piedi. Per questo, mi piace molto".

Il cambio generazionale non è avvenuto un po' tardi? Due anni fa avevamo ancora i Chiellini e i Bonucci, ed ora affrontiamo l'Europeo con tanti esordienti nelle fasi finali di una competizione.

"Il problema è che non abbiamo la cultura di puntare sui giovani: la realtà è questa. La Francia ha due squadre, e sono quasi tutti giovani. Noi stiamo puntando adesso su dei ragazzi più di prospettiva, però abbiamo pochi ricambi. Ci sono delle difficoltà profonde. La Nazionale U17 ha vinto l'Europeo, ma di quei talenti forse ne giocheranno uno o due tra un paio d'anni; in Inghilterra e in Francia, li fanno giocare subito, mentre in Italia a 17-18 anni, non so perché, li reputiamo troppo inesperti".

Per fortuna Bearzot, a inizio anni '80, scommise su di lei nonostante l'età. Fu subito titolare.

"Sì, avevo 21 anni... Prima di me c'è stato Antonio Cabrini, Paolo Rossi... Avevamo un C.T. che nei giovani ci credeva e che ha creato un gruppo vincente, gli va dato atto di quello. E' stato un vincente sotto tutti gli aspetti, anche la valorizzazione del talenti".

Quell'Europeo non andò benissimo: l'Italia perse la Finale per il terzo e il quarto posto con la Cecoslovacchia e lei sbagliò un rigore... Molto meglio a Spagna '82. Qual è il suo ricordo più bello e quale il suo rimpianto?

"I ricordi più belli sono sicuramente legati alla spedizione in Spagna: è stato qualcosa di indimenticabile. C'è poco da dire: non esiste un ricordo particolare, perché abbiamo vissuto delle emozioni che sono difficili da descrivere. Non so, la vittoria col Brasile, quella con l'Argentina, Pertini che venne nello spogliatoio, l'alzata di coppa, il viaggio con lui, il giorno dopo al Quirinale, quello dopo a Roma al Circo Massimo... Tutta una serie di emozioni, una dietro l'altra, che sono legate all'esterno dello spogliatoio. La cosa più bella di tutte, però, è ciò che vivi dal di dentro: la gioia, gli abbracci, la riconoscenza nei confronti di Bearzot... Ci sono le soddisfazioni, ma anche i rimpianti: io ho fatto due Mondiali, anche quello del 1986, dove ho giocato solo una partita su quattro. Insomma, l'aver lasciato la Nazionale in un certo modo... Una volta era così: c'erano talmente tanti giocatori forti, che lasciavi la Nazionale a 29 anni. Adesso, siccome ci sono pochi talenti, la lasci a 34-35. E' cambiato tutto".

Tra i suoi amici e compagni di allora, anche Lele Oriali. Felice di saperlo dirigente del Napoli?

"Assolutamente sì. Sono convinto che con Antonio Conte farà molto bene, perché lo conosco, abbiamo giocato insieme quattro anni all'Inter e so quali siano le sue qualità umane, la capacità di tenere il gruppo: Conte l'ha voluto per questo, perché nello spogliatoio è una figura importante e carismatica. Sono molto contento che sia andato lì".

Quanto crede nel Napoli di Conte e Oriali per la lotta Scudetto? L'Inter resterà inarrivabile?

"Dipende tutto da che squadra gli faranno, il problema è sempre quello. Io credo in Oriali come gestore e in Conte come allenatore, ma il nocciolo della questione è chi gli mettono a disposizione. Siamo sempre lì: è un problema di squadra".

Crede in Conte. Forse un po' meno in De Laurentiis?

"Credo in Conte, mentre su De Laurentiis diciamo che, nel giro di un anno, è riuscito a far disperdere un po' tutto quel patrimonio che si era creato con Spalletti... E' durato troppo poco. Speriamo che ora agisca diversamente".

Lei è particolarmente legato alla piazza di Napoli...

"Io vado a Napoli due o tre volte al mese, conosco molto bene la piazza. Ho sposato una napoletana, nelle mie figlie scorre sangue partenopeo".

Troverà il tempo di andare a trovare Oriali e fargli una gradita sorpresa?

"Sì, penso proprio di sì! A Napoli vado sempre con affetto, oltre che per lavoro, ed è sempre bello rivedere gli amici".

Un anno fa, disse: "Vorrei essere come i napoletani: li amo e invidio allo stesso tempo".

"E' la verità, perché li ammiro. La differenza tra un friulano di nascita come me e un napoletano sta nel modo di vivere e affrontare le cose. Il friulano si abbatte, poi magari reagisce, ma è molto duro nelle reazioni... Il napoletano, nel giro di due minuti, si abbatte e si riprende allo stesso tempo. Basta vederlo nel calcio: vinciamo lo Scudetto, poi pensiamo 'ah no, lottiamo per la retrocessione', poi ci esaltiamo di nuovo... Questa difformità nel giro di poco è una capacità di reazione che probabilmente l'uomo del nord non ha: la sua è più 'lunga'... Invidio i napoletani per questo motivo, per questa solarità nel loro carattere che al nord non abbiamo".

Nella famosa spedizione dell''82, c'erano tre friulani: lei, Dino Zoff e il CT Bearzot. La vostra regione ha dato i natali a tanti sportivi importanti, ma ha iniziato a fornire sempre meno calciatori alla Nazionale. Come se lo spiega?

"Non ci sono più perché la famiglia Pozzo ha scelto un'altra linea, ormai: quella dello scouting. Il presidente dell'Udinese è da trent'anni che sforna tutti giocatori stranieri: non c'è un friulano che sia uno, se ci fa caso. Son tutti stranieri, non c'è un italiano o un ragazzo delle nostre parti: la verità è questa".

Ciò che manca tanto a questo calcio sono anche le bandiere di un tempo. Persino Di Lorenzo, capitano del Napoli dello Scudetto, alla prima 'stagione no' chiede d'andar via, nonostante un rinnovo firmato nel 2023.

"Le bandiere c'erano nel passato, adesso i calciatori sono figli di questa generazione, di questo periodo: hanno il manager, il procuratore... Una volta - ti gestivi e andavi a discutere con la società; eri di proprietà della società, mentre adesso ti senti proprietario di te stesso e, come tale, vuoi decidere tu il tuo futuro. Se c'è qualcosa che non va bene, nel giro di un anno cambi idea. Quando i giocatori erano realmente di proprietà del club, anche se le cose non andavano bene, era sempre il presidente a stabilire il tuo destino. Dubito fortemente che ci saranno i Maldini, i Baresi, i Bergomi ed altri uomini che resteranno vent'anni nella stessa squadra...".

Nella sua Italia ideale, ha lasciato fuori Di Lorenzo per Cambiaso. Se fosse la Juve, lo scambio Di Lorenzo-Chiesa, allora, non lo farebbe?

"Alla pari no. Un attaccante, e lo dico da ex difensore, vale più di un difensore. Purtroppo è così, anche se le vittorie partono sempre dalla difesa, dalla garanzia del reparto arretrato: quando sei bello tutelato dietro, davanti chiunque può far gol... Gli attaccanti valgono di più, è inutile negarlo. Chiesa vale di più. Lo farei, ma non alla pari. Con conguaglio, certo che lo farei".

Chiesa vale di più, ma guadagna cifre importanti e chiede un aumento per rinnovare. Glielo darebbe?

"Nei quattro anni che ha fatto alla Juve, cosa ha reso per chiedere uno stipendio superiore?! Mi metto nei panni di un dirigente della Juventus: in questi quattro anni, cosa ha fatto? E' stato più infortunato che altro... Chiaramente non è una colpa sua, ci mancherebbe altro, ma i suoi numeri nelle partite in cui ha giocato non parlano per un aumento di ingaggio".

E in questo calcio moderno, che insegue più soldi che sogni, dove si vedrebbe per provare a cambiare le cose dall'interno? Abbiamo bisogno di più Collovati ed Oriali, grandi esempi che ricordino ai ragazzi i veri valori dello sport.

"Sono troppo anziano, ormai... Basta. Io ho scelto di fare altro: faccio produzioni televisive, mi dedico ad altro. Mai dire mai, ma questo calcio è un po' distante. Preferisco commentarlo".

Ricordiamo dove possiamo seguirla. Sui social è molto attivo con interviste e programmi di approfondimento.

"Fulvio Collovati Official: sul mio canale Youtube, trovate tutte le trasmissioni che produco e diversi video".

Speriamo di sentirla presto parlare di quanto bene stia facendo l'Italia di Spalletti ad Euro 2024.

"Auguriamocelo. Magari una Finale Italia-Francia e una nostra vittoria, come nel 2006: la presero male allora, figuriamoci adesso (ride, ndr)".


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